Shiki Jitsu viene subito dopo Love & Pop ed è il secondo film con attori in carne e ossa di Anno Hideaki, il regista di Evangelion. L'attrice protagonista, Fujitani Ayako, è la figlia di Steven Seagal e il film, almeno sulla carta, è un adattamento di un suo racconto breve, Touhimu. Preso atto di queste formalità, Shiki Jitsu è invero una creatura tutta di Anno Hideaki, e in particolar modo sembra la conclusione di una ipotetica trilogia concettuale costituita altresì dall'End of Eva e dal succitato Love & Pop. In pratica, "Io, regista alienato che vive in un mondo di finzione per proteggermi dalla vita, incontro la vita in sé stessa, ossia una giovane ragazza col disturbo borderline. La sua sofferenza mi scuote, mi impressiona, mi fa cambiare. Ci creo un personaggio fittizio sopra: Sooryuu Asuka Langley (per intenderci la "rossa" di Evangelion). Mi innamoro del mio personaggio perché non sono in grado di gestire la persona reale. E mi odio per questo". Nell'End of Eva infatti avevamo la messa in scena dell'ossessione onanistica per l'archetipo della broken girl: Shinji che si masturbava su Asuka in coma; Gendo che infilava la mano in una Rei completamente nuda, un po' come un vecchio puttaniere ebefilo; l'altro tizio di cui non ricordo il nome che durante il trapasso veniva perseguitato da un esercito di Rei assatanate e ghignanti. E così via. In Love & Pop, d'altro canto, si entra a tutto tondo nel fenomeno dell'enjo kosai, ma in una dimensione più sociologica e meno intimista (in fondo è un adattamento di Topaz II di Murakami Ryuu, un idealista che ha passato la vita a scrivere del vuoto interiore e della decadenza del consumismo nippo-americanizzato).
Shiki Jitsu, contrariamente a Love & Pop, è una cosa tutta interiore. I personaggi sono soltanto quattro: il regista (avatar di Anno), la Asuka della situazione (i riferimenti al personaggio in 2D sono palesi), la madre della Asuka della situazione (che compare soltanto nel finale) e un ex di lei morboso e aggressivo, in pratica una rappresentazione della predatoria società esterna. C'è infine un altro personaggio, anche se non umano: l'ambientazione post-industriale. Centrali elettriche viste da lontano, tubi, condotti, tralicci, capannoni abbandonati, i binari del treno - "I binari mi piacciono perché sono meccanici, perché non danno al mezzo che li percorre alcuna possibilità di scelta".
Si entra quindi nella dimensione introspettiva di una ragazza che ha dentro di sé un vuoto talmente grande che deve compiere "rituali" per non impazzire, a mo' di strategia di sopravvivenza (nel film è forte l'influenza di Ikuhara Kunihiko, tra l'altro grande amico di Anno). Uno di questi è che lei fa la pantomima di buttarsi giù dal tetto del capannone in cui vive, un gesto che l'autore di Evangelion conosce molto bene (le inquadrature che rimandano a un "tuffo nel vuoto" suicidario sono molteplici, tipo la straniante tromba delle scale vista dall'alto). E poi le macchinine, la chitarra sull'altare. "Io voglio amore, amore soltanto, altrimenti non ho senso di esistere", o qualcosa del genere. Il rapporto tra il regista e la ragazza diventa quindi totalizzante e il resto è Wasteland, è il nulla, è la solitudine. In un monologo il protagonista, magistralmente interpretato da Iwai Shunji, dice espressamente che nella Wasteland chi consuma la sua arte è soltanto o un perdigiorno o un alienato, e che le persone normali traggono godimento dalla ferocia dei fatti di cronaca. Si ritrova quindi costretto a girare soltanto per se stesso, ed ecco che Shiki Jitsu diventa una metanarrazione cinematografica a esclusivo uso e consumo del suo autore. Per chi fare arte, altrimenti? Là fuori c'è un nulla ancora più grande di quello della propria interiorità svuotata. E poi ci sono le malinconiche musiche di stampo neo-bachiano, gli spazi immobili dei non-luoghi che si dilatano all'infinito, quel particolare tipo di regia à la Kubrick, il taglio introspettivo: sì, questa roba è proprio 100% Anno.
La mia idea è comunque che Anno Hideaki, nel periodo di scoramento che aveva accompagnato la realizzazione di Evangelion, si sia imbattuto tramite i giri di enjo kosai da lui frequentati in una ragazza molto giovane e ferita, che in qualche modo gli abbia fatto capire che era soltanto un "quattordicenne in fase orale" (parole sue). Mi viene in mente la scena in cui la Asuka del qui presente Shiki Jitsu trova una rivista pornografica in una discarica e chiede al regista se anche lui è un fruitore di quelle schifezze lì. Dopo qualche balbettamento imbarazzato viene fuori che sì, lui consumava pornografia, ma anche che lei odia il sesso. Più tardi nel film infatti la ragazza gli chiede di farlo anche se non ne ha veramente voglia, ma soltanto per legarlo a sé, per paura della perdita. La consapevolezza di Anno sulla sofferenza femminile nella postmodernità, contrariamente alle opere precedenti (e anche successive, se contiamo il Rebuild), qui mi è sembrata cristallina. Ed ecco che nella scena finale il dramma dell'esistenza si consuma tra i suoi veri protagonisti, ossia madre e figlia, e l'uomo, da estraneo alla vita, da virus solitario qual è, non può fare altro che osservare, al limite cercare di fornire una direzione e una conciliazione, in ultima istanza, parafrasando Schopenauer, una rappresentazione alle contraddizioni della voglia/volontà di vivere in se stessa. L'uomo, appunto. Non di certo l'eterno bambino che fa e consuma i cartoni animati, il "quattordicenne in fase orale" come tanti, tantissimi ce ne sono in giro nell'oggidì.
Grazie per averne parlato, questo è indubbiamente il punto più alto della carriera di Anno, anche se purtroppo lo abbiamo visto in dieci. Come dice anche la pregevole recensione del film di Giuseppe Gangi, Shiki-Jitsu è un passo in avanti rispetto al pur ottimo Love&Pop, che si limitava a una lucida ma distaccata rappresentazione fotografica della società giapponese; al contempo, il film è una versione più matura di quanto già espresso da Anno in animazione. A mio parere, due cose sono chiare: 1)l'intelligenza e la sensibilità di Anno sono davvero incredibili, e la sua capacità di autoanalizzarsi e trasporsi sullo schermo è più unica che rara 2)Evangelion, di cui questo film è un remake senza elementi otaku, è davvero l'anima del regista messa su pellicola, come Anno ripete spesso nelle interviste. Molti, in seguito al successo commerciale di Evangelion e alla sua conseguente e inevitabile mercificazione, l'hanno rigettato ritenendolo un anime poco sincero, e si sono poi rifugiati su Nadia, idealizzando la serie come frutto illibato di una purezza edenica dovuta al target del prodotto. Credo che questa visione delle cose, anche se legittima, non renda onore al lavoro di Anno, che invece è sempre stato massimamente sincero, come Shiki-jitsu conferma.
RispondiEliminaConcordo con tutto. Bella anche la recensione di Gangi che hai citato. Grazie per il commento.
EliminaGrazie a Francesco e al precedente Anonimo per la recensione che consiglia: è utile sommare questi due contributi.
RispondiEliminaAnche pensando al nome che sicuramente si era fatto Anno in epoca post-Evangelion, continua a sorprendermi il fatto che qualcuno gli finanziasse film come Love&Pop e questo; anche al di là del fatto che verosimilmente erano opere a budget abbastanza basso. Fortunatamente per Shiki-jitsu è venuto in soccorso lo Studio Ghibli.
Lo metto in attesa e chissà che non superi il mio grande affetto per Love&Pop (ma in fondo spero che non accada, ché mi trovo troppo a mio agio con le "lucide e distaccate rappresentazioni fotografiche" :) ).
Penso che dietro al successo di Anno, di Eva ma anche alla realizzazione di questi film fatti a esclusivo uso e consumo dell'autore ci sia anche un po' la mano invisibile di Murakami Ryuu. Se un grande scrittore parla bene di te i soldi bene o male li trovi.
Eliminae a disagio con i triangoli totalizzanti "lui+lei+società esterna".
RispondiElimina(da attaccare alla fine del commento precedente prima di ":) ).").
RispondiElimina1) Evangelion - la serie - era un tentativo autoterapico, non escapistico di un autore nella sua metanarrazione, ma reale, con un finale positivo (serie).
2) Quel tentativo fallisce nella discomunicazione col suo pubblico di riferimento.
3) The End of Eva è quindi fatto per inerzia, in questo senso di fallimento-
4) "One More Final" (l'ultima scena di Magokoro) è appunto l'espressione finale "aggiunta" del fallimento.
5) Anno si sente svuotato e senza speranza, ma aveva sperimentato il live action.
6) Love&Pop è una sperimentazione dilettuosa.
7) Shiki-Jitsu, prodotto da GHIBLI, è la ri-trattazione senza speranza autoterapica di tutto Evangelion, sì.
Anno mi ha affascinato fin da ragazzotto, ed è rimasto una sorta di costante, di ronzio di sottofondo nella mia vita. Soltanto ora a 34 anni, e soltanto dopo aver maturato una certa esperienza di vita e aver visto questo film, penso vagamente di poterlo capire, per quanto lui sia così distante da me. Non mi sento molto appagato dalla vita in generale, né da ciò che ho fatto nel tempo che fino a ora mi è stato concesso (errori su errori). Ma almeno dopo aver visto questo film ho pensato: "Toh, Anno. E' proprio lui. Ora mi è tutto chiaro. Siamo tanto lontani, ma allo stesso tempo tanto vicini". Forse potrei prendere questo mio personalissimo sentore come un qualcosa di cui essere felice, non saprei. Bisognerebbe imparare ad apprezzare le piccole cose, nel presente.
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