martedì 13 febbraio 2024

Sanremo, l'italietta e la sua società di bambini


Premetto che non ho mai visto un Sanremo in vita mia, se non qualche spezzone quando ancora vivevo con mia nonna. Ciò premesso, questo Sanremo del 2024 mi è tuttavia arrivato alle orecchie in modo del tutto indiretto per via di un gruppo Telegram che frequento e di un'amica che lo ha seguito e commentato in un gruppo Facebook. Di mio non riuscirei mai ad ascoltare piangine cantate in autotune: io ho bisogno di musica vera ed energica, non di simulacri musicali. Detto questo, ho un'idea ben chiara di come siano andate le cose: e soprattutto che Sanremo sia di fatto lo specchietto, la pantomima del modo di essere di un'intero popolo. Vince la figlia di quello importante con una manipolazione del televoto, cosa ovvia: in Italia ciò che veramente conta è essere figli di qualcuno. Perché sì, nel regno feudale italico vige il fatto che il ricco vale sempre più del povero e non conta come tale ricchezza viene accumulata: il ricco è ricco, il potente è potente, fine. Il vero patriarcato è quello dei figli dei politici che abusano di ragazze con problemi mentali e la cosa viene insabbiata dai giornali; quello della piccola borghesia industriale di provincia, soprattutto del nord, che vota a sinistra, si dice pro-Ucraina e pro-Israele, partecipa alle manifestazioni arcobaleno e allo stesso tempo teleguida la vita dei propri figli educandoli a essere predatori privi di apatia, piccoli fascisti in miniatura tutti dediti all'accumulo di oggetti materiali e al consumo di persone. Tornando a Sanremo, messa da parte la vincitrice, abbiamo poi quella di quarant'anni, la millennial con la frangetta e tante, troppe qualificazioni (addirittura una laurea in fisica mi hanno detto) la quale, per scalare la classifica, deve fare un botto di palestra, usare tonnellate di creme per la pelle e di trucco, mettersi le calze autoreggenti sexy, cantare una canzonetta orecchiabile e così via; tutto questo per poi perdere miseramente di fronte all'inarrivabile, giovanissima "figlia di qualcuno" (un qualcuno tra l'altro defunto, così ci scappa pure la lacrimuccia). Al di là di un possibile discorso generazionale della serie "i millennials, pur essendo iperqualificati ce l'hanno sempre nel culo, anche quando cercano di adattarsi a una contemporaneità che non gli appartiene veramente, sicché sono venuti su con i valori del mondo pre-crisi", questa è di fatto l'esaltazione della spiccata crudeltà della vita: la donna giovane trionfa su quella vecchia; il "figlio di qualcuno" trionfa sul figlio di nessuno; soltanto la fortuna e l'essere nel posto giusto al momento giusto è ciò che conta veramente in una vita dominata dal caos. E qui si arriva alla napoletaneità e ai napoletani. Ora vi spiego perché.  


 
Statt' accuort!


Il napoletano non poteva mai vincere Sanremo. Questo perché, volgarità e tifo da stadio a parte, la napoletaneità è l'ultima forma di coscienza sociale rimasta al nostro popolo, ossia un popolo di bambini che giocano a fare il ballo del qua qua sotto gli occhi vigili dei loro padroni - che tra l'altro hanno pure richiamato colui che aveva osato dire "stop al genocidio", giusto per rimarcare che va bene sì giocare, ma poi è chi sta in alto che decide quale gioco è consentito fare e quale no. Forse negli anni ottanta Maradona poteva ancora lottare e vincere contro la tirannia degli industriali del nord ridicolizzando le loro squadre e andandosene poi a Cuba da Fidel Castro. Ma esisteva ancora l'URSS, che faceva cagare addosso un po' tutti in occidente: quindi c'erano delle limitazioni all'alta finanza, esisteva una sinistra realmente sociale e così via. Insomma, quello era un mondo ben diverso da quello caotico di oggi. Ciò premesso, nell'atavismo "napuli" vi è tuttora una considerazione fondamentale sulla natura umana, ossia che le persone son persone, che la vita è regolata dal caso e quindi è ingiusta, e che con ciò, le persone soffrono. Ma la consapevolezza della sofferenza, soprattutto quella degli altri, è ciò che rende veramente un bambino un uomo. E a chi sta in alto servono bambini da bacchettare e a cui fare all'occorrenza il lavaggio del cervello, non adulti. Perché sì, i napoletani, il loro modo di essere, la loro cultura, è tutta carica di empatia e ha alla sua origine la comprensione del dolore del vivere. Quindi no, un napoletano oggi come oggi non potrà mai vincere qualcosa, perché postmodernismo, come ho più volte sottolineato, è post-umanesimo. E la napoletaneità - i partenopei, i "portatori di saggezza" - è a mio avviso l'unica vera forma di rudimentale umanesimo rimasta al nostro paese. 


In un paese in cui soltanto i primi vengono ascoltati e acclamati, gli ultimi almeno ci provano a lasciare un messaggio sensato. 


Ci sono poi i "Lasad", altri millennial come la frangettata con gli stockings. Loro si dicono "punk", anche se mi sono sembrati un po' costruiti. Mentre cantavano la loro canzone c'era una ragazza con il caschetto blu, i tatuaggi e tutto l'armamentario dark ("la protagonista di uno dei tuoi romanzi", mi ha detto qualcuno) che faceva il gesto di tagliarsi, dopodiché si riconciliava col padre. Ho indagato e ho scoperto che questi "Lasad", anche se molto grossolanamente, cantavano del disturbo borderline, di una società anaffettiva tormentata dalle dipendenze e dalla mancanza di amore. I "Lasad" sono arrivati pressoché ultimi: questo a riprova che i bambini-vecchio italioti non sono proprio in grado di comprendere il dolore altrui, soprattutto quando esso viene fuori dalle ferite interiori, da quelle che non si possono vedere e soltanto raramente coagulano. I "Lasad" mi sono sembrati molto costruiti, sì, neanche lontanamente paragonabili a gruppi punk veri e propri come gli Exploited o i Disciplinatha, ma almeno ci hanno provato a parlare di cose serie e problemi reali. Pressoché ultimi in classifica, ovvio. In fondo, nel mio Antropofagia, il protagonista in origine lo volevo proprio chiamare "Ultimo", scelta che ho dovuto correggere per evitare rotture di palle per via dell'omonimo cantante per ragazzine. 


Sembra che comunque i "Lasad" non siano stati gli unici a parlare di disagio sociale: la metafora di questo grande circo-allegoria a parer mio è quella di un paese martoriato e di una classe dirigente vetusta e antropofaga, del tutto refrattaria a cambiare i suoi schemi mentali. Ben venga quindi il trionfo dell'irrazionalità, della crudeltà della natura, del rituale sbeffeggiamento dello straniero-padrone atto a esorcizzare la propria impotenza di servitori nati (i Placebo che nel 2001 spaccavano tutto perché si erano sentiti presi per i fondelli; il "quantosseibbona" a Megan Gale; in ultima istanza la perculazio quaquaresca a John Travolta). Perché in Italia è tutto così, ma proprio tutto, e a qualsiasi livello. "Mio figlio ha studiato a Londrah, ha avviato un'attivitah redditiziah": quante volte ho sentito questa frase uscire dalla bocca di qualche borghesotto di provincia arricchito. Oppure: "Questa ragazza è proprio una troia, meglio ficcarla in una comunità di recupero, va". Minchia quanta empatia questi italiani. "Un mio amico Sabato grazie a Tinder se ne è scopate tre di fila, una dopo l'altra: che storia, eh?" vomita ad alta voce il figlio di uno di questi borghesi al suo amico durante una partita di figurine fantasy. In un incontro a tema borderline, una vecchietta tutta pimpante e ben vestita, sorriso stampato in faccia stile spot pubblicitario, dice ai quattro gatti semidormienti che stanno lì a fare da pubblico: "Una ragazza aiutata dalla nostra associazione mi ha detto che si taglia perché il dolore che si procura a quel modo è un sollievo rispetto a ciò che prova nella sua anima". E infine, tornando a Sanremo, "La nostra solidarietà va a Israele" e quindi un israeliano ucciso ha più valore di un arabo ucciso, e si possono uccidere e mutilare migliaia e migliaia di bambini arabi innocenti senza che si possa dire "be'" a tale riguardo, pena "istigazione alla violenza". "Spero che i Russi ci invadano, è l'unica soluzione" ho sentito dire da qualcuno. No, non è l'unica soluzione. I problemi dell'italietta resteranno sempre, perché il sangue, la genetica, sono cose che non cambieranno mai. 



Je sto vicino a te
Cu ciento strilla attuorno
Je sto vicino a te fin'a che nun duorme
Je sto vicino a te
Pecchè 'o munno è spuorco
E nun cercà 'e sape' meglio che duorme
Ma che parlamme a fà sempe de stesse cose
Pe' ce ntussecà
E nun ce 'ncuntrà ogne vota
C'arraggia 'ncuorpo e chi
Jesce pazzo tutt'e juorne pe' capì
Je sto vicino a te pe' nun piglià cadute
Je sto sempe cu te 'ncoppa 'a sagliuta
Je sto vicino a te e ciento strilla attuorno
Nun me fanno sentì si staje scetata o duorme...

11 commenti:

  1. Letto il post con piacere. Ho trovato interessante soprattutto il tuo discorso su Napoli. Non sei il primo che ho letto a definire la realtà napoletana in questo modo.
    Sanremo comunque dagli anni 60 è sempre stato il luogo dell'estetica a discapito della sostanza.
    Non c'è da stupirsi se i messaggi politici non allineati a quelli statali vengano soppressi. Lo stesso discorso di estende ovviamente a qualunque cosa voglia lanciare un messaggio. La piccolo borghesia italiana, specie di provincia aggiungo, è perfettamente rappresentata in tutto ciò, ovvero che la forma non solo prevale, ma copre la sostanza

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    1. Napoli in parte conserva ancora il suo calore. Seguire indirettamente questo Sanremo mi ha comunque fatto una gran pena.

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  2. Analisi interessante del Festival di Sanremo e diversa dalle altre.

    Solo un appunto sulla napoletaneità di Geolier. In realta' lui deve la sua fama a ben altro filone musicale:
    https://www.youtube.com/watch?v=JDgloTPUcYY
    Ho vissuto per trent'anni nella periferia siciliana e mi viene da pensare che ormai quella spontaneita' tipica del sud e' scomparsa. Ormai va per la maggiore il sogno criminale, fatto di vestiti di marca, armi, macchine costose e sesso. In questo senso le periferie del sud Italia non sono dissimili dalle banlieu francesi o dai sobborghi malfamati americani. Ovunque la post-modernita' ha fagocitato pure il sotto-proletariato.

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    1. Su ciò che dici concordo pienamente, infatti nel post ho messo Pino Daniele, non Geolier (che non conosco e non ho mai ascoltato). Un minimo di napoletainetà ai napoletani comunque è rimasta, tant'è che quando stavo con la mia ex in vacanza eravamo sempre da quelle parti, sicché in Campania lei si sentiva in un ambiente "più umano" rispetto al nord.

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    2. ShyGuy: sicuramente io non sono una persona costante e attenta e non ho la tua conoscenza diretta, però devo dire che sono curioso di cosa accadrà in futuro a questo "cosmo" (microcosmo non pare corretto) di enfasi sul sogno criminale. Qualche caso più o meno isolato mi ha dato l'impressione che queste tematiche e la musica che le esprime siano state una sorta di crisi adolescenziale di crescita di una generazione, e almeno la sua parte più consapevole (e più forgiata dalle esperienze...) cerchi di andare oltre in qualche modo. Musicalmente si passa dalla trap a vario altro, ad es. il metal "commerciale" ispirato dalla loro (in parte anche mia) infanzia/preadolescenza tardi anni 2000 - primi 2010, oppure qualcosa del tipo https://www.youtube.com/watch?v=l5ulurEnlVg . (Da notare che più di uno sfrutta presunte alleanze col demonio; per come la vedo io, a volte questa potrebbe essere anche una "fede di comodo" a cui ci si affida perché apparentemente funziona ma sulla cui veridicità non ci si esprime...?).
      Può darsi comunque che fraintenda e questo sviluppo sia tipico solo dei meridionali trapiantati a Milano e dei tizi dalle periferie del centro-nord. :D

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    3. Anonimo (*lui*): io posso parlare solo di chi resta in periferia e non di chi riesce a cambiare ambiente. Quando ogni retata anti-droga fa decine di arresti (alcuni un centinaio), i concerti di cantanti neo-melodici misconosciuti raccolgono migliaia di spettatori, fuochi d'artificio sparati per qualcuno uscito di galera, esibizionismo per gli eventi quali battesimi e matrimoni (tra cartelloni publicitari che sembrano post su Facebook e carrozze stile Cenerentola che sfila in centro storico).

      Ad essere sincero la situazione delle periferie non mi sembra migliorata rispetto a trent'anni fa, culturalmente é peggio direi.

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  3. Spesso è semplicemente moda. Persone della mia generazione(2003/2006 quelli nati dopo non li conosco) hanno spesso avuto come primo approccio alla musca proprio a questo tipo di generi musicali e per spirito di emulazione molti miei coetanei hanno iniziato a fingersi dei semi gangster. Nella maggior parte dei casi la cosa finisce semplicemente con il vestirsi in un certo modo e ad ascoltare un certo tipo di musica, che ovviamente non c'è nulla di male in tutto ciò, tuttavia quelli che nascono in contesti più sfavorevoli si fanno condizionare e perseguono proprio un sogno criminale effettivo

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    1. Mi accorgo che il commento precedente è una divagazione eccessiva e mi è venuto abbastanza confuso... Dato che l'ho lanciata provo a chiarire, Nausi: mi riferivo in specie alla gente della mia generazione, diciamo del '98/2001: persone che hanno fatto parte della moda degli scorsi anni (fino al 2020?), e poi, secondo me, riprendendo il meme iniziale del post, per banali motivi di età sono arrivate negli ultimi anni a chiedersi: "Adolescenza, e poi?" :D E pian piano provano a prendere la loro strada ricalcando un po' la musica che hanno sentito.
      Poi ci sono strade diverse. Prendi Young Signorino che ho linkato nel post scorso: ha rinnegato la sua trap magnificamente assurda (che io adoro ancora, per cronaca) e fa musica semi-goth ottantina oppure noise/industrial col nome "YS LaVey"; oppure vedi quello che fanno oggi gli ex FSK Chiello e Taxi B (c'è da dire che loro avevano recuperato gli anni 2000 prima: https://www.youtube.com/watch?v=aT19NNU-djc :D), et al. Tutta gente assai diversa da me ma che mi colpisce molto, e che ha ben presente la povertà e gli ambienti criminali, per quello che ne posso sapere.

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  4. Penso che l espressione " Italietta" sia corretta per quanto occorso dopo il Festival.
    I membri della giuria formata dai giornalisti e dalle radio hanno si rivoltato il voto popolare che voleva Geolier vincitore, a favore della figlia di Mango (che aveva solo il 16% dei voti popolari, contro il 60% di Geolier) ma ha vinto secondo il mio modesto parare non perché figlia di... se è arrivata a Sanremo e anche perché ha partecipato ad Amici della De Filippi. Quello che è veramente imbarazzante è che ormai siamo in un regime dove la libertà di espressione e di parola viene negata, Ghali non ha potuto esprimere un concetto di per sé lampante, 30 mila persone uccise a Gaza non sono un Genocidio, il tribunale dell Aia non ha ancora archiviato la procedura per crimini di guerra ma dopo questa frase la RAI ha fatto leggere un comunicato vergognoso alla Vernier. I ragazzi che protestavano davanti alla RAI sono stati caricati dalla polizia... difronte a questo che la Mango abbia vinto o meno mi sembra secondario.

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    1. Sono d'accordo. Anche io credo che il fatto che fosse figlia sia stato ininfluente sulla vittoria, sono in disaccordo con la prima parte del post. Credo però l'intento anti napoletano e palestinese sia stato chiaro

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  5. Io non guardo mai il festival, però ho letto la notizia e ho visto l esibizione, su youtube, di tale Geolier.

    Gangsta style dei tempi nostri, non sono come una persona che si dice amante dell arte possa spezzare una lancia a favore di tale inquinante estetico solo perché e arrivato secondo.

    Genealogia della Morale 2.0, si simpatizza con il perdente a prescindere dallensue doti.


    Piuttosto di cose nuovi e interessanti ho visto l'ultimo film di pietro castellitto, e poi letto il suo libro...

    Mi e piaciuta molto quando nelle interviste, da appassionato di Nietzsche, leggo:

    Un mondo dove i valori basilari dell’esistenza - voglia di potenza, di bellezza, di successo - sono ancora in voga. Dinamiche indicate come negative dal mio mondo di provenienza sono ancora.in voga... o recentemente, per il ilm, parlava delle medesime dinamiche come dei valori su cui è diventato grande l'occidente


    Io rimango triste ogni volta che in qualche museo semi sconosciuto, ma manco tanto ci sono solo io e al massimo altre 3-4 persone, da come sono vestiti ragazzetti di discipline umanistiche che ripudiano tali valori, se di sesso femminile anche mediamente normobruttini.

    A guardare e studiare le opere di chi tali valori, tali epifanie date dal bello e dal piacere e dalla fugacita degli stessi, le ha celebrate. È un peccato. Ho realizzato questi giorni che Louis Malle è l' autore piu proustiano di tutta la nouvelle vague. Ma Truffaut era comunque francese.

    Negli stessi anni in italia usciva Renzo e Luciana o, cambiando registro, la parmigiana di Pietrangeli.

    Partirei da questi spunti volendo capire, con una ricerca da comparatista, lo spirito e il sangue italiano.

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