giovedì 11 dicembre 2025

Careless people (Gente che se ne frega), un libro di Sarah Wynn-Williams


Le poche volte che apro Facebook o Instagram mi sale un improvviso senso di nausea: tutti che litigano con tutti, la guerra tra maschi e femmine, i reel stupidissimi di gente che fa smorfie e spara cazzate alla ricerca di una flebile fiammata di notorietà. Di certo i social non sono più ciò che erano intorno al duemiladieci, anni nei quali, anzi di essere vere e proprie macchine antropofaghe, si rifacevano a blog e forum col miraggio progressista di "connettere tutti". Sarah Wynn-Williams (che d'ora in poi abbrevierò con S.W.W.), l'autrice del qui presente libro, aveva iniziato a lavorare in Facebook proprio in quegli anni: da immagrata neozelandese qual era, riuscendo a farsi assumere inventadosi il ruolo di responsabile dell'interazione tra gli executive dell'azienda e politici e capi stato, ha di fatto vissuto il sogno americano, constatandone poi le falle e la decadenza (tant'è che nel libro, a scanso di equivoci, viene addirittura citato Citizen Kane di Orson Wells). La sostanza di tutto ciò è che un nerd piccolo borghese di Harvard, Mark Zukerberg, da ragazzotto ingenuo e poco interessato alla politica (inizialmente manco li vuole ricevere, i capi di stato), una volta raggiunta la consapevolezza della propria potenza, si trasforma in un pericoloso affarista megalomane ossessionato dal rendere Facebook un Moloch globale, uno strumento di potere grazie al quale lui e i suoi più fidati collaboratori calibrano le scelte dell'algoritmo (che decide cosa le persone devono vedere e quindi pensare) in modo tale da massimizzare il proprio guadagno, senza curarsi delle conseguenze che ciò può avere sulla società (un esempio lampante citato dall'autrice, nonché documentato da Amnesty International, è il ruolo che Facebook ha avuto nello sterminio dei rohingya da parte delle forze armate di Myanmar, per dirne una). Una persona mediamente intelligente capirebbe già da sé, senza alcun bisogno di informarsi, quanto i social e la pseudocultura da essi portata in auge sia nociva per la specie umana; ma qui, in questo coraggioso libro (che ha venduto un sacco nonostante la censura imposta da Meta), tutto ciò viene messo nero su bianco. 

 

 S.W.W. entra quindi in Facebook: i viaggi in jet privato, l'isteria della capa della sua capa, Sheryl, la ex COO del gruppo,  una femminista in carriera che predica bene e razzola male; i vari tentativi dell'azienda di apparire come "buona" quando in realtà al suo interno il clima lavorativo è tossico: la maternità ad esempio, nonostante tutti i buoni propositi di work-life balance descritti dalla suddetta Sheryl nel suo best seller, non viene affatto tollerata, tant'è che l'autrice viene costretta a mandare email al computer anche mentre sta per partorire. Com'è facilmente intuibile, inoltre, in Facebook il business, il generare elevati profitti, è l'unico vero ago della bilancia per l'approvazione di qualsiasi progetto, anche se in esso vengono sollevate questioni etiche o morali: se targettare ragazzini con problemi mentali tramite ads che si rivolgono speficamente a loro è una cosa che genera business, ciò viene approvato (ed è stato approvato); se  l'idea invece è di non avere a che fare con la Cina perché è un regime totalitario del tutto alieno ai valori americani (e qui grasse risate), la scelta viene bocciata, tant'è che lo stesso Zukerberg, da quel che descrive la S.W.W., ce la mette tutta, ma proprio tutta per cercare di compiacere  Xi Jiping, commettendo addirittura gaffe tremende da bambinone imbranato (si fa ritrarre col presidente di schiena, cosa proibita dalle leggi cinesi, generando un caso diplomatico; si presta a censurare tutto ciò che dà fastidio al gonverno cinese, rimangiadosi tutti i propri buoni propositi in merito al mondo aperto e connesso e bla bla bla). Eppure è sempre lì, Mark: una delle persone più potenti del mondo, una sorta di capriccioso dio d'Occidente posto al di sopra del bene e del male dalle circostanze, dall'apatia e dalla stupidità altrui. 

 

Quando mark Zukerberg gioca con i giochi da tavolo sul suo jet privato deve a tutti i costi vincere: un giorno l'autrice decide di fargli notare che i suoi collaboratori perdono apposta e lui casca dalle nuvole: è troppo abituato ad avere tutti ai suoi piedi, a vivere la vita in easy mode, quindi non concepisce nemmeno che la gente possa leccargli il culo per interesse personale. S.W.W. invece è un'immigrata, una poveraccia priva di visto a tempo indeterminato che continua a sfornare un figlio dopo l'altro in un'ambiente inviso alla vita: forse S.W.W. ha scritto Careless People per tentare di razionalizzare i sensi di colpa dovuti all'aver contribuito allo strapotere di Meta su scala globale; oppure, cosa molto più prabibile, perché da "selvaggia" qual è non si è mai trovata veramente a suo agio nel Brave New World Zukerberghiano. Fatto sta che la maggiorparte dei governanti occidentali nel libro vengono dipinti come degli idioti allo stesso livello degli executive di Facebook: se ciò che scrive la SWW è vero, e penso proprio che lo sia, Careless People, più che una roba in stile The Social Network, è praticamente una conferma documentale di Idiocracy (l'executive repubblicano coglione ed egoriferito che la molesta sessualmente, ad esempio, ci starebbe a puntino nel film). 

 

Gente senza cultura, gente senza coerenza, gente senza identità, ma con un potere immenso: Zukerberg che se la mena tanto con l'inclusione, la sostenibilità eccetera eccetera (prendendosi pure sul serio) e poi, come fa notare S.W.W., si compra le Hawaii cacciando via gli autoctoni; una ragazzina, Molly Russell, si suicida, le indagini dimostrano che l'algoritmo le aveva proposto ripetutamente contenuti indicizzati con la parola worthless e gli executive di Facebook diventano insofferenti perché eventuali prese di posizione dei governi potrebbero ridurre il loro business (si pensi alla recente legge in Australia). Capita anche che i dipendenti, alla luce delle sconsiderate decisioni dei loro capi, cerchino di farsi spostare in reparti in cui non possono essere eticamente coinvolti, o a licenziarsi; tutto ciò con gran disappunto di Sheryl, la già citata ex COO del gruppo, addirittura disgustata dalla generazione Z (ma com'è possibile, non pensano al business!). Non per nulla, infatti, ho come la sensazione che gli zoomer abbiano molta meno voglia di apparire, di partecipare alla macelleria sociale avviata dalle generazioni precedenti. E ciò è senz'altro un bene.  

 

Careless people, oltre a essere un prezioso documento in merito al tempo in cui stiamo vivendo, è anche un'avvincente storia autobiografica, l'ennesima presa di coscienza di una persona che nel corso della sua vita ha compreso sulla propria pelle che gli ideali sono incompatibili con la realtà. Verso la fine, infatti, SWW scrive: "Sono ormai sfiancata dal dolore e dalla sofferenza. Da come Facebook stia aiutando alcune delle peggiori persone sulla faccia della terra a fare cose terribili. Da come Facebook sia efficiente a mettere tutti contro tutti. E a sorvegliare le persone come mai era stato possibile in passato. E a manipolarle. Facebook è uno strumento di grande valore per i regimi più autocratici e oppressivi, perché dà loro esattamente ciò di cui hanno bisogno: l'accesso diretto a ciò che la gente dice e quindi pensa, dall'alto al basso della società". E questo è tutto, direi, augurando alla buona, coraggiosa S.W.W. di resistere alla punizione degli dèi falsi e bugiardi che si è inevitabilmente scatenata su di lei. 

 

8 commenti:

  1. Mi sembri sempre in conflitto tra una visione della vita del tipo "vivi nascosto", che è quella corretta a mio avviso, e quella da gran signore perfettamente omologato al sistema dell'apparire, del profitto ecc. Sei abbastanza insicuro, a mio parere. Ma in fondo tutti lo siamo: "Siamo pecore smarrite" scriveva non a torto Souseki, per di più in un periodo storico molto simile al nostro.

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  2. La chiusa la ricordo bene, la lessi mentre salivo a Torino che conosco benissimo. Tipo stray sheep, stray sheep.

    Il punto è che credo che la società odierna determini un deficit di esperienze emotive che per lo più lascia essere dei falliti completi (cioè poveroh e anche bambinone), ma qualcuno compensa con carriere brillanti che casomai fanno stridere ancor di più la mancata crescita emotiva.

    Per tornare al libro stride che Zuckerberg sia un bambinone, non l'hikimomori o il cassiere sfigzto che ancora vive con la mamma. Però spesso è lo stesso.

    Credo forse che ancor più che le esperienze di vita, sia il modo in cui ci si va ad approcciare alla vita. La postmodernità.

    Di mio cerco di essere una persona molto concreta. Infatti ho rinunciato completamente ad integrarmi socialmente. Lavoro tanto, provo anche a farlo discretamente bene, così come un muratore alza il muretto. Mi pagano i miei due spicci che cmq mi fanno restare un morto di fame, però mi garantiscono di poter dare un tetto alla persona che ho accanto.

    Mi sento davvero nello spirito molto molto vicino ai proletari, reputando semplice e miserabile quello che faccio, nonché a breve sostituibile dalla Ai. Ho infatti ripeto rinunciato a ogni velleità di ricerca e di fare i big money.

    Ma la pensavo così anche anni e anni fa, quando qualcuno mi diceva di come la neuro immunologia fosse il futuro. Qualche mio professore è diventato multi-milionario grazie ai brevetti, se io riesco a tirare avanti così sono più che contento.

    Si tratta solo di portare il pane a casa, ed essere felice con qualcuno che sceglie di tenermi compagnia.

    SOPRATUTTO *non so davvero, non lo capisco, perché alcune classi proletari siano immuni dalle paturnie psicologiche che affliggono gran parte delle classi più acculturate*. Se lo chiedeva anche Pasolini.
    Però secondo me l'impermeabilita di parte del proletariato alla merda di cui è inondato, prima dai mass media e ora dai social network, è molto interessante e dovrebbe essere il secondo step di riflessione dopo aver acclamato quello he dice il libro del post.

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    1. Uno dei tuoi migliori commenti questo, secondo me. Grazie.

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  3. Beh anche il blog sta diventando una figata con il tempo :) siamo passati dell'animazione alle riflessioni sociologiche. Scriviamo davvero in 4 gatti ma sta evolvendo bene.

    E peraltro è carina l origine sull animazione

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    1. "Scriviamo davvero in 4 gatti"

      Viviamo in un mondo di lobotomizzati abituati a reel, meme e pornografia, impossibile attirare molte persone scrivendo cose vagamente impegnative. Chissà cmq se quando sarò morto qualche lettore raccoglierà i migliori post di questo blog e ci farà un libro, un po' come avevano fatto con Elvezio Sciallis...

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  4. Veramente certi commenti sono irricevibili. Ma in che mondo parallelo vivete ? Vi indignate per la tipa di Facebook che viaggiava su aerei privati e la scoraggiavano ad avere figli...mio dio! Invece per le precarie che erano cacciate perché incinte, per i cococo i contratti a termine della mia generazione, , muti. Facebook e instagram, il male assoluto. Però tutti li usano. Non votate nemmeno, vi fottono il futuro e disquisire su quanto è merdoso il Marc della situazione! Che invece chi è al governo vuole vendere l oro della patria che il gruppo Gedi è stato venduto ad uno di destra che effettivamente siamo già in un regime, massi....
    Non è abbastanza intellettuale discuterci su. Anche la morfina è stata utilizzata per sedare il dolore dei soldati al fronte durante le amputazioni in trincea e poi ci siamo svegliati eroinomani. Non è l uso, ma l abuso !

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    1. La coscienza di classe è sacrosanta, ma si può osservare con oggettività e rispetto anche le situazioni di chi è in una condizione diversa dalla propria... Poi ti consiglio di leggere altri post del blog per farti un'idea del tipo di riflessioni che si fanno (non sull'attualità stretta) :)

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  5. Ma io credo che l'habitus mentale sia lo stesso. Se una tipa è discretamente figa sicuramente ha la possibilità di avere accanto a sé un uomo che se ne frega del tipo di carriera che fa.

    Quindi è una sua sudditanza alla socialità stressarsi per il lavoro... che sia il jet privato, o i co.co.co. o o dottorati all università.

    Il problema non è meramente economico, è la realtà che c'è dietro.

    Se poi parliamo di una cessazione disgraziata che manco può scegliere beh il discorso è diverso. Il dramma è che oggi anche chi ha la libertà economica.per scegliere si incasina la vita.

    E qui torniamo alla mitopoietica che è la stessa per tutte le classi e che è un veleno sottovalutato. Mi segui Akira?

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