venerdì 27 ottobre 2023

"Invidio la tua libertà": Riflessioni su una crisi tutta occidentale, identitaria e non solo


L'altro giorno è venuto a farmi visita un mio conoscente di lunga data che non vedevo più da molto tempo. Mi ha contattato privatamente sui social con l'intenzione di vedermi e siamo usciti a cena insieme, a Milano. Per questioni di privacy, lo chiamerò X. 

X ha su per giù la mia stessa età, forse è più vecchio di me di qualche anno. E' fidanzato da anni con una ragazza di status sociale elevato ed è manager in qualche azienda finanziaria. I soldi e lo status, volendo anche la compagnia femminile, di certo non gli mancano. Dato che so che è diventato manager, l'ho portato in un posto abbastanza chic, per non offenderlo. Lui ha apprezzato la cosa e mi ha offerto addirittura la cena. Perché quindi scrivere un post su un'esperienza di vita così banale? Perché ormai, dopo questa ennesima esperienza di persona apparentemente "arrivata" che mi confida un grande disagio esistenziale, sentimentale e psicologico, avverto come una sensazione di "capolinea della società", di "fine dell'umanesimo occidentale", se così si può dire. Ho come il sentore che il mito del successo solitario che noi italiani, figli di una società provinciale e pastorale, abbiamo (forzatamente) importato dagli yankee - successo che poi, insieme all'invidia, è l'ultima roccaforte su cui si basa il nostro sistema di valori post-religioso e post-ideologico -, sia ormai diventato insostenibile, grottesco, e ovviamente perseguibile soltanto mediante l'auto-sedazione (i.e. la dipendenza da sostanze o dal sesso) o surrogati di amore (i.e. il cane, lo psicologo). 


X mi rivela di avere una dipendenza dall'erba; di sfogarsi continuamente sulla sua compagna attribuendole la colpa di un trasferimento infelice in un'altra città e della sua condizione di pendolare; che non sa cosa farsene dei soldi che guadagna; di essersi infilato in una ONG per darsi uno scopo nella vita; di essere ossessionato da un oggetto in suo possesso, che passa molto tempo a curare e lucidare, cosa che ovviamente contribuisce all'erosione del suo rapporto con la compagna (che comunque è consapevole del disagio psicologico del fidanzato convivente e cerca, modulo sicure sofferenze personali, di preservare il rapporto). Il copione, insomma, è sempre il solito: una vita che non viene realmente vissuta; una totale subordinazione a una mentalità piccolo-borghese d'importazione mediatica che causa soltanto infelicità e vuoto interiore; i sintomi di un "disturbo borderline", la demarcazione tra nevrosi e psicosi, che ormai, più che una patologia individuale, sembra a tutti gli effetti un fatto sociale, una fenomenologia diffusa su larga scala. "Ah, ma quando andavo dallo psicologo stavo meglio..." [...] "Ah, ma tutti gli psicologi hanno individuato come causa del mio disagio questo trauma infantile..." Di nuovo, sempre il solito copione che ho sentito anche da molti altri: sembra quasi che il problema sia il dolore che tutti, naturalmente e inevitabilmente, proviamo vivendo, e non invero la disumana società in cui si è costretti a vivere, società che continua a proporre miti irraggiungibili (la famiglia del Mulino Bianco, la necessità assoluta di diventare super manager o super influencer, e se si fallisce, come dicono anche gli psicologi e i patetici life coach presenti in ogni dove, la colpa è soltanto la propria, e così via).  X poi, con un certo narcisismo, mi ha confidato di aver avuto delle idee suicidarie: a momenti gli ho riso in faccia, dato che ho avuto l'esperienza reale di un'amica/conoscente, una ragazza che molto probabilmente per un breve periodo della mia vita ho amato e per la quale conservo un certo affetto, che si era tagliata sul serio le vene - con tutte le conseguenze cliniche del caso -, e assicuro a tutti che i fatti e le parole sono cose ben diverse e distinte: è come paragonare un macigno a una piuma. Gli ho poi spiegato tutti i vari dolori reali, miei e delle persone più sfortunate di me che ho incontrato nel corso dei miei più recenti anni di vita. Lui ha capito di aver detto delle stronzate, di essere stato un tantino infantile. Mi ha quindi ringraziato per schiettezza e la sincerità. Gli ho infine raccomandato di preservare l'unione con la sua compagna, come faccio un po' con tutti quelli che si confidano con me in merito ai loro problemi di coppia: dato che io in queste cose ho fallito, cerco almeno di non far fallire gli altri. 


"E non hai una donna?" mi ha chiesto mentre ci fumavamo una sigaretta, rendendosi conto durante la discussione che al giorno d'oggi è molto difficile trovare una partner di valore della quale potersi fidare e con la quale costruire un qualcosa insieme, soprattutto in città. Gli ho risposto una cosa del tipo "no, non ho neanche voglia di cercarla. Accetto la mia solitudine, in modo rassegnato". Questo discorso lo ha colpito parecchio, dato che evidentemente lui è una persona incapace di reggere il peso della solitudine. Mi ha fatto quindi un discorso sulla libertà, se ricordo bene, dicendomi che io ero libero, mentre lui era prigioniero di infinite catene e costrizioni sociali, stile Lady Oscar nuda in mezzo alle spine (sic!). Gli feci notare che libertà la si paga con la solitudine, ritornando al punto focale del discorso. Molto probabilmente, in una società che si dice gratuitamente libera, la libertà è la cosa che ha il prezzo più alto da pagare in assoluto, in tutti i sensi. E ricordiamoci che la libertà è una cosa relativa, non assoluta: c'è la forza di gravità, ci sono le necessità fisiologiche, e così via. C'è anche la necessità, che deve sempre essere accompagnata dalla capacità, di amare e di essere amati, cose su cui le persone sembrano avere parecchi problemi, e ciò è preoccupante per la tenuta del genere umano. Come ho già scritto da qualche parte, senza amore la razza umana va in autoconsunzione. Nonostante siano tutti incazzati con le religioni, esse sono nate proprio per obbligare gli uomini ad amarsi tra loro, e per riempire il vuoto interiore che poi, volendo fare i pragmatici, è la causa principale dello sfaldamento del rapporto di coppia e quindi del calo delle nascite: i depressi, oltre a essere infelici e privi di empatia, sono sterili.   


Rimanendo sul discorso figli, quando lui mi ha rivelato di desiderarne alcuni, gli ho fatto notare che mia madre, per starmi dietro, aveva rinunciato a un posto di prestigio a Bruxelles, in cui avrebbe potuto fare una carriera con la C maiuscola, che per di più l'avrebbe fatta riscattare socialmente. Io stesso ragionerei a questo modo se, ipoteticamente, avessi una compagna con cui poterne fare. In tutto questo, oltre all'educazione delle due donne di provincia che ho ricevuto, c'è anche lo zampino di Gurdjieff, che indirettamente mi ha insegnato che nel momento in cui nasce un figlio, la propria vita finisce perché va quasi interamente dedicata a quella fiorente. Inutile dire che quando entro in confidenza con alcune persone "normali" e gli spiego questo banale insegnamento di un mistico armeno di inizio novecento, si scandalizzano: i figli devono essere dei bambolotti/oggetti da lasciar lì all'asilo nido, e a cui fare le foto per metterle su Instagram mentre si fa la bella vita/carriera. Di mio penso che piuttosto di fare a questo modo, i figli sia meglio non farli proprio, soprattutto tenendo presente le ininterrotte, nonché sempre più capziose e disabilitanti, pulsioni esterne alle quali verranno sottoposti dai media, dai social e, più in generale, dal progressivo decadimento urbano e dei valori umani più basilari: abbandonare un figlio a se stesso nel mondo di oggi, significa condannarlo ad atroci sofferenze psicologiche. E continua quindi così la sceneggiata dell'autodistruzione, almeno fino a quando non entreranno in gioco direttamente delle belle bombe atomiche che ci spazzeranno via tutti, il cui unico pregio sarà quello di cancellarci via dalla faccia della Terra e quindi di non farci più impazzire dietro a illusioni, falsi miti di successo e a un'egoismo solipsista, infantile e borderline che nella sua grettezza ha addirittura superato quello macchiettistico degli abitanti della distopia di Brave New World di cui quel visionario di Huxley (non mi stupirei affatto se una non troppo futuristica razza umana di depressi sterili e drogati, in cui le religioni e le filosofie sono state completamente sradicate, non ricorresse alla creazione artificiale, e quindi industriale, di nuovi individui, magari con un bel chip piantato nel cervello fin dalla nascita, per la gioia dell'hi-tech yankee).  

9 commenti:

  1. "Di mio penso che piuttosto di fare a questo modo, i figli sia meglio non farli proprio, soprattutto tenendo presente le ininterrotte, nonché sempre più capziose e disabilitanti, pulsioni esterne alle quali verranno sottoposti dai media, dai social e, più in generale, dal progressivo decadimento urbano e dei valori umani più basilari: abbandonare un figlio a se stesso nel mondo di oggi, significa condannarlo ad atroci sofferenze psicologiche."Se si vogliono fare figli si deve essere disposti al sacrificio ,alla rinuncia della propria libertà(intesa come assenza di responsabilità di quel tipo)e interrogarsi se si è capaci di amare e avere voglia di dedicare tempo ad un altro essere umano(altrimenti è molto meglio dedicare il tempo ai simulacri).è andato perso il concetto di privacy e "sacralità" della propria vita privata(compagni/compagne/figli postati con estrema facilità,visibili e salvabili su hardisk anche da persone di dubbia moralità)

    RispondiElimina
  2. Il guaio di sto mondo è che sono riusciti a far diventare i vizi dei ricchi la ragione di vita dei poveri

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E con l'ascensore sociale bloccato, e soprattutto con vette illusorie che una volta raggiunte si rivelano miserabili, se fallisci è sempre "colpa tua". Detto questo, il povero ormai non è neanche più "proletario". Una volta si chiamava così perché aveva la prole, la famiglia, e viveva in funzione di quella. I "poveri" della Pirelli anni venti, ad esempio, avevano la casa di proprietà vicino allo stabilimento (l'ex Borgo Pirelli). I poveri del 2023, invece, vanno avanti di mutui e affitti, oltre che di illusioni, app di dating e droghette varie (anche gli psicofarmaci sono droghe). Le classi dirigenti del passato incentivavano la natalità perché così avevano un bacino ininterrotto di manovalanza da cui attingere; le classi dirigenti di oggi, invece, questa manovalanza o la prendono dai paesi mussulmani (soltanto più loro fanno i figli, praticamente) o, per poterli sottopagare, si affidano agli agi derivanti dai soldi dei nonni/genitori dei dipendenti (almeno in Italia), vendendo loro nel frattempo narrazioni del successo stupide a cui possono credere soltanto dei ritardati. Peccato che un giorno i soldi dei nonni/genitori finiranno completamente, e che l'occidente sia chiaramente intenzionato a sradicare l'Islam - vedasi la violenza delle autorità francesi, e ricordo che la Francia è "la culla della Ragione". Togliendo le religioni, come scrivo nell'articolo, abbassi il tasso di natalità. Abbassando la natalità, non hai neanche più gente da sfruttare. Si passerà ai robot o alla produzione in serie di esseri umani, non vedo altre strade.

      Perdona il WOT, chiunque tu sia, ma il tuo commento è stato tanto essenziale quanto interessante.

      Elimina
  3. Io non riesco a capire come persone adulte concepiscano il sesso con una persona come un mero atto fisico o comunque solipsistico.
    Frequentando una persona, anche a scopo puramente sessuale, credo sia inevitabile averne poi una valutazione e dei sentimenti per essa in toto. Repulsione, simpatia, affetto.

    Cose che con un porno o simili ovviamente sono impossibili.

    Non so manco che senso abbia accettare la solitudine .... una cosa che ho sempre reputato davvero molto adulta è il sesso al di fuori di una relazione con prospettiva anche vaga dj matrimonio. Ci può essere affetto, anche senza alcuna prospettiva... casomai una bella ragazza ha piacere a passare qualche notte e weekend con te parlando di Celine o dei vostri interessi in comune. Sentono la solitudine anche loro eh.

    Boh.

    Credo le religioni e il rito del matrimonio non servano per obbligare gli uomini a stare insieme, ma sono la culturalizzazione di un impeto profondo. In questo caso direi post coitale.

    Infatti sono le società della vergogna a soffrire piu la denatalita, chi ha in spregio il sentimento senza coazione fa quel che si vede oggi

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Bisogna avere una certa lucidità mentale per capire che le famose "trombamicizie" sono ambo le parti atti di sottile autolesionismo o meri palliativi, destinati poi a terminare in un nulla di fatto e di ottenuto. Sono cose possono andare bene da universitari, tipo i figli di papà "impegnati nel sociale" che organizzano orge con la scusa dello sfruttamento patriarcale (mi viene quasi da ridere). Il fatto è che queste narrazioni, per quanto ancora comuni, non reggono più. Infatti i suddetti figli di papà, o figli dei nonni che è la stessa cosa, un giorno, finite le orgette, scopriranno la bamba, e poi ancora scopriranno lo psichiatra e il CSM. Ma è tutto normale, eh. "La colpa è la loro".

      Elimina
  4. "Io non riesco a capire come persone adulte concepiscano il sesso con una persona come un mero atto fisico o comunque solipsistico.
    Frequentando una persona, anche a scopo puramente sessuale, credo sia inevitabile averne poi una valutazione e dei sentimenti per essa in toto. Repulsione, simpatia, affetto."
    Credo dipenda da come si vede il prossimo(se come un essere degno di rispetto o solo come mero oggetto di compagnia/simulacro) e/o anche come si vive il sesso(se come strumento di condivisione/amore o controllo/potere/distruzione).La solitudine può dare una certa sensazione di controllo e il piacere/tranquillità di evitare i problemi che sorgono con gli esseri umani.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il vero problema è che a parte le narrazioni di convenienza che si costruiscono sul sesso fine a se stesso, si tratta pur sempre di un atto di disinteresse reciproco, di un piacere momentaneo che non porta a niente. Tant'è che spesso finisce che una delle due parti inizia a provare qualcosa e l'altra deve troncare, cosa che trovo abbastanza crudele. Un altro discorso è scopare con chi si ama, che è un altro paio di maniche.

      Sulla solitudine, credo sia una condizione ontologica dell'essere umani. C'è comunque più "solitudine cattiva" che "solitudine buona" in giro. Poi, solitamente, chi è "solo" in senso buono, ha comunque un certo giro di amici fedeli e onesti, mentre invece il "solo" in senso cattivo si illude e tende a compensare le proprie nevrosi con comportamenti compulsivi.

      Elimina
    2. Mah sai, credo che vedere il prossimo come un oggetto, se ci si fa sesso insieme, sia una sorta di protezione mentale del debole.

      Ricordo ancora... forse l'autismo è solo un meccanismo di autodifesa dalla troppa empatia. L' AT field.

      Anchd vedere il sesso come forma di potere/controllo/distruzione... ma potere su che.

      Una buona regola potrebbe essere cercare solo partner sessuali estremamente intelligenti per tirarsi fuori da tali circuiti che sono dannosi per tutti.

      Mi viene in mente il soliloquio di Proust sugli omosessuali all'inizio di Sodoma e Gomorra I. Gli appartenenti ad una specie diversa si riconoscono al primo sguardo... mi capita spesso così

      Elimina