Titolo originale: Shin taketori
monogatari: sennen joō
Regia: Nobutaka Nishizawa
Soggetto: Leiji Matsumoto
Sceneggiatura: Toyohiro Andou, Hiroyasu Yamaura
Character Design: Yoshinori Kanemori
Musiche: Ryuudou Uzaki
Studio: Toei Animation
Formato: serie televisiva di 42 episodi
Anno di trasmissione:1981
Regia: Nobutaka Nishizawa
Soggetto: Leiji Matsumoto
Sceneggiatura: Toyohiro Andou, Hiroyasu Yamaura
Character Design: Yoshinori Kanemori
Musiche: Ryuudou Uzaki
Studio: Toei Animation
Formato: serie televisiva di 42 episodi
Anno di trasmissione:1981
Nel
millenovecentottantuno,
quando la Fuji TV trasmetteva per la prima volta in televisione
l'adattamento animato dell'omonimo manga di Leiji Matsumoto uscito un
anno prima, Shin taketori
monogatari: sennen joō, in
italiano La nuova
storia di un tagliabambù: la regina dai mille anni, il
terrore atomico e le atmosfere tipiche della guerra fredda avevano
già raggiunto il paese del Sol Levante. Ad un anno di distanza, i cinema
proponevano il truce, misticheggiante capolavoro cinematografico di
Yoshiyuki Tomino, The
Ideon: Be Envoked, e
il versante fantascientifico dell'animazione giapponese, grazie alla
deflagrazione indotta dai film Space Cruiser Yamato
e Star Wars,
era al suo apice. Il pubblico adulto iniziava a interessarsi ad un
media rivolto prevalentemente al pubblico infantile, e pertanto in alcuni anime gli
episodi autoconclusivi iniziavano a lasciare spazio
a complesse trame caratterizzate da una serrata continuity. Shin
taketori monogatari: sennen joō - come
è lecito aspettarsi dal suo contesto - era una storia apocalittica,
in cui l'umanità aveva i minuti contati a causa dell'imminente
collisione tra la Terra e l'immaginario pianeta Lamethal (e qui si
notava nuovamente, dopo Space Cruiser Yamato,
il debito della narrativa Matsumotiana nei confronti della
fantascienza statunitense, in particolare di Edmond Hamilton, che non
disdegnava collisioni catastrofiche tra corpi celesti in grado di
annichilire la razza umana). Per essere più precisi, proprio come
Space Cruiser Yamato, che
alla fine di ogni episodio aggiornava lo spettatore sui giorni, le
ore e i minuti che mancavano alla fine dell'umanità, Shin
taketori monogatari: sennen joō faceva
suo il mantra, ripetuto ossessivamente nel corso della serie, che la
razza umana si sarebbe estinta il giorno nove settembre del
millenovecentonovantanove, alle nove e nove minuti e nove secondi.
L'atmosfera con ciò era tesissima, e lasciava trasbordare soltanto
in parte i toni fiabeschi e poetici Matsumotiani, preferendo i
connotati di uno straripante thriller fantascientifico d'autore
(buone per l'epoca le animazioni e la regia) caratterizzato da immancabili
cliffhanger di fine episodio.
Sebbene
il titolo dell'opera rimandi palesemente al celebre Taketori
Monogatari
(in italiano Il
racconto di un tagliabambù),
meglio conosciuto come Kaguya-hime
no monogatari
(in italiano La
storia dellla principessa splendente), tra l'altro recentemente trasposto in animazione dal veterano
Ghibli Isao Takahata, Shin
taketori monogatari: sennen joō, a
parte l'idea di base della principessa di un'altro mondo che viene
cresciuta da genitori adottivi terrestri,
ha
ben poco da condividere con l'antico racconto popolare giapponese,
che funge più che altro da archetipo sfuggente in un'impalcatura
narrativa e contenutistica del tutto figlia del suo tempo. Yukino
Yayoi (Kira Tesawa nella versione italiana), Regina dei mille anni, è
fin troppo impegnata a fare la guerra ai cosiddetti Pirati dei mille
anni (un'organizzazione segreta reminiscente dei gangster movie anni
trenta) per poter avere a che fare con atavici principi feudali.
Fino a metà serie, le due fazioni opposte vanno avanti a sabotaggi e
colpi di spionaggio e antispionaggio, contendendosi i progetti di un
motore atomico che invero è posseduto da Hajime Amamori (Tori nella
versione italiana) a sua insaputa (Hajime di fatto è il tipico eroe
giovanile Matsumotiano di buon cuore con gli occhi piccolissimi
appiccicati sulla fronte à la Tetsuro Hoshino di Galaxy Express 999,
ovviamente innamorato della protagonista bionda e naturalmente
predisposto ad accendere in lei concetti quali “amore universale”,
“legittimità di ogni forma di vita”, “diritti uguali per tutti
indipendentemente dal pianeta di provenienza, dalla classe sociale e
dalla costituzione” ecc.).
Sostanzialmente,
al di là della patina fantascientifica e sentimentale, Shin
taketori monogatari: sennen joō è
un anime politico. La politica dei terrestri, proprio come accadeva
nella monumentale serie classica di Harlock,
viene ridicolizzata e sbeffeggiata dall'autore, che dipinge ritratti
di omini presuntuosi e accecati dal potere i quali, di fronte
all'imminente catastrofe globale, litigano tra loro per la supremazia
dei loro Stati, per assicurarsi fondi pubblici e per aumentare il
loro prestigio. Per Matsumoto il governo democratico è debole di
natura e soltanto l'individuo forte e giusto può mettere ordine nei
vari pollai governativi. Infatti, nella seconda parte della serie le
democrazie vengono messe a tacere, e il vero potere rimane nelle mani
di tre persone soltanto: la Regina dei mille anni, il capo dei Pirati
dei mille anni, che controlla il governo mondiale per mezzo del suo
presidente (che ovviamente, ad un certo punto della serie, toglie il
potere ai suoi colleghi inconcludenti e rissosi) e la Sacra Regina
Madre di Lamethal. Il primo, quello incarnato da Yukino Yayoi, è il
buon governo dispotico: si parla del sovrano assoluto ideale, che ama
il prossimo suo senza alcuna discriminazione e che prende le
decisioni migliori per tutti, anche rimettendoci personalmente. Il
secondo tipo di potere, quello del capo dei pirati, è sempre un buon
tipo di governo, ma svuotato dell'idealità del precedente: per il
bene dell'umanità è anche lecito lasciarne morire una parte,
usare metodi brutali e scorretti quando necessario, agevolare i più capaci e penalizzare i meno capaci, pur rimanendo in tutto ciò ragionevoli e
consistenti con la propria linea di pensiero. Il terzo tipo di governo,
quello di Lamethal, fa invece il verso al nazismo, con tanto di
terrestri inferiori confinati nei ghetti. La Sacra Regina Madre di
Lamethal è sadica e spietata addirittura con le sue figlie, che
manda ad ammazzarsi tra loro senza battere ciglio (per poi pentirsi
inverosimilmente nel finale, cosa abbastanza forzata e dissonante
rispetto a quanto avvenuto in precedenza).
Il
discorso del fallimento della politica e dell'emergere di nuovi
poteri più giusti, anche in questo caso, come in molti altri anime
dell'epoca (e non solo, si pensi al bel Shinsekai Yori),
non era di certo inserito a caso: la protagonista di Shin
taketori monogatari: sennen joō, proprio
come il protagonista di quel Kidō
senshi
Gandamu uscito
due anni prima, ad un certo punto della serie matura dei poteri esp
sovrannaturali, che le permettono (fino ad un certo punto) di piegare le leggi della natura e
dell'uomo corrotto al bene, lasciando indietro il
vecchio e sfoggiando un livello superiore di
consapevolezza. Shin
taketori monogatari: sennen joō non
ha ancora bisogno di quelle litanie nichiliste e masturbatorie che,
qualche anno dopo (e fino ai giorni nostri) accompagneranno il
fallimento dei suoi buoni propositi. Per Matsumoto il dolore della
guerra è ancora troppo vivo, scottante, pertanto è meglio che
Yukino Yayoi, anzi di risultare inconcludente come molte delle
protagoniste degli anime che verranno, dia il buon esempio a tutti,
immolandosi sull'altare dell'idealità.
Chi
si aspetta del realismo da Matsumoto - sebbene questa sia in effetti
la sua opera più realistica - può di certo rimanere deluso da Shin
taketori monogatari: sennen joō. Si
pensi all'odioso antagonista Daisuke Yamori (Sakura nella versione
italiana), dapprima luogotenente della Regina dei mille anni e poi
suo acerrimo nemico , un figuro spietato (ma comunque fedele alla sua causa) libero di agire come
meglio gli aggrada in ogni circostanza, anche nella base segreta
della regina e anche se accusato di alto tradimento. Per non parlare
poi dei numerosi stratagemmi di sceneggiatura nei quali il
prigioniero di turno si fa beffe delle guardie fingendo di essere
malato, si fa aprire, bastona tutti con un qualcosa trovato nella
cella e si impossessa del mitra. O di tutte le situazioni
irrisolvibili che vengono archiviate in due secondi grazie al deus-ex
machina dei poteri paranormali di Kira. Ma è risaputo: Matsumoto è
sostanzialmente un poeta, sebbene in questo caso preferisca ricreare (a suo modo) delle atmosfere thriller. E Shin
taketori monogatari: sennen joō, nonostante
la frenesia apocalittica che la contraddistingue, è capace di alcuni
picchi poetici di rara bellezza, complici anche il design curato e le
musiche suggestive (splendide la opening, Cosmos Dream,
e la ending, Mahoroba densetsu, due brani molto
evocativi che disintegrano la canzonetta di Cristina D'Avena prevista
per l'edizione italiana).
Assolutamente
fastidiosi e irritanti i due compagni di classe di Hajime, due
bulletti adibiti - assieme ai genitori adottivi di Yukino, sebbene
questi ultimi siano necessari alla narrazione - a fornire alla serie
qualche momento leggero e divertente. Ma questo vale soltanto in
teoria, siccome il risultato ottenuto è quantomeno imbarazzante.
Imbarazzante è altresì il minestrone inguardabile firmato Carl
Macek,
Captain
Harlock and the Queen of a Thousand Years, solita
americanata taglia e cuci à la Robotech
priva del rispetto per le opere originali, in questo caso la serie
classica di Harlock e l'opera qui recensita, che vengono fuse assieme in
un minestrone senza senso dotato di un'unica trama riscritta ex novo da
mano yankee. Ignorando questo scivolone e tornando al vero anime
firmato Leiji Matsumoto, si può ammettere che nel complesso si parli
di un'opera dotata di una gran dose di carisma, da riscoprire e
ammirare nel suo ingenuo splendore, un fascino atavico d'altri tempi
che ancora oggi colpisce per la sua compostezza, profondità e sobrietà. Un'opera in cui, guardando più a fondo, il vero protagonista è l'universo stesso con i suoi infiniti misteri, del quale l'uomo è soltanto un tragico, insignificante abitante, destinato a sopravvivere affrontandone la vastita e l'ignoto, sebbene, in ultima sintesi, la sua impotenza lo conduca inevitabilmente alla morte. A questo punto allora, meglio una morte carica di significato che una morte inutile.
Buongiorno ragazzi, sono l'amministratore del sito Culto Underground (cultounderground.com), scusate se scrivo qua in un commento, ma non sapevo esattamente come contattarvi. Mi potreste lasciare un'email dove potervi scrivere? Volevo proporvi una collaborazione. Grazie per l'attenzione, saluti.
RispondiEliminaContattami pure all'indirizzo kingcrimson90@gmail.com
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