Le poche volte che apro Facebook o Instagram mi sale un improvviso senso di nausea: tutti che litigano con tutti, la guerra tra maschi e femmine, i reel stupidissimi di gente che fa smorfie e spara cazzate alla ricerca di una flebile fiammata di notorietà. Di certo i social non sono più ciò che erano intorno al duemiladieci, anni nei quali, anzi di essere vere e proprie macchine antropofaghe, si rifacevano a blog e forum col miraggio progressista di "connettere tutti". Sarah Wynn-Williams (che d'ora in poi abbrevierò con S.W.W.), l'autrice del qui presente libro, aveva iniziato a lavorare in Facebook proprio in quegli anni: da immagrata neozelandese qual era, riuscendo a farsi assumere inventadosi il ruolo di responsabile dell'interazione tra gli executive dell'azienda e politici e capi stato, ha di fatto vissuto il sogno americano, constatandone poi le falle e la decadenza (tant'è che nel libro, a scanso di equivoci, viene addirittura citato Citizen Kane di Orson Wells). La sostanza di tutto ciò è che un nerd piccolo borghese di Harvard, Mark Zukerberg, da ragazzotto ingenuo e poco interessato alla politica (inizialmente manco li vuole ricevere, i capi di stato), una volta raggiunta la consapevolezza della propria potenza, si trasforma in un pericoloso affarista megalomane ossessionato dal rendere Facebook un Moloch globale, uno strumento di potere grazie al quale lui e i suoi più fidati collaboratori calibrano le scelte dell'algoritmo (che decide cosa le persone devono vedere e quindi pensare) in modo tale da massimizzare il proprio guadagno, senza curarsi delle conseguenze che ciò può avere sulla società (un esempio lampante citato dall'autrice, nonché documentato da Amnesty International, è il ruolo che Facebook ha avuto nello sterminio dei rohingya da parte delle forze armate di Myanmar, per dirne una). Una persona mediamente intelligente capirebbe già da sé, senza alcun bisogno di informarsi, quanto i social e la pseudocultura da essi portata in auge sia nociva per la specie umana; ma qui, in questo coraggioso libro (che ha venduto un sacco nonostante la censura imposta da Meta), tutto ciò viene messo nero su bianco.
S.W.W. entra quindi in Facebook: i viaggi in jet privato, l'isteria della capa della sua capa, Sheryl, la ex COO del gruppo, una femminista in carriera che predica bene e razzola male; i vari tentativi dell'azienda di apparire come "buona" quando in realtà al suo interno il clima lavorativo è tossico: la maternità ad esempio, nonostante tutti i buoni propositi di work-life balance descritti dalla suddetta Sheryl nel suo best seller, non viene affatto tollerata, tant'è che l'autrice viene costretta a mandare email al computer anche mentre sta per partorire. Com'è facilmente intuibile, inoltre, in Facebook il business, il generare elevati profitti, è l'unico vero ago della bilancia per l'approvazione di qualsiasi progetto, anche se in esso vengono sollevate questioni etiche o morali: se targettare ragazzini con problemi mentali tramite ads che si rivolgono speficamente a loro è una cosa che genera business, ciò viene approvato (ed è stato approvato); se l'idea invece è di non avere a che fare con la Cina perché è un regime totalitario del tutto alieno ai valori americani (e qui grasse risate), la scelta viene bocciata, tant'è che lo stesso Zukerberg, da quel che descrive la S.W.W., ce la mette tutta, ma proprio tutta per cercare di compiacere Xi Jiping, commettendo addirittura gaffe tremende da bambinone imbranato (si fa ritrarre col presidente di schiena, cosa proibita dalle leggi cinesi, generando un caso diplomatico; si presta a censurare tutto ciò che dà fastidio al gonverno cinese, rimangiadosi tutti i propri buoni propositi in merito al mondo aperto e connesso e bla bla bla). Eppure è sempre lì, Mark: una delle persone più potenti del mondo, una sorta di capriccioso dio d'Occidente posto al di sopra del bene e del male dalle circostanze, dall'apatia e dalla stupidità altrui.
Quando mark Zukerberg gioca con i giochi da tavolo sul suo jet privato deve a tutti i costi vincere: un giorno l'autrice decide di fargli notare che i suoi collaboratori perdono apposta e lui casca dalle nuvole: è troppo abituato ad avere tutti ai suoi piedi, a vivere la vita in easy mode, quindi non concepisce nemmeno che la gente possa leccargli il culo per interesse personale. S.W.W. invece è un'immigrata, una poveraccia priva di visto a tempo indeterminato che continua a sfornare un figlio dopo l'altro in un'ambiente inviso alla vita: forse S.W.W. ha scritto Careless People per tentare di razionalizzare i sensi di colpa dovuti all'aver contribuito allo strapotere di Meta su scala globale; oppure, cosa molto più prabibile, perché da "selvaggia" qual è non si è mai trovata veramente a suo agio nel Brave New World Zukerberghiano. Fatto sta che la maggiorparte dei governanti occidentali nel libro vengono dipinti come degli idioti allo stesso livello degli executive di Facebook: se ciò che scrive la SWW è vero, e penso proprio che lo sia, Careless People, più che una roba in stile The Social Network, è praticamente una conferma documentale di Idiocracy (l'executive repubblicano coglione ed egoriferito che la molesta sessualmente, ad esempio, ci starebbe a puntino nel film).
Gente senza cultura, gente senza coerenza, gente senza identità, ma con un potere immenso: Zukerberg che se la mena tanto con l'inclusione, la sostenibilità eccetera eccetera (prendendosi pure sul serio) e poi, come fa notare S.W.W., si compra le Hawaii cacciando via gli autoctoni; una ragazzina, Molly Russell, si suicida, le indagini dimostrano che l'algoritmo le aveva proposto ripetutamente contenuti indicizzati con la parola worthless e gli executive di Facebook diventano insofferenti perché eventuali prese di posizione dei governi potrebbero ridurre il loro business (si pensi alla recente legge in Australia). Capita anche che i dipendenti, alla luce delle sconsiderate decisioni dei loro capi, cerchino di farsi spostare in reparti in cui non possono essere eticamente coinvolti, o a licenziarsi; tutto ciò con gran disappunto di Sheryl, la già citata ex COO del gruppo, addirittura disgustata dalla generazione Z (ma com'è possibile, non pensano al business!). Non per nulla, infatti, ho come la sensazione che gli zoomer abbiano molta meno voglia di apparire, di partecipare alla macelleria sociale avviata dalle generazioni precedenti. E ciò è senz'altro un bene.
Careless people, oltre a essere un prezioso documento in merito al tempo in cui stiamo vivendo, è anche un'avvincente storia autobiografica, l'ennesima presa di coscienza di una persona che nel corso della sua vita ha compreso sulla propria pelle che gli ideali sono incompatibili con la realtà. Verso la fine, infatti, SWW scrive: "Sono ormai sfiancata dal dolore e dalla sofferenza. Da come Facebook stia aiutando alcune delle peggiori persone sulla faccia della terra a fare cose terribili. Da come Facebook sia efficiente a mettere tutti contro tutti. E a sorvegliare le persone come mai era stato possibile in passato. E a manipolarle. Facebook è uno strumento di grande valore per i regimi più autocratici e oppressivi, perché dà loro esattamente ciò di cui hanno bisogno: l'accesso diretto a ciò che la gente dice e quindi pensa, dall'alto al basso della società". E questo è tutto, direi, augurando alla buona, coraggiosa S.W.W. di resistere alla punizione degli dèi falsi e bugiardi che si è inevitabilmente scatenata su di lei.

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