"Zettai Shounen" è un anime a parer mio fondamentale nella storia dell'animazione di nicchia. Nonostante il suo status di titolo misconosciuto e dimenticato, la sua qualità intrinseca, le sue atmosfere tipicamente giapponesi, i messaggi e i contenuti di cui si fa carico lo rendono un piccolo capolavoro attualissimo e ricco di spunti di riflessione. Grazie alla gentilezza dell'amico Cristian "Garion-Oh" Giorgi, uno dei massimi esperti italiani di anime e manga, nonché traduttore GP Publishing/J-Pop/Magic Press e articolista Dynit, è ora possibile usufruire in questa sede della traduzione in italiano dell'intervista a Kazunori Ito (sceneggiatore dell'anime) e a Tomomi Mochizuki (regista dell'anime) rilasciata dalla rivista online Anime Style. A ciò, sempre in questo post e sempre grazie a Garion-Oh, allego due raccolte di fotografie delle location realmente esistenti in cui sono ambientati i due archi narrativi della storia: Tanna e Yokohama.
A sx, Kazunori Ito, a dx, Tomomi Mochizuki
- Anche questa volta abbiamo intenzione di parlare di diversi argomenti,
ma tanto per iniziare da dove siete partiti per progettare la storia?
-
Ito: per prima cosa il toys works di Kato è arrivato in mano mia
attraverso Sato. E mi fece questa offerta: "vorrei farci qualcosa con
questo, non potresti scriverci una storia?". In sostanza, sono partito
dal modello della material fairy. Quella volta, in quel modello di Sato,
trovai il concetto di Zettai Shonen. Quindi mi chiesi se non renderlo
un fantasy.
- Capisco. Ho visto il sito online di Sato ma il concetto di Zettai Shonen era parecchio astratto.
-
Ito: al contrario dato che offriva molte visioni pensai di poterlo fare
liberamente. Inizialmente volevo farne un romanzo online. Tuttavia mi
sentii parecchio frustrato (ride). Provai un senso di rassegnazione e
lentezza.
- Mochizuki: E questo non va bene (ride).
- Ito: Già.
Quindi mi presi un’ora di pausa. Poi dopo 2-3 anni Sato mi chiese di
farne un anime. In principio le cose non procedevano, ma nel bel mezzo
Sanagi della Genco si aggiunse al team e le cose iniziarono a muoversi. A
quel punto senza nessun motivo me ne uscii con “se ne facciamo un anime
ti occupi tu della regia?”.
- Mochizuki: avevi intenzione di trasformare il romanzo online e crearlo poi come anime?
-
Ito: No, per niente. A quei tempi il progetto era solo il romanzo
online. Si parlò dell’anime solo se avesse avuto successo. A quei tempi
avevo pensato di fare in anime solo il secondo capitolo, quello di
Yokohama.
- Mochizuki: Eh? ma dai! Però quando io mi sono unito al
progetto i personaggi e l’atmosfera di Tana erano una massa informe, è
vero, ma il capitolo di Yokohama mica esisteva.
- Ito: questo perché
il capitolo di Tana volevo realizzarlo solo come romanzo. Il plot era
già pronto. Però il capitolo di Yokohama mi vagava in testa e mi dissi
di realizzarlo in anime. Ma in quel momento non se ne fece nulla.
- Mochizuki: avevi solo l’idea di ambientarlo a Yokohama?
- Ito: Già. “inverno” e “Yokohama”. Tutto qui.
- Di fare una seconda parte era tua intenzione fin dall’inizio?
-
Ito: No, in realtà in testa avevo in mente tre parti. Ma nel caso la
terza parte sarebbe stata un film, e non ci avevo ancora pensato per
niente a cosa metterci.
- Mochizuki: Non lo sapevo che ci fosse stata questa discussione (ride).
- che cosa Sato aveva progettato all’inizio?
-
Ito: c’erano le fairy e poi un ragazzo e una ragazza ne venivano
coinvolti. Be’, essendo un fantasy c’era la realtà e poi la
consapevolezza che esisteva un mondo diverso adiacente, ma non era
l’altro mondo.
- Mochizuki: be’, io sono entrato per definire i
personaggi e la storia del capitolo di Tana. Ho fatto il location
hunting del luogo e poi Ito ha inserito tutto nella sceneggiatura.
- Allora nello sviluppo nei personaggi non c’è il suo tocco, Mochizuki?
- Mochizuki: no, non c’è.
- Il titolo “zettai shonen” e un ragazzo protagonista c’è di certo. perché un tipo come quello è il protagonista?
-
Ito: uhm. per quanto pensi a come dovesse essere il protagonista, me lo
sono dimenticato. Però fin dall’inizio pensai che doveva esserci un
incidente e lui essere un elemento risolutivo. Dunque dato che pensavo
di farne un fantasy ortodosso, pensando a come mostrarlo al contrario mi
venne fuori un personaggio introspettivo, che non era abituato a
conoscere le persone, che non frequentava la scuola e divenne un tipo
ombroso.
- ha qualche punto di contatto con la sua precedente opera hack/sign.
- Ito: seguendo l’ordine, viene prima il romanzo di Zettai Shonen.
- ah, davvero?
-
Ito: per Hack c’è stato comunque prima il videogioco. Quindi prima di
realizzarne l’anime scelsi il protagonista fra i personaggi. Ma alla
fine pare abbia scelto una cosa tipo lo Shinji di Eva.
- (ridono)
-
Il protagonista di Hack in realtà è una ragazza. Stavolta il fatto che
il protagonista sia un maschio è raro per un’opera di Ito.
- Ito: potrebbe darsi.
- Mochizuki, cosa ne pensa di un protagonista maschio? O forse non aveva pensato al protagonista?
-
Mochizuki: no no, il protagonista è lui. però dato che saltano fuori 4 o
5 personaggi fra maschi e femmine con cui si muove assieme, ma non
c’era l’elemento che fosse proattivo, non ne avevo coscienza. E poi nel
capitolo di Yokohama la protagonista era una ragazza, per cui che la
parola “shonen” si legasse a un giovane ragazzo non l’avevo nemmeno
percepito. Se fosse stato un tipo di eroe, modellarlo sarebbe stato
importantissimo, ma in quest’opera non c’è una sensazione del genere.
Alle persone abbiamo mostrato di più l’enfasi della storia. è solo che
Ayumu non ha nessuna capacità superiore, né è lui a fare accadere le
cose. è se ci penso forse è stato inserito solo per dare un punto agli
spettatori. Però guardando alla rete, c’è chi pensa che Ayumu e Miki
siano scritti bene e che siano stati inaspettatamente accettati.
- Danno l’impressione di essere ragazzi moderni, della nostra epoca.
-
Ito: già. Penso che siano relativamente tipici della nostra epoca. Non
che volessi farne dei ragazzi moderni, ma il risultato è stato questo.
-
Mochizuki: è la soria di un ragazzo e una ragazza ordinari in un
Giappone ordinario, per cui sono diventati ordinari. Specialmente, nel
farli moderni non è che volessimo farli egualmente degli hikikomori.
Sarebbe stato troppo strano e ci sarebbe stato un problema di confronto
con altre opere.
- Ito: Penso che in altre opere il metodo di
approccio sia completamente diverso. Non credo esistano altre serie come
questa in cui non succede nulla (ride). La verità è che gradualmente
succedano diverse cose e guardandolo distrattamente sembra che non
succeda nulla.
- al posto di non succedere niente, forse si viene colpiti dalla tensione mentale che qualcosa stia succedendo.
- Ito: be’, se non si fa così non si possono reggere 12 episodi o 3 libri (ride).
-
Mochizuki: Non succede nulla, non c’è un autore e poi succede qualcosa
ma nessuno se ne accorge. Per cui non potevamo aspettarci nulla. C’era
solo una strana tensione mentale a legare tutto. Se per caso fosse
saltato fuori un nemico, non è che la settimana successiva sarebbero
aumentate le aspettative. Il fatto che non sia un’opera del genere. Ho
l’impressione che sia questo il suo bello.
- sì, c’è tensione mentale.
- Mochizuki: vero? l’ho creata volutamente relativamente lenta.
- per esempio le relazioni umane hanno una tensione mentale delicata.
-
Mochizuki: quello è perché anche nella realtà la tensione mentale è
critica. Una cosa del genere. Solo che facendolo così tanto ordinario
anche una tensione mentale di quel grado anche gli spettatori finiranno
con avere tensione mentale, non la pensi così? Mettendoci molto impegno
nella tensione dell’opera, anche una frase come “puoi baciarmi” (con le
onde del mare in sottofondo) dovrebbe risultare buona.
- in effetti, quando la ragazza viene inquadrata fa battere il cuore.
-
Mochizuki: esatto (ride). In principio la tensione era molto bassa, ma
poi è diventata molta. Solo che più che non esserne consapevole, era una
storia che stava realizzando Ito, direi che è la mia regia che si è
adattata alle sue impressioni, ma non era un mio obbiettivo. Non per
quanto riguarda quell’atmosfera opprimente, relativamente ordinaria. Mi è
uscito tutto spontaneamente.
- Ito: probabilmente motivazione e
risoluzione si sono invertiti. Così facendo la storia è diventata a quel
modo e mi son detto che volevo farlo e ha preso questa forma.
- Ito quando immaginava i disegni aveva speranza in Mochizuki, vero?
-
Ito: già. Mochizuki è uno che usa angolazioni assurde con la
videocamera. Se fosse stato una persona del genere non ce l’avremmo
fatta.
- Ha un qualcosa di fetish, vero?
- Mochizuki: in
drammaturgia, certe scene hanno un senso. Sono scene che hanno un
effetto che volevo mantenere, ma in Zettai Shonen i personaggi
camminano, vedono qualcosa, vedono altro e non c’è nessun ulteriore
significato in altre scene (ride). Se avessi realizzato un palcoscenico
del genere, avrei fatto provare noia a tutti.
- In principio gli storyboard dovevano essere realizzati tutti con energia da Mochizuki.
- Mochizuki: ma no, mica voglio farmi nemico Osamu Dezaki!
- insieme (ridono)
-
Mochizuki: Quelli che sono stati eliminati dalla continuity sono i
primi cinque episodi. Inoltre l’ho fatto perché ero entrato molto prima
nell’opera. L’ho fatto perché avevano un ritmo molto diverso, ma il
motivo me lo sono dimenticato. Per cui la prima rotazione me la sono
fatta da solo. Se devo spiegare il perché, questa opera, con questo
tema, con questa atmosfera è che non potevo farla che con un contenuto
del genere. Sì, è stata la prima volta che mi è stato così difficile
spiegare un’opera agli incontri con gli storyboarder e i registi dei
singoli episodi. Avevo il batticuore sperando di non avere una risposta
tipo “che significato ha questa scena”.
- insieme (ridono)
-
Mochizuki: Per cui lo storyboard dei primi cinque episodi lo feci io,
questa è un’opera così. Non c’è un motivo. E poi ecco, si decise che per
ogni episodio non bisognava superare i 250 cut. Di fatto quello che ne
contiene di più ne ha 230. Ma per il capitolo di Yokohama realizzavamo
170-180 cut a settimana.
- sono pochi, eh? qual era il motivo?
-
Mochizuki: Problemi di ritmo, direi. Di fatto anche se lo guardi, 1 cut
non viene percepito come lungo. Con l’esperienza viene percepito come
ordinario. In principio pensavo che anime televisivi da 300-350 cut
fossero eccessivi. Se i cut aumentano, anche i check diventano
difficoltosi (ride). E quindi per questa volta ho deciso così. Avevo
intenzione di fare episodi da 200 cut per cui hanno fatto così anche gli
altri.
- non è stato difficile?
- Mochizuki: No, nei fatti gli
episodi conclusi sotto i 200 sono molti, non è stato nulla di
impossibile. Per me ha dato una sensazione di buon ritmo. Per me succede
spesso che le scene d’azione a 350 cut ti si rivoltino contro.
Location hunting:
Tanna
Yokohama
Nessun commento:
Posta un commento