domenica 6 novembre 2016

Zettai Shounen: intervista agli autori e location hunting

 

"Zettai Shounen" è un anime a parer mio fondamentale nella storia dell'animazione di nicchia. Nonostante il suo status di titolo misconosciuto e dimenticato, la sua qualità intrinseca, le sue atmosfere tipicamente giapponesi, i messaggi e i contenuti di cui si fa carico lo rendono un piccolo capolavoro attualissimo e ricco di spunti di riflessione. Grazie alla gentilezza dell'amico Cristian "Garion-Oh" Giorgi, uno dei massimi esperti italiani di anime e manga, nonché traduttore GP Publishing/J-Pop/Magic Press e articolista Dynit, è ora possibile usufruire in questa sede della traduzione in italiano dell'intervista a Kazunori Ito (sceneggiatore dell'anime) e a Tomomi Mochizuki (regista dell'anime) rilasciata dalla rivista online Anime Style. A ciò, sempre in questo post e sempre grazie a Garion-Oh, allego due raccolte di fotografie delle location realmente esistenti in cui sono ambientati i due archi narrativi della storia: Tanna e Yokohama.

A sx, Kazunori Ito, a dx, Tomomi Mochizuki

- Anche questa volta abbiamo intenzione di parlare di diversi argomenti, ma tanto per iniziare da dove siete partiti per progettare la storia?
- Ito: per prima cosa il toys works di Kato è arrivato in mano mia attraverso Sato. E mi fece questa offerta: "vorrei farci qualcosa con questo, non potresti scriverci una storia?". In sostanza, sono partito dal modello della material fairy. Quella volta, in quel modello di Sato, trovai il concetto di Zettai Shonen. Quindi mi chiesi se non renderlo un fantasy.
- Capisco. Ho visto il sito online di Sato ma il concetto di Zettai Shonen era parecchio astratto.
- Ito: al contrario dato che offriva molte visioni pensai di poterlo fare liberamente. Inizialmente volevo farne un romanzo online. Tuttavia mi sentii parecchio frustrato (ride). Provai un senso di rassegnazione e lentezza.
- Mochizuki: E questo non va bene (ride).
- Ito: Già. Quindi mi presi un’ora di pausa. Poi dopo 2-3 anni Sato mi chiese di farne un anime. In principio le cose non procedevano, ma nel bel mezzo Sanagi della Genco si aggiunse al team e le cose iniziarono a muoversi. A quel punto senza nessun motivo me ne uscii con “se ne facciamo un anime ti occupi tu della regia?”.
- Mochizuki: avevi intenzione di trasformare il romanzo online e crearlo poi come anime?
- Ito: No, per niente. A quei tempi il progetto era solo il romanzo online. Si parlò dell’anime solo se avesse avuto successo. A quei tempi avevo pensato di fare in anime solo il secondo capitolo, quello di Yokohama.
- Mochizuki: Eh? ma dai! Però quando io mi sono unito al progetto i personaggi e l’atmosfera di Tana erano una massa informe, è vero, ma il capitolo di Yokohama mica esisteva.
- Ito: questo perché il capitolo di Tana volevo realizzarlo solo come romanzo. Il plot era già pronto. Però il capitolo di Yokohama mi vagava in testa e mi dissi di realizzarlo in anime. Ma in quel momento non se ne fece nulla.
- Mochizuki: avevi solo l’idea di ambientarlo a Yokohama?
- Ito: Già. “inverno” e “Yokohama”. Tutto qui.
- Di fare una seconda parte era tua intenzione fin dall’inizio?
- Ito: No, in realtà in testa avevo in mente tre parti. Ma nel caso la terza parte sarebbe stata un film, e non ci avevo ancora pensato per niente a cosa metterci.
- Mochizuki: Non lo sapevo che ci fosse stata questa discussione (ride).
- che cosa Sato aveva progettato all’inizio?
- Ito: c’erano le fairy e poi un ragazzo e una ragazza ne venivano coinvolti. Be’, essendo un fantasy c’era la realtà e poi la consapevolezza che esisteva un mondo diverso adiacente, ma non era l’altro mondo.
- Mochizuki: be’, io sono entrato per definire i personaggi e la storia del capitolo di Tana. Ho fatto il location hunting del luogo e poi Ito ha inserito tutto nella sceneggiatura.
- Allora nello sviluppo nei personaggi non c’è il suo tocco, Mochizuki?
- Mochizuki: no, non c’è.
- Il titolo “zettai shonen” e un ragazzo protagonista c’è di certo. perché un tipo come quello è il protagonista?
- Ito: uhm. per quanto pensi a come dovesse essere il protagonista, me lo sono dimenticato. Però fin dall’inizio pensai che doveva esserci un incidente e lui essere un elemento risolutivo. Dunque dato che pensavo di farne un fantasy ortodosso, pensando a come mostrarlo al contrario mi venne fuori un personaggio introspettivo, che non era abituato a conoscere le persone, che non frequentava la scuola e divenne un tipo ombroso.
- ha qualche punto di contatto con la sua precedente opera hack/sign.
- Ito: seguendo l’ordine, viene prima il romanzo di Zettai Shonen.
- ah, davvero?
- Ito: per Hack c’è stato comunque prima il videogioco. Quindi prima di realizzarne l’anime scelsi il protagonista fra i personaggi. Ma alla fine pare abbia scelto una cosa tipo lo Shinji di Eva.
- (ridono)
- Il protagonista di Hack in realtà è una ragazza. Stavolta il fatto che il protagonista sia un maschio è raro per un’opera di Ito.
- Ito: potrebbe darsi.
- Mochizuki, cosa ne pensa di un protagonista maschio? O forse non aveva pensato al protagonista?
- Mochizuki: no no, il protagonista è lui. però dato che saltano fuori 4 o 5 personaggi fra maschi e femmine con cui si muove assieme, ma non c’era l’elemento che fosse proattivo, non ne avevo coscienza. E poi nel capitolo di Yokohama la protagonista era una ragazza, per cui che la parola “shonen” si legasse a un giovane ragazzo non l’avevo nemmeno percepito. Se fosse stato un tipo di eroe, modellarlo sarebbe stato importantissimo, ma in quest’opera non c’è una sensazione del genere. Alle persone abbiamo mostrato di più l’enfasi della storia. è solo che Ayumu non ha nessuna capacità superiore, né è lui a fare accadere le cose. è se ci penso forse è stato inserito solo per dare un punto agli spettatori. Però guardando alla rete, c’è chi pensa che Ayumu e Miki siano scritti bene e che siano stati inaspettatamente accettati.
- Danno l’impressione di essere ragazzi moderni, della nostra epoca.
- Ito: già. Penso che siano relativamente tipici della nostra epoca. Non che volessi farne dei ragazzi moderni, ma il risultato è stato questo.
- Mochizuki: è la soria di un ragazzo e una ragazza ordinari in un Giappone ordinario, per cui sono diventati ordinari. Specialmente, nel farli moderni non è che volessimo farli egualmente degli hikikomori. Sarebbe stato troppo strano e ci sarebbe stato un problema di confronto con altre opere.
- Ito: Penso che in altre opere il metodo di approccio sia completamente diverso. Non credo esistano altre serie come questa in cui non succede nulla (ride). La verità è che gradualmente succedano diverse cose e guardandolo distrattamente sembra che non succeda nulla.
- al posto di non succedere niente, forse si viene colpiti dalla tensione mentale che qualcosa stia succedendo.
- Ito: be’, se non si fa così non si possono reggere 12 episodi o 3 libri (ride).
- Mochizuki: Non succede nulla, non c’è un autore e poi succede qualcosa ma nessuno se ne accorge. Per cui non potevamo aspettarci nulla. C’era solo una strana tensione mentale a legare tutto. Se per caso fosse saltato fuori un nemico, non è che la settimana successiva sarebbero aumentate le aspettative. Il fatto che non sia un’opera del genere. Ho l’impressione che sia questo il suo bello.
- sì, c’è tensione mentale.
- Mochizuki: vero? l’ho creata volutamente relativamente lenta.
- per esempio le relazioni umane hanno una tensione mentale delicata.
- Mochizuki: quello è perché anche nella realtà la tensione mentale è critica. Una cosa del genere. Solo che facendolo così tanto ordinario anche una tensione mentale di quel grado anche gli spettatori finiranno con avere tensione mentale, non la pensi così? Mettendoci molto impegno nella tensione dell’opera, anche una frase come “puoi baciarmi” (con le onde del mare in sottofondo) dovrebbe risultare buona.
- in effetti, quando la ragazza viene inquadrata fa battere il cuore.
- Mochizuki: esatto (ride). In principio la tensione era molto bassa, ma poi è diventata molta. Solo che più che non esserne consapevole, era una storia che stava realizzando Ito, direi che è la mia regia che si è adattata alle sue impressioni, ma non era un mio obbiettivo. Non per quanto riguarda quell’atmosfera opprimente, relativamente ordinaria. Mi è uscito tutto spontaneamente.
- Ito: probabilmente motivazione e risoluzione si sono invertiti. Così facendo la storia è diventata a quel modo e mi son detto che volevo farlo e ha preso questa forma.
- Ito quando immaginava i disegni aveva speranza in Mochizuki, vero?
- Ito: già. Mochizuki è uno che usa angolazioni assurde con la videocamera. Se fosse stato una persona del genere non ce l’avremmo fatta.
- Ha un qualcosa di fetish, vero?
- Mochizuki: in drammaturgia, certe scene hanno un senso. Sono scene che hanno un effetto che volevo mantenere, ma in Zettai Shonen i personaggi camminano, vedono qualcosa, vedono altro e non c’è nessun ulteriore significato in altre scene (ride). Se avessi realizzato un palcoscenico del genere, avrei fatto provare noia a tutti.
- In principio gli storyboard dovevano essere realizzati tutti con energia da Mochizuki.
- Mochizuki: ma no, mica voglio farmi nemico Osamu Dezaki!
- insieme (ridono)
- Mochizuki: Quelli che sono stati eliminati dalla continuity sono i primi cinque episodi. Inoltre l’ho fatto perché ero entrato molto prima nell’opera. L’ho fatto perché avevano un ritmo molto diverso, ma il motivo me lo sono dimenticato. Per cui la prima rotazione me la sono fatta da solo. Se devo spiegare il perché, questa opera, con questo tema, con questa atmosfera è che non potevo farla che con un contenuto del genere. Sì, è stata la prima volta che mi è stato così difficile spiegare un’opera agli incontri con gli storyboarder e i registi dei singoli episodi. Avevo il batticuore sperando di non avere una risposta tipo “che significato ha questa scena”.
- insieme (ridono)
- Mochizuki: Per cui lo storyboard dei primi cinque episodi lo feci io, questa è un’opera così. Non c’è un motivo. E poi ecco, si decise che per ogni episodio non bisognava superare i 250 cut. Di fatto quello che ne contiene di più ne ha 230. Ma per il capitolo di Yokohama realizzavamo 170-180 cut a settimana.
- sono pochi, eh? qual era il motivo?
- Mochizuki: Problemi di ritmo, direi. Di fatto anche se lo guardi, 1 cut non viene percepito come lungo. Con l’esperienza viene percepito come ordinario. In principio pensavo che anime televisivi da 300-350 cut fossero eccessivi. Se i cut aumentano, anche i check diventano difficoltosi (ride). E quindi per questa volta ho deciso così. Avevo intenzione di fare episodi da 200 cut per cui hanno fatto così anche gli altri.
- non è stato difficile?
- Mochizuki: No, nei fatti gli episodi conclusi sotto i 200 sono molti, non è stato nulla di impossibile. Per me ha dato una sensazione di buon ritmo. Per me succede spesso che le scene d’azione a 350 cut ti si rivoltino contro.
- Ito: sì sì (annuisce).

(Clicca qui per l'intervista in lingua originale.) 

Location hunting: 

Tanna

Yokohama

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