venerdì 16 giugno 2023

Questo mondo non mi renderà cattivo: la poetica del senso di colpa




La seconda serie di Calcare è decisamente migliore della prima: costituisce un passo in avanti sia a livello di narrazione che di contenuto. Il generale qualunquismo degli italiani l'ha tuttavia inquadrata come una serie prettamente politica - "Oh, minchia, le zecche vs i fasci cattivi se li poteva risparmiare"; "roba troppo politica per me, spiace"; "troppo pesanteh", "troppo impegnata" ecc. In realtà Calcare non è mai stato un autore superficiale, fin da quando pensava in francese in mezzo alle cumpe coatte della sua periferia romana. Anzi, proprio da questa sua diversità nasce la poetica Calcariana, il dialogo con l'Armadillo/coscienza: l'ammissione e conseguente esplorazione di un profondo senso di colpa nei confronti di chi, contrariamente a lui, non ce l'ha fatta, o quantomeno non aveva la sua fortuna (i.e. l'istruzione, l'intelligenza, le origini medio-borghesi). "Questo mondo non mi renderà cattivo", come tutte le altre opere dell'autore, è infatti un distillato di senso di colpa e inadeguatezza, una cosa della serie "so di essere sempre stato un privilegiato, ora sono diventato addirittura un socialista da poltrona, ma voi, compagni miei delle strade e dei centri sociali, continuate a soffrire. E ciò secondo me è ingiusto". 


Nella bontà e gentilezza di questo autore non vi è spazio per una riflessione di più di ampia portata, tipo che ne so, che l'uomo sia insignificante nell'economia dell'universo, che la vita sia in fin dei conti un gioco di dadi in cui conta prevalentemente la fortuna, e che da qui abbia realmente origine la sofferenza della diversità (anche se nella serie precedente si accennava al fatto che fossimo tutti "fili d'erba", una breve, rassegnata intuizione di tutto ciò). Detto questo, quando il vero protagonista della serie, il "fascio buono", capisce che al di là di "fasci" e "zecche", dei disagiati dei centri sociali di destra e sinistra, esiste qualcuno di molto altolocato intento a inculare tutti indistintamente, viene riempito di botte dai suoi stessi compagni. Questa probabilmente è la scena che mi è rimasta più impressa: tale congegnazione non vuol dire soltanto che il fascismo, nonostante le sue illusions of grandeur, si è sempre dovuto piegare a ciò che era più grande di lui, ma altresì che il potere ormai si è fatto talmente astratto e inumano da essere del tutto dislocato dalle realtà popolari. Calcare ha indirettamente parlato del solipsismo del potere, volendo tagliare corto. Il solipsismo poi di riflesso colpisce anche il basso: sia quelli di destra che di sinistra si dimenticano che i profughi sono esseri umani (e infatti Calcare si auto rimprovera per mezzo dell'Armadillo), ognuno pensa all'affar suo e pace, a parte ovviamente quei pochi dinosauri, quelle persone legate a una qualche forma di ideale comunitario del passato, che si sbattono tanto per gli altri, che almeno ci provano a captare l'altrui sofferenza.   


Per il resto la serie è altresì meno ruffiana della prima, diverte, i personaggi principali lasciano il segno e la critica sociale colpisce dritto al punto - e ciò per certi versi sorprende dato il canale di trasmissione, l'americanissima Netflix. Rimane comunque un prodotto creato da un millennial per altri millennial, pieno di riferimenti alla cultura della mia generazione: le cumpe delle strade, i centri sociali, le minchiate nerd elette a feticcio personale, le sale giochi, i problemi dell'eroina (Calcare fa un ragionamento molto simile al mio sulla caduta in disuso dell'eroina a favore della cocaina: dopotutto siamo entrambi millennial, entrambi mezzi borghesi e mezzi ragazzi di strada. Non per nulla, come discutevo con un'amica, nel mio romanzo inedito ci sono molte cose involontariamente "alla Calcare"). Il grande mistero è come questa roba sia riuscita a piacere anche al pubblico mainstream. Molto probabilmente per via dell'umiltà del suo creatore, che è come se dicesse "sono come voi" anche se invero non lo è. E di nuovo torniamo indietro all'attrito originario del Calcare persona pensante (e sottolineo pensante) che ha generato tutta la poetica del senso di colpa di cui sopra. E questo è tutto direi. 

2 commenti:

  1. "...Eccoti qui
    Contento che ti abbiamo aspettato
    Racconta un po', che cos'è
    Che ti facevan fare in comunità
    Siam fieri di te (seeeeeee)
    Si che lo so
    Che c'è ogni tanto la tentazione
    Ti passerà, si però
    Il vuoto credo che non si riempia mai
    Per tutti è così (seeeeeee)
    Si perché è un po' il vuoto di tutti noi
    Ci sbattiamo tanto per chiuderlo
    Ci proviamo e non ci riusciamo mai
    Allora tanto vale conviverci..."
    - Cumuli, 883
    Ciao Francesco! :)

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