venerdì 11 marzo 2022

Solamente Tu: Recensione

                              Titolo originale: Kimishika iranai
 Autore: Yoshizumi Wataru
Tipologia: Shoujo Manga   
Edizione italiana: Planet Manga
Volumi: 4
Anno di (prima) pubblicazione: 1995


Della Yoshizumi, se devo essere sincero, ho sempre apprezzato il tratto, molto elegante nonché figlio di un'epoca in me sedimentata per ovvie ragioni anagrafiche. Marmalade Boy, essendo un maschio, lo trovavo un po' banalotto, sebbene sia un caposaldo dello shoujo anni novanta. Sul qui presente Kimishika Iranai, nonostante la brevità - che ne rappresenta l'unico difetto -, ho invece un'opinione nettamente diversa. E' un manga che narra della maggiore ferita possibile in una giovane donna: il tradimento da parte del suo Principe Azzurro.  Akane, la protagonista, è la tipica loli-malatina giapponese, che viene salvata dal chirurgo Kyo-chan, che nonostante la differenza di età, se ne innamora e la sposa ancora sedicenne (all'epoca in Giappone la cosa era legale). Una sera come tante, dopo aver bevuto troppo, Kyo-chan tradisce la moglie con un'infermiera. Akane pertanto, puntandosi un coltello da cucina sul petto davanti al marito e al padre, chiede il divorzio. Il suo sogno infantile è stato distrutto dalla realtà del mondo degli adulti. Il manga è il percorso interiore che la ragazza compie per liberarsi dal fantasma dell'ex marito, aiutata dal tipico ragazzotto a caso di buon cuore, ovviamente innamorato di lei. 

L'autrice, durante l'esposizione della sua storia, non accusa mai direttamente Kyo-chan, ma gli fa addirittura dire che quelle cose lì sono cose da adulti, e niente di più. Per il medico, infatti, abituato a certi ritmi lavorativi, certe frustrazioni, certe difficoltà, avere relazioni extra-coniugali è una mera valvola di sfogo. Lecita o non lecita, è una realtà. Una realtà che ovviamente, e giustamente, la protagonista ormai ferita e indurita non può accettare, perché ogni cosa ha il suo tempo. Fare da moglie al medico belloccio, dovendo sopportare corna e quant'altro emplicemente , non è cosa da bambine di sedici anni, e lei lo dice esplicitamente: "non avrei potuto sopportare una vita del genere". Akane pertanto dovrà sforzarsi di tornare ad amare, tornare ad amare una persona della sua età costruendo il tutto passo per passo. Poi, ovviamente, essendo l'autrice femmina, è lasciato intendere che il suddetto ragazzotto di buon cuore sia il reale predestinato, che i due si sposeranno, saranno felici ecc., che è la tipica narrazione interiore femminile, quasi un archetipo. 

Akane è stata egregiamente caratterizzata: il suo comportamento da indurita è plausibile, così come le sue difficoltà ad allontanare definitivamente il suo "salvatore", quello che riteneva il grande amore di una vita. Il resto dei personaggi sono funzionali a narrare Akane, e nulla più, anche per ragioni di brevità del racconto. Vi sono altresì intrecci amorosi secondari, anch'essi approssimativi, ma non li ritengo debilitanti in quanto l'autrice è di mestiere, e non ambisce a sperimentalismi o introspezioni psicologiche di sorta. Importanti i passaggi in cui Atsumu, il bamboccione predestinato, ferisce Akane, ovviamente non perché sia cattivo, ma perché è spinto dal testosterone e dall'ingenuità tipica della sua età. Tuttavia, la protagonista, dato che è una ragazza di buona famiglia, non eccessivamente rotta nell'animo, riuscirà a passare sopra a tali errori, liberandosi poi dagli spettri del passato. Il tutto a parer mio perché siamo comunque negli anni novanta, il Giappone degli anni novanta, in un contesto socialmente elevato (il padre di lei è talmente potente da poter "spedire al confino" l'ex marito a piacimento; l'ex marito dal canto suo è un medico brillante e nonostante la giovane età è già primario). Sicuramente, negli anni duemila e in contesti meno ovattati, la risoluzione di Akane avrebbe senz'altro tardato ad arrivare. Kimishika iranai, come lo era anche KareKano, era ancora una storia di quei tempi lì, di quel Giappone lì. Chi era rotto in qualche modo poteva salvarsi, e uscirne più forte di prima, perché c'era comunque un tessuto sociale ben sedimentato su cui fare affidamento (genitori boomer o pseudo-boomer, ricchezza, stabilità emotiva, fratelli e sorelle su cui poter contare, futuro lavorativo). Al giorno d'oggi, tra solipsismi hikikomori, difficoltà relazionali, famiglie disfunzionali con figli unici e quant'altro, questo tipo di storie forse potrebbero sembrare eccessivamente ottimiste. Detto questo, chapeau a Yoshizumi Wataru e alla sua onestà intellettuale.  Kimishika iranai è stato davvero una piacevole lettura. 

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