domenica 27 giugno 2021

La carrozza, il cocchiere e i cavalli

 

Nella mia adolescenza, fui un avido lettore di G.I. Gurdjieff. Ora che Battiato è morto, addirittura su Wikipedia leggo che il famoso "Centro di Gravità Permanente" viene associato all'insegnamento del mistico armeno, cosa che quando avevo 14 anni non era così alla portata di tutti. A giudicare da qualche intervista che ho trovato su Youtube, il cantautore aveva letto i Frammenti di un Insegnamento Sconosciuto, che era la prima parte dell'adattamento del matematico P.D. Ouspenski degli insegnamenti di Gurdjieff, dato che quest'ultimo non badava alla formalizzazione del suo esoterismo, ma parlava per metafore e tendeva e prendere in giro gli interlocutori troppo bloccati nel loro ego. Pensandoci bene, anche se Wikipedia lo trascura (non l'ho mai ritenuta una fonte d'informazioni affidabile, ma mi stupisce che parli di Battiato e G.), "La Cura" è ancora più Gurdjieffiana de il "Centro di Gravità Permanente", dato che parla di amore incondizionato (a questo ci arriveremo più avanti). Fatto salvo ciò, gli insegnamenti del mistico erano stati calibrati per il mondo post-rivoluzione industriale: la "Quarta Via", che è altresì il nome del "sequel" de i Frammenti, il libro di cui parla Battiato, è invero il nome della via spirituale che l'uomo moderno (post-moderno diremo nell'oggidì) dovrebbe intraprendere, essendo diverso dai fachiri, dagli yogi e dagli asceti del passato, che erano modelli di vie "di altri tempi". Un uomo del '900 aveva bisogno di temprare il suo spirito convivendo con i vizi e le comodità figlie dell'industrialismo. Sebbene sia stata poco conosciuta fino a dieci/quindici anni fa (ma ora vedo che l'internet è pieno di siti e associazioni a tema, sebbene siano legittimamente dubitabili), la figura del mistico/troll armeno è rimasta ben scolpita nella cultura umana: oltre al nostro amato Battiato, anche Frank Lloyd Wright, Pamela Lyndon Travers e Robert Fripp erano tutti suoi allievi, diretti o indiretti a seconda dell'età (Fripp addirittura creerà una scuola chitarristica, la guitar craft, basata sul "progetto di perfezionamento dell'uomo" elaborato da Gurdjieff, per il quale musica e danza erano fondamentali). 


A sx Ouspenski, a dx Gurdjieff.

Ma qual è qundi lo scopo di questo articolo? L'ennesimo osannamento della figura del baffuto, come tanti ce ne sono su internet? No. In questo post vorrei semplicemente mettere in relazione ciò che dice Gurdjieff, che aveva conosciuto soltanto il fordismo, ossia l'industralismo pesante e la Belle Epoque, con un mondo come il nostro, ossia fluido, liquido e informatizzato (e quindi frutto di un industrialismo "molle", come intendeva Bauman). Se per Gurdjieff il problema poteva essere che l'uomo agisse come una macchina rispondendo senza pensare a stimoli esterni (vedasi le grandi guerre mondiali: "noi abbiamo soltanto eseguito gli ordini", Norimberga, 1945), allo stesso modo di un operaio in una catena di montaggio (Chaplin, "Tempi Moderni"), nell'oggidì l'uomo non è neanche più macchina: è tornato bambino e non è in grado di crescere, di costruire rapporti/relazioni durature, di dissociarsi dal proprio solipsimo da fase orale (il senso di onnipotenza piacevole di chi succhia illimitatamente il seno della madre senza curarsi di cosa provino gli altri; la "mammella consumistica" di cui parlava Eric Fromm). Pertanto nella nostra epoca è tutto molto più complesso e problematico di quanto fosse in passato. Certe volte mi chiedo: cosa direbbe Gurdjieff se fosse ancora vivo? Come accennavo, il mistico parlava per metafore. Molto probabilmente la più "famosa" è quella che dà il nome a questo post: l'uomo è come una carrozza trainata da cavalli (vedasi figura).


I cavalli sono le emozioni, come possono essere le ansie, le paure, la gioia ecc. In particolare, G. aveva molto da dire sulle emozioni negative: data la nostra evoluzione di macchine biologiche programmate per la sopravvivenza (Gurdjieff parla di uomo macchina e del bisogno di conoscere il suo funzionamento), esse per forza di cose esse sono ben radicate in noi, e vanno tenute sotto controllo mediante la consapevolezza del sé. Quante volte nei libri di Ouspenski si legge di emancipazione dalle emozioni negative, data la loro inutilità e dannosità. Le quali, oltre alle ovvie motivazioni biologico-evolutive, provengono altresì dal nostro passato, dai nostri traumi e dalle nostre necessità di sovracompensazione di squilibri psicologici. Insomma, nell'insegnamento di G. vi era già la psicologia analitica.  

Il cocchiere è la mente, che in teoria dovrebbe tenere sotto controllo le emozioni, il fluire di pensieri negativi o inopportuni, in pratica tenere in-check l'inconscio (altro nome che si può dare ai famosi cavalli, per quanto possa sembrare fuorviante). La carrozza è il corpo, ed è il fondamento dell'esistenza umana: se il corpo si rompe o non va avanti, il tutto si ferma, o se il corpo è gravemente danneggiato, non c'è alcun margine di auto-miglioramento. L'anima poi è il passeggero, e la fenomenologia di essa è la coscienza, la capacità di osservarsi dal di fuori e di mettere in discussione le cose, anche le scelte del cocchiere. Questa è l'unica differenza tra umani e animali, volendo. Per il mistico comunque l'anima andava sviluppata così come le altre parti del sistema uomo: anch'essa è cosa naturale e la natura, essendo impersonale e immorale, elargisce soltanto il minimo indispensabile per la riproduzione e la sopravvivenza: ciò che va al di là di queste due cose va conquistato col lavoro (in questo caso su di sé) e la fatica. L'anima crescerà di conseguenza, e pertanto non è immortale e aprioristica come la si intende nel Platonismo, ma una cosa che può permanere un tot di tempo dopo la morte se l'uomo che ne è titolare ha lavorato molto sulla sua consapevolezza/coscienza, guidando bene i cavalli senza danneggiare eccessivamente la carrozza. Le nevrosi infatti, se vediamo i cavalli come l'inconscio della psicanalisi, sono dovute alla debolezza del cocchiere, che non è in grado di guidarli (oppure i cavalli sono così frustrati e aggressivi da risultare incontrollabili anche per un buon cocchiere). 

 

Fosse ancora vivo, data la società iperconsumistica e sessualizzata in cui viviamo, a parer mio G. avrebbe sostituto i cavalli con un mandrillo perennemente in calore, che trascina la carrozza danneggiandola e facendola sbattere ovunque (questa visione così puntuale la devo all'amico Gualtiero Cannarsi). Il cocchiere si sarebbe ficcato due dita negli occhi per non vedere la strada davanti a lui, dato che la meta non esiste più e riconoscere questa cosa è troppo doloroso; per non parlare poi della gestione della carrozza, alla quale il cocchiere non riserva alcuna attenzione, perché è troppo impegnato a seguire il mandrillo (anzi, certe volte può concorrere alla sua distruzione, si pensi all'autolesionismo, un fenomeno sempre più diffuso nella nostra epoca). In tutto questo, l'anima ha seri problemi a venire fuori: si parla pertanto di morte dello spirito, di "morte di Dio". Di animalizzazione della società, citando Azuma Hiroki. Il liberismo è infatti l'esaltazione dell'ordine naturale, che è di base ingiusto e amorale: la dose di disordine che la natura elargisce, in questa società dell'entropia, viene aumentata ulteriormente. Ne verranno fuori individui deboli e nevrotici, sia dal punto di vista maschile che femminile, congelati nella loro "fase orale" a trazione mandrillica. Ma al di là degli individui stessi, nel liberismo chi ha più potere ha tutto il diritto di approfittarne in modo sconsiderato: da qui l'esercito di persone tagliate fuori da qualsiasi cosa, dal lavoro alla possibilità di avere una relazione sentimentale.

 
Gurdjieff  & Aranjuez.

Altra metafora simile a quella della carrozza è quella della casa con i servi collocati malamente, ad adempiere mansioni non gli competono. L'uomo è quindi come una casa in cui il maggiordomo prepara da mangiare, il sarto lavora il giardino, il giardiniere pulisce il tappeto e così via. C'è quindi una sorta di caos entropico all'interno di noi e di base manca un'ordine nella gestione della propria interiorità. Gurdjieff fa poi intendere che lavorando su di sé seguendo i suoi insegnamenti, in un processo simile a quello d'individuazione junghiano, l'uomo diventi in grado di eleggere un "maggiordomo interinale" in grado di stabilire i ruoli corretti dei vari servitori. Una volta ristabilito l'ordine, il padrone di casa, ossia l'anima, potrà tornare ad abitare nella sua dimora. Leggendo la testimonianza di Frietz Peters, che era allievo diretto di Gurdjieff, si nota che il mistico buttava giù senza troppi problemi la maschera di chi gli stava davanti: se a uno piaceva mangiare, lo faceva stare a diguno; gli intellettuali venivano mandati a fare lavori di fatica; chi era timido veniva messo a contatto continuo con gli altri; chi era molto socievole ed estroverso veniva messo in isolamento; chi era altezzoso e pieno di sé veniva umiliato e così via. Egli poi organizzava gite in macchina con i suoi discepoli, nelle quali guidava molto pericolosamente, spesso andandasi a cercare situazioni al limite dell'incidente mortale. Tutto ciò per fornire gli "shock addizionali" che secondo lui erano necessari per accrescere la consapevolezza e la lucidità umane: la comodità veniva vista come nemica, e lo stesso Peters era sottoposto ad una routine sfiancante. Nel suo libro leggiamo inoltre un Gurdjieff che parla per metafore della Natura e del suo poco curarsi dell'uomo, del suo dare, sempre in modo sbagliato e  ingiusto, come se l'universo fosse un albero che elargisce frutti destinati a cadere e a marcire. Nei Frammenti addirittura viene detto che la Luna si nutre delle anime degli uomini, una visione molto fantasy del meccanicismo dell'universo e del fatto che l'uomo ne sia una vittima impotente. L'albero cosmico, che per gli gnostici era il raggio di creazione, e per i kabbalisti il cammino delle Sephirot, per G. era soggetto alle leggi delle ottave. Ossessionato, come accennavo, dalla musica, secondo il mistico ogni storia intrapresa nell'universo seguiva il percorso delle sette note, ma quando si arrivava ad un semitono nel percorrere la scala Do-Re-Mi-Fa-Sol-La-Si-Do, le cose deviavano e andavano fuori dalle intenzioni originarie di quanto si era intrapreso.

Cerco un centro di gravità permanente...

Un esempio di legge delle ottave può essere una relazione sentimentale: si parte con le migliori intenzioni, poi arrivano delle difficoltà, degli scossoni/semitoni, e il tutto prende pieghe inaspettate più o meno dolorose. La metafora è analoga a quella di cui parla Battiato nell'omonimo brano: se uno vuole superare i semitoni/deviazioni/intervalli entropici che trova nel corso della sua esistenza, e che sono inevitabili data conformazione stessa dell'universo/natura, deve avere un "centro di gravità permanente", ossia un cocchiere capace di guidare  i cavalli o un buon maggiordomo interinale che regoli efficacemente le mansioni della servitù nella sua dimora interiore.  Un centro di gravità (im)permanente servirà soltanto ad entrare in contatto con l'esoterismo, ma senza alcun lavoro attivo di miglioramento del sé - il cui primo passo è la capacità di correggere i propri errori e di fare autoanalisi -, sarà destinato a svanire.  


Fino a qui sembrerebbe, da queste pillole introduttive che ho fornito su G., che il suo sia un pensiero mirato esclusivamente all'individuo, ma ciò è sbagliato. L'uomo deve migliorarsi per fare poi del bene agli altri una volta che sarà dotato di centri di gravità permanenti, maggiordomi interinali ecc. Questo è davvero molto difficile da comprendere nell'epoca in cui viviamo, che spinge l'acceleratore sulla solitudine individuale, vista come positiva, e circoscrivendo le persone in una sorta di solipsismo assoluto nel quale nulla di noi stessi può essere osservato o criticato. La "fase orale" della società di cui parlava Fromm è ora più attuale che mai, e le persone, allo stesso modo dei neonati, si attaccano alle mammelle confortevoli fornite loro da un mondo informatizzato e delocalizzato nel quale soltanto il consumo in sé stesso, non importa di cosa, è il paradigma assoluto dell'esistenza. Sia per le donne che per gli uomini, anche solo arrivare a capire che chi hanno davanti è una coscienza, è un problema. Ne La Malinconia di Haruhi Suzumiya, il momento cruciale è quando la protagonista, che si crede Dio perché è in fase orale, va nello stadio e capisce che esistono anche altre persone staccate da lei. E' una fase indispensabile della crescita, sia umana che spirituale, ma nella nostra epoca viene soppressa o si manifesta troppo tardi, dacché è la norma rimanere bambini anche in età avanzata (la cosiddetta sindrome di Peter Pan, alla quale conferisco un'accezione negativa).

Ops, esistono gli altri, non esisto solo io e ciò che proietto su di loro.

 

Gurdjieff senz'altro era già a conoscenza della "fase orale", tant'è che un episodio raccontato da Ouspenski vedeva il mistico nell'atto di visualizzare il centro di gravità di due persone, una insignificante, ordinaria, e l'altra apparentemente talentuosa e brillante. La prima, in trance ipnotico, rivelò grande sensibilità filosofica, spirituale e artistica. La seconda, molto probabilmente un professore universitario, si lamentava di avere fame, e reclamava una fetta di torta. Il consumo era in pratica la sua unica essenza. Non vi erano ancora ragazzine tatuate pieni di tagli sulle braccia con la famiglia in crisi dedite a cercare vaghi consensi sessuali da parte degli incel su social come Instagram o Onlyfans, ma la società si stava comunque modellando sull'industrialismo pesante (per quella di oggi Bauman parlava di industrialismo leggero, o liquido: vedasi questo post).

 

Al giono d'oggi, molto probabilmente essere esoteristi vuol dire essere casalinghe annoiate o finti santoni in cerca di sesso che ripetono le pappardelle che leggono a memoria, mentre nel frattempo fanno tutto il contrario di quanto assimilano, senza capirne molto. La realtà è che leggere i libri di G. o di altri esoteristi può aiutare, come fece con me in passato, ma nel momento in cui si rimane nel proprio ego, o nella propria intermittenza di "fasi orali" alternate a lucidità (sempre se uno ha il dono di averla, anche solo a tratti), conoscere le teorie di Gurdjieff può rivelarsi completamente inutile. Una persona può leggere tutto l'esoterismo che vuole, avendo anche centinaia di seguaci, ma se non sa amare, non lo ha veramente compreso. Anche l'amore, come la crescita individuale e spirituale, procede per gradi: si passa dall'innamoramento giovanile, all'amore verso una persona con gli scriocchiolamenti dovuti all'ego, alle alternanze di fasi orali tipiche della nostra epoca e alle difficoltà di comprensione reciproca, fino ad approdare, se si continua a guardare dentro di sé e a crescere, a quello di cui parla Battiato, ossia il "dare senza la pretesa di ricevere". E qui si arriva a "La Cura", che è il brano più Gurdjieffiano di tutti: lo sviluppo armonico di un essere umano, se effettivamente avviene, lo rende veramente capace di amare. E l'amore è l'unica cosa che può sconfiggere le ingiustizie perpetrate della Natura, correggendole. Rimane in conclusione il fatto che la vita è l'unica vera maestra, e vivere vale di più dello studio, sia dei libri che delle nozioni teoriche sull'esoterismo, sulle cose umane o sull'esistenza in generale -  "J'étais trop jeune pour savoir l'aimer", citando Le Petit Prince. La pioggia bagna il suolo in ogni punto allo stesso modo: dipende dalla natura e conformazione di quest'ultimo se verrà fuori un aquitrino o una piantagione rigogliosa e piena di vita.

 
Battiato sull'amore.

41 commenti:

  1. https://www.pluschan.com/topic/6527-il-massimo-sforzo/

    :-)

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    1. In effetti quella discussione lì era l'embrione di questo post! ;)

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    2. Soprattutto, ti prego di tributarmi la paternità della gaia e amena immagine del mandrillo ingrifato che traina la carrozza. :-D

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    3. In realtà credo siano ben altre le emozioni che trascinano la maggior parte degli uomini, oltre che quelle della sfera sessuale.

      Queste ultime mi sembrano preeminenti in soggetti con buon intelletto che riesce ad avere controllo freddo del campo emozionale ma non della spinta sessuale, cui soggiace in modo ancor più eclatante di altre persone cue casomai sono tirate qua e la da molte alyre emozioni.

      Mi vengono in mente persone vere, e come personaggio sicuramente molti di Nabokov. H. H. ma non solo...

      Non Van Veen di Ada

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  2. La mia sensazione e ci sia una societa priva di spessore interiore. Non so come dirlo, e una sensazione.

    Questo può dar vita a bestie ipersessualizzate, ma anche a ragazzi a cui piace troppo romanzare, o che non vogliono vedere le miserie nelle quali vivono chiudendosi nel loro mondo interiore.

    Queste sono tendenze umane, e come se lo spessore interiore, che in altri termini si potrebbe chiamare crescita, evita tali degenerazioni.

    E ciò su cui ho lavorato fin da ragazzo, teenager, accorgendomi che l'esperienza, ciow che si esperisce, abbia preminenza su ciò cje si pensa.

    Banalmente avevo una cultura da vecchio, ero un ragazzino. Non poteva che saltarmi all'occhio. Avessi scritto la Neo Geo Bible o fatto le traduzioni dei videogiochi casomai sarebbe stato meno evidente, e mi sarebbe sfuggita la cosa.
    Sono stato fortunato dopo a poter vivere un po. Certo ho forzato la mano del destino facendo scelte insolite.


    Bella la carrozza, e una genialata.

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  3. "Rimane in conclusione il fatto che la vita è l'unica vera maestra, e vivere vale di più dello studio, sia dei libri che delle nozioni teoriche sull'esoterismo, sulle cose umane o sull'esistenza in generale "

    Ho fatto anche il precedente commento con anonimo scordando di firmarmi. Se puoi firmato tu.


    Proprio per questo ti facevo notare come - per sue stesse dichiarazioni - Battiato non abbia mai vissuto una storia di amore.

    La cura infatti e falso, e un desiderio di amare. Basta.

    Prova a sentire Ivan Graziani, o Rino Gaetano.

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    1. Battiato non è Gurdjieff, che era sposato, e l'amore non è soltanto quello tra uomo e donna. L'amore di cui parla questa gente qui è quello universale, quello per il prossimo. Che poi ovviamente si può esercitare tra uomo e donna se se ne è in grado.

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  4. Queste cose che scrivi, a chi ha avuto una famiglia davvero, senza divorzi e senza isterie, parrebbero follie.
    Certo si puo provare amore per una mentecatta, indipendentemente da tutto, ma non e coronare un sogno d'amore, qualcosa a cui ambire, e amare una mentecatta...

    Tra adulti non esiste l'amore senza condizioni, perche tra due persone sane di mente e *adulte*, - ovvero dopo il tempo del corteggiamento - c'e reciprocita.

    Se ti capita parlane con qualche adulto che ha avuto un matrimonio lungo e felice. Tanto io sono un pornobebe.

    C'e sempre un limite, poi diventa stare accento ad un mentecatto/mentecatta.

    E un discorso irreale, molto da cartone animato, da single a vita come battiato.

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    1. Non esistono matrimoni completamente felici, ci saranno sempre attriti e problemi da risolvere insieme. La tua è una metanarrazione bella e buona. Oppure ti fanno vedere una facciata e non sei in grado di vedere l'altra, perché hai un background medio-borghese che te lo impedisce (aka la metanarrazione del Mulino Bianco). Il tuo è un discorso irreale.

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    2. Sicuramente si...

      Ma ci sono gradi e gradi. No, la mia idea di matrimonio felice non e quella Mulino bianco. E una sensazione che si ha parlando con le persone. Cosi, al buio.

      Poi casomai dopo vieni a sapere anche fatti reali.

      In realta non e magia, e che i fatti reali modellano la psiche della persona a cui accadono, e accadono alle persone in base alla loro psiche.

      Per esempio nel gruppo di amici dei miei genitori non c'e una - e dico una - singola coppia di divorziati. Sono 50enni,della stessa eta di shito. E pieno di divorziati in quella eta.

      In un mio gruppo whatsapp di pochi amici, io sono l'unica che ha perso la ragazza storica.per gli altri tutti dura ancora. Come dire affinita elettive.

      Ricordo ancora Shito 10anni fa dire che era molto improbabile cio, e io ribattergli in quel modo. Ovviamente c'e il dato statistico. E poi come ognuno vive, con statistiche differenti per ogni fenotipo umano.

      Non ho 1 singolo amico, dico 1 che abbia lasciato la ragazza y perche x gli piaceva di piu. Casomai traditori seriali si, pero in un certo senso sempre fedeli e riconoscenti. Sai tipo che non sono mai stati troppo giovani per sapere l'amare. Anche quella e una frasaccia cerebrale a mio avviso, perche l'amore si impara mentre si vive, con la persona giusta. Al piu si puo essere troppo vecchi per imparari, con troppo substrato ahime. :/

      Infatti, pur non conoscendo Gurdjeff se non quel che ne sto leggendo qui, quello originariamente suo mi sembra sensato.


      Tutto questo per dirti ancora una volta che come ho molto amato Battiato, e amo molto le csnzoni d'amore, non mi e mai piaciuto la cura. L'ho sempre trovata disgustosa, falsa poiche cerebrale come infatti poi è.

      Per dire mi viene in mente l'emozione non ha voce di Celentano e la trovo piu carina

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    3. " Casomai traditori seriali si, pero in un certo senso sempre fedeli e riconoscenti."

      Traditori fedeli. Wow

      Celentano è intenso come gli egizi?

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    4. Nel senso ripensavo ad un mio amico... Ricordo da ragazzi le contavamo le tipe che riusciva a portarsi a letto. Tipo avevamo 20anni, stava a 29-30 etc.
      Cmq bei numeri.

      Pero in fin dei conti si e preso sempre ragazzine a cui ha voluto un sacco di bene come compagne,sempre lasciato lui, ha avuto sempre cura di loro. 2 serie.

      Non credo gli sia mai passato per la testa di abbandonarle per avventure occasionali, tanto che ora e single.

      Di celentano non ascolto nulla, mi era venuta in mente quella perche ha alcune assonanze con la cura, ma la trovo piu vera. Poi sono anche delle stesso periodo se non sbaglio.

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    5. "Ricordo da ragazzi le contavamo le tipe che riusciva a portarsi a letto. Tipo avevamo 20anni, stava a 29-30 etc.
      Cmq bei numeri."

      Wow, che bravo. C'è un premio? O è materiale per la stesura di una pornobebè guide per noi umili bassolocati?

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    6. Ci ero arrivato - e se rileggi tutto lo noto-per dire come amare e prendersi cura della propria donna sia una cosa comune e naturali per chi lo vive e ne ha l'inclinazioni. Quelli nati imparati. Da cui la sensazione di artificiosita, adolescenzialita, che mi ha sempre dato la cura.

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  5. Soprattutto, il fattore /t/ e il fattore /T/ si intreccianodì, ed è un casino.

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  6. Gurdjieff l'ho conosciuto tempo fa, proprio mentre cercavo notizie su Battiato che mi è sempre piaciuto moltissimo, a parte La Cura che proprio non mi è mai scesa. Perché superare lo spazio e la luce per non farti invecchiare? Si invecchia eccome, accidenti!

    \\\

    Di coppie storiche che si sono cornificate ne ho viste diverse e qualcuna lo fa ancora, ma penso che ciò che fa schifo a me possa essere la felicità per qualcun altro, e ci mancherebbe!
    Io non sono nessuno per giudicare gli altrui equilibri, fintanto che nessuno si fa male e nessuno ci resta male, specie eventuali minori coinvolti. Alla fine, ogni coppia deve trovare il proprio modo peculiare di dare ordine al caos. Penso anche che, talvolta e in certi casi, il/la fidanzato/a storica possa stare stretta in un'età in cui, per alcuni, gli appetiti sessuali - o la curiosità verso altri lidi per i più mentali - sono più robusti. Basta sempre prendersi non tanto per affinità elettive, che mi pare una roba desueta, quanto per visioni/obiettivi e equilibri che combaciano sufficientemente.

    Certo, ci si prende cura vicendevolmente ed è quello il senso di un rapporto duraturo, ma sempre con un limite sensato, perché prendersi cura ad libitum di un adulto mi viene più da chiamarlo volontariato. Ma questa è la mia personalissima visione ed io sono io e non un altro.

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  7. >Nell'oggidì l'uomo non è neanche più macchina: è tornato bambino e non è in grado di crescere, di costruire rapporti/relazioni durature

    Io dico che molti bambini sono anche più capaci in questo di tanti adulti.

    >Ma al di là degli individui stessi, nel liberismo chi ha più potere ha tutto il diritto di approfittarne in modo sconsiderato: da qui l'esercito di persone tagliate fuori da qualsiasi cosa, dal lavoro alla possibilità di avere una relazione sentimentale.

    Qui riassumi in breve il problema più grosso della società che stiamo vivendo. Alla fin fine una società civile dovrebbe porsi delle domande costantemente: mettersi in discussione, cercare di capire se ci sono dei problemi ed eventualmente provare a risolverli tirando fuori delle idee. Tutto questo oggi non accade minimamente: il più forte si prende tutto, il più debole perde e si infila in tunnel di depressione, psicologi o psichiatri, farmaci, lavoretti precari, singletudine o vita sentimentale precaria e poco soddisfacente. Il tutto giustificando con la famosa frase: non sei abbastanza vincente, che vista da un'altra prospettiva la si può anche leggere come se la società se ne lavasse le mani e lasciasse correre gli eventi un po' troppo.

    >E l'amore è l'unica cosa che può sconfiggere le ingiustizie perpetrate della Natura, correggendole. Rimane in conclusione il fatto che la vita è l'unica vera maestra, e vivere vale di più dello studio, sia dei libri che delle nozioni teoriche sull'esoterismo, sulle cose umane o sull'esistenza in generale.

    Pienamente d'accordo su questo. Lo scopo di una società civile dovrebbe essere quello di aggirare la natura, laddove possibile e laddove sia giusto, in nome di un ideale superiore che è appunto quello dell'amore. Che è la cosa che ci differenzia dalle bestie, ed è la cosa che ci permette (almeno in linea teorica, visto che gran parte delle persone vivono una perenne fase orale) di condurre una vita più piena e più degna di essere vissuta, rispetto a quella che sarebbe se vivessimo unicamente in funzione di un individualismo sfrenato e senza alcun tipo di senso (se non quello di crescere economicamente in modo illimitato).

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    1. "Tutto questo oggi non accade minimamente: il più forte si prende tutto, il più debole perde e si infila in tunnel di depressione, psicologi o psichiatri, farmaci, lavoretti precari, singletudine o vita sentimentale precaria e poco soddisfacente."

      Il vincente alla fin fine finirà anche lui nel tunnel dell'assenza di significato, nella solitudine di una vita priva di scopo e spirito. Macchinoni, donne, magari un po' di misticismo stupido à la Steve Jobs, con qualche orgetta e tirata di cocaina ogni tanto. Nell'attico in centro in alto in alto, dove non arriva nessuno e ci si può alienare meglio nel proprio solipsismo e senso di onnipotenza. Eppure guarda un po' che fine ha fatto quel finanziere americano che andava con le minorenni. Al gabbio, impiccato o ammazzato.

      I veri vincenti sono persone come Falcone o Borsellino, quella gente che oggi viene derisa perché credeva in uno Stato o in dei valori. E secondo me lo saranno sempre.

      Per il resto concordo pienamente con quello che hai scritto e ti ringrazio per il commento.

      Per quanto riguarda la crescita illimitata, già ora se ne sente parlare di meno (5/10 anni fa i telegiornali ripetevano come un mantra la percentuale della crescita). E i vaccini chi li ha somministrati? Privati? No, lo Stato e l'esercito. Dovrà comunque arrivare una catastrofe climatica per far veramente svegliare l'uomo dalla sua fase orale globale.

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    2. Io preferisco la campagna eh... Ma dovendo vivere in centro, se non ci si puo permettere una villa storica, meglio un attico che un basso no?

      Hai un futuro come tribuno del popolo.

      Ironizzando con amici si diceva meglio Berlusconi che Macron, un pervertito che va con le vecchie. Berlusconi e un uomo di sani principi che va con le giovinette. Fa girare l'economia e difende i vecchi valori ❤️

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    3. Certo, un malato di Priapopatia non può che essere l'idolo dei pornobebè arricchiti di provincia.

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    4. E vabbe a ognuno i suoi miti

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    5. Francesco: Il vincente deve saper comunque giocare bene le sue carte. Chi vive nella miseria non ha neanche il mazzo di carte. Come essere gettati in una guerra contro soldati armati fino ai denti, con fionda, bastone e pietre. Avere le qualità per costruirsi il proprio posto nel mondo è difficile, ma essere dei perdenti tout court è più frustrante perché quella possibilità non la hai mai avuta.

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    6. Nel momento in cui pensi di averne il diritto (dico di partecipare al banchetto) sei fuorviato dalla società tanto quanto il vincente.

      Conosco uno che stato sfrattato di casa, lasciato dalla moglie e disoccupato. Non è depresso. Ogni tanto io e un mio vicino gli diamo qualcosa da mangiare e di fermiamo a parlare con lui. Continua a cercare lavoro. Lavoro di merda? Pazienza gli dico, ne troverai uno migliore.

      Donna ni atte mo, ikirou!

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  8. Mah il piu ricco del mondo, Jeff bezos, si e preso come amante una rifattona trucida.
    Musk ha ls pazza con i capelli blu. Gates ha divorziato dalla cessa inacidita... Come profetizzavo a Shito anni fa.

    Il vincente si ma fino a un certo punto :/

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  9. Credo non ci sia nulla di più abietto che ragionare in logica di vincenti/perdenti.

    Muoiono uguale.

    Che sorpresa.

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    1. E qui mi fai pensare alla Roba di Verga, che è addirittura in topic con il post.

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  10. Ah, quella novella mi colpì molto quando la studiai in seconda media. Robba mia viettene co'mme! In Egitto pare inumassero grandi ricchezze insieme ai faraoni, ma sai cosa? Puoi fare anche le piramidi: i morti rimangono morti. Ogni forma di pseudo-immortalità è metanarrativa. La religione, l'arte, la discendenza (che è metanarrazione scientista), il MAGI System: quando sei morto rimani morto. E quello è il nulla a cui tutti indifferentemente puntiamo.

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  11. Mah, non so. Da una parte ho sempre rifiutato di tenere ogni orpello durevole... Tipo modellini, edizioni pregiate etc.

    Dall'altra ho dei reliquari in casa delle cose che per me sono state importanti nei vari periodi della vita. Alcuni cassetti che non apro mai, trovo stucchevole vagare nei ricordi sustanzializzati. Sarebbe bello portarsele pero nella tomba certe cose. Non sono le mie galline

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  12. Certo capisco bene che l'attaccamento affettivo per le cose, ovvero la consolazione totemica, e il mero attaccamento alle cose per avidità materiale è tutt'altro. Questo è un giusto distinguo e ti ringrazio per averlo proposto. Tuttavia, benché io sia il primo - o uno dei primi - a circondarmi di piccoli totem di culto privato, laddove sono quanto più disinteressato alla materialità del consumo (un'antitesi che ha dell'ascetico laico, direbbe qualcuno), mi rendo conto che tutti questi piccoli e privati totem non sono che il tentativo proiettivo di allontanare (negare?) una delle più ataviche paure dell'uomo: la paura del senso di perdita, ovvero la paura dell'abbandono – che nell'epoca moderna surclassa persino la paura della morte (dacché oggi la vita sembra, e dico sembra, certa e garantita, calando l'uomo in uno stato di torpore percettivo di pseudo-immortalità in moratoria indefinita di appercezione della propria mortalità). Mi pare talvolta che nei moderni rapporti interpersonali persino le persone, compagne, amanti, amici persino, possano andare e ricoprire un ruolo totemico in questo senso, dico nel nostro tempo (quelli precedenti non li ho vissuti). Ovvero, che in un'epoca di profonda solitudine individuale, di totale evanescenza dei rapporti interpersonali, la solitudine del singolo venga maldestramente tamponata con l'inganno totemico della presenza di quei rapporti evanescenti, con oggetti o persone, che hanno molto poco di spirituale, ma pare essere la massima spiritualità concessa all'uomo postmoderno, che sopravvive invero così solo, così disperato, e così tanto in negazione di ciò. In diniego, persino - per chi ama la puntualità del dizionario freudiano.

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    1. "la paura dell'abbandono – che nell'epoca moderna surclassa persino la paura della morte"

      La paura della morte era più caratteristica di epoche pre-postmoderne, che erano basate sul gruppo, sulla coesione sociale e famigliare. La morte sovvertiva questo ordine. Ora come ora, in una società della solitudine e dell'incomunicabilità, la paura dell'abbandono, come giustamente fai notare, è il nuovo paradigma del disagio umano. La si ritrova praticamente in ogni cosa. Un esempio che mi viene in mente è l'attention whoring, della serie "dovete ammirarmi tutti, dovete volermi tutti". Fase orale più paura dell'abbandono, una dinamica ormai comune tra i bambini vecchio/bambine vecchie di oggi.

      Grazie comunque per questo bel commento.

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    2. Su questo sono pienamente d'accordo. Totem di mariti/mogli, fidanzati/e, figli etc

      Ci cadono di piu quelli poco dotati della famosa "molta intelligenza" di cui dicevo addietro pero

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  13. Misurare l'intelligenza è davvero difficile, perché quello che si vorrebbe chiamare "intelligenza" ha molte forme, molti ambiti, molte manifestazioni. Ovviamente ridurre la facoltà mentale, ovvero spirituale, a qualcosa di meccanico e numerico è la più orrida frustrazione dell'umano - come aveva così giustamente a ricordare Giovanni Gentile. Detta questa ovvietà, è pur vero che un'infanzia e un'adolescenza di agi pur relativi (figurarsi quando reali) conduce in genere allo sviluppo di una coscienza sensibile che le asperità della sopravvivenza risicata non permettevano. Da qui, i mali psicologici del benessere. La Domus Aurea di Nerone era la sua Neverland, dico quella di Micheal Jackson. Di mezzo a quei due, Ludwig II si faceva costruire cartelli e finanziava Wagner, mente indulgeva a piene mani nelle pur nobili metarazioni della mitologia norrena che sta alla base dell'umanesimo germanico. In tutte queste dinamiche non c'è nulla di nuovo davvero, la novità storica è sempre solo nel livello di diffusione del benessere che permette il manifestarsi nell'uomo dei problemi esistenziali, individuali e relazionali. Lo stesso Freud, che era un medico, trattava i figli di una borghesia moderna che avevano vissuto un agio forse non più apicale, ma ancora alquanto ristretto. Tutto cambia con il consumismo diffuso che è il frutto maturo dell'industrialismo. Anche questa che ho appena scritto non è una rivelazione, è un'infame banalità. Dire che Nerone e Ludwig e Micheal Jackson erano hikikomori, ovvero applicare retroattivamente delle categorie sociologiche moderne a dei personaggi storici, non cambia la semplice banalità di ciò che vado rimarcando. Vivere rendendosi davvero conto di stare vivendo e dover poi morire è difficile, tutto qui.

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  14. qui mi sembri davvero misero.

    Nel senso da una parte parli di asperità della sopravvivenza, che credo fossero sconosciute alla medio-alta borghesia già dall'800, classe ovviamente molto più ristretta di ora.

    Dall'altra citi dei fragili di mente con miti di onnipotenza.

    Cui prodest queste sporcare le acque... io non lo so.

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  15. Ah Freud era viennese. Il punto non e la ricchezza, o il benessere, che anzi danno benessere. Ma la mancanza di frizione tra individui, dominio dell'uomo sull'uomo che e educativo alle asperita della vita anche se si e dalla parte di chi comanda.

    A Vienna Francesco Giuseppe faceva musei pubblici e giardini pubblici. Cio e male.

    Perche diseduca alle asperita della vita. Avere degli schiavi, tranne che si sia dei mentecatti, invece e educativo.

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  16. Non capisci che stiamo dicendo la stessa cosa, solo che io ne prendo atto con criterio di realtà, e tu sembri volerla negare - persino nella sua fattuale realtà storica - apparendo in preda al più puro criterio di piacere?
    Sembra che ogni volta che una persona rileva la realtà senza maledirla scimmiescamente tu te ne rattristi.

    Ma la realtà non cambia se non ci piace. La realtà essa tutta. Il misero ambito di intervento è solo su noi stessi, che già se guardiamo chi abbiamo affianco siamo immersi nella realtà contingente che tutto racchiude e permea.

    Negare ciò non è che malsana inelaborazione. Non cambia nulla, al massimo ci si può impazzire impazzire di stridente sofferenza.
    Dicono che di recente capiti spesso.
    Anche il ché è più banale di Eichmann a Gerusalemme, direi.

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  17. Io infatti ti dicevo cui prodest sporcare le acque sopra. Non credo che ti sfuggano sfumature del reale.

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  18. Che la lucidità di visione sporchi alcunché non è reale. Il contrario, semmai.

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  19. Ripropongo :/

    "Nel senso da una parte parli di asperità della sopravvivenza, che credo fossero sconosciute alla medio-alta borghesia già dall'800, classe ovviamente molto più ristretta di ora.

    Dall'altra citi dei fragili di mente con miti di onnipotenza."

    Citare dei pazzi con manie di omnipotence come prova che non soffrire le asperita della vita sia male che senso ha?

    Intendevo questo con deliberato sporcare/inquinare/confondere le acque.

    Anche a Vienna io dicevo che il problema non fosse il benessere economico in se, ma il venir meno della coscienza di frizione sociale, dominio dell'uomo sull'uomo etc.

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  20. Credo che tu di quei poveretti di Nerone e Ludwig non abbia capito nulla. Se vai al castello di Herrenchiemsee, e vedi che "la piccola Versailles" altro non era che il parco a tema privato di un bambino molto ricco, poi unisci molti puntini. Anche Nerone era stato allevato da Seneca, eh. Per parlare con Akutagawa, non sempre la dimensione intellettuale sviluppatta da un soggetto è supportata da pari solidità nervosa. La ricchezza, il benessere, permettono alla dimensione intellettiva di svilupparsi, talvolta persino oltremodo. Non si tratta di manie di onnipotenza, l'aspetto maniacale della psiche è altra cosa. Solo che quella stessa opulenza che permette lo sviluppo di sensibile intelletto non sempre, anzi di rado, ne cementa le basi con la sicurezza emotiva. Da cui quella che molti chiamano l'insostenibile cognizione dell'essere mortale. E poi l'esistenzialismo, blahblah. La differenza tra Schopenhauer, Kierkegaraard - "molto intelligenti" entrami, solido solo uno dei due.

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  21. Ora diventa un discorso sensato :)

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