Titolo originale: Akira
Regia: Katsuhiro Otomo
Soggetto: basato sull'omonimo manga di Katsuhiro Otomo
Sceneggiatura: Katsuhiro Otomo, Izo Hashimoto
Musiche: Shoji Yamashiro
Studio: Tokyo Movie Shinsha
Formato: film cinematografico
Anno di uscita: 1988
Soggetto: basato sull'omonimo manga di Katsuhiro Otomo
Sceneggiatura: Katsuhiro Otomo, Izo Hashimoto
Musiche: Shoji Yamashiro
Studio: Tokyo Movie Shinsha
Formato: film cinematografico
Anno di uscita: 1988
Negli anni ottanta in Giappone si affermò una
generazione di autori che non aveva ricordi diretti del trauma di
Hiroshima e Nagasaki: per ovvi motivi anagrafici, il ricordo più
scottante impresso nella memoria di questi artisti era la sanguinosa
sconfitta dei loro fratelli maggiori nelle contestazioni – nel
1970, data del totale fallimento del movimento studentesco, alcuni
membri dell'Armata Rossa fuggirono in Corea del Nord mediante un
dirottamento aereo, e il loro capo, Takamaro Tamiya, dichiarò ai
media giapponesi la celebre frase “noi siamo Ashita no Joe”.
Ciò premesso, il colpo di grazia ai residui idealistici dell'Armata
Rossa arrivò a inizio anni ottanta, con l'ascesa al potere di una
destra nazionalista e militarista che si fece carico di numerosi
scandali politici – dei quali poco importava ad una nuova
generazione di adolescenti quanto mai edonisti, i cosiddetti figli
della bolla, consumatori aggressivo-passivi privi di ideologie e
assai indifferenti, annoiati, senza uno scopo per vivere. Inutile
dire che tutto ciò era la naturale conseguenza del benessere e
dell'avanzare, sempre più incalzante, della postmodernità come la
intendiamo oggi.
Katsuhiro Otomo - classe 1954 -, con il suo “Akira”,
uno dei lavori più rappresentativi della storia dell'animazione,
prende come spunto il fallimento ideologico a cui aveva assistito da
adolescente, e su di esso costruisce un imponente edificio d'immagini
i cui protagonisti sono dei veri e propri Ashita no Joe ottantini,
dei delinquenti delle strade che si muovono a bordo delle loro
moto in un mondo ipertecnologico, distopico e post-apocalittico, in
cui i monolitici grattacieli della cosiddetta Neo-Tokyo rappresentano
le invalicabili istituzioni, nonché il potere della vecchia
generazione che opprime il nuovo, impedendogli di mutare il paradigma
sociale vigente.
Tra i bousouzoku (lett: "gli sfrenati") di Otomo - da lui esplicitamente inseriti nel film in
quanto appartenenti ai suoi ricordi giovanili, ma comunque
onnipresenti sulle strade della Tokyo degli anni ottanta – è
presente Tetsuo, un ragazzino debole, edonista, succube di un
complesso d'inferiorità nei confronti del capo-banda Kaneda, che gli
fa da padre/fratello maggiore – proprio come Ashita no Joe,
i protagonisti di “Akira” sono degli orfani senza radici,
abbandonati a loro stessi nei sobborghi decadenti di una città piena
di contraddizioni. Alla luce di ciò, Tetsuo - potentissimo esper i
cui poteri psichici latenti si risvegliano improvvisamente, dopo il
contatto con uno strano bambino-vecchio mutante - ricalca il modello
comportamentale della generazione di adolescenti cresciuti durante la
grande bolla: è introverso, complessato, frustrato e –
inconsciamente - alla ricerca di una figura materna che lo consoli. D'altro
canto, Kaneda sembra quasi indietro di dieci anni, in quanto punta
tutto sulla fisicità e risolve i suoi problemi direttamente, come se
fosse un adulto, senza cercare il supporto di nessuno. La
moto/simbolo fallico (a detta dello studioso di cinema Jon Lewis) di
Kaneda, che simboleggia il potere, inizialmente non può essere
guidata da Tetsuo: l'interazione tra i due ragazzi è in parte
l'allegoria di uno strano rapporto padre/figlio e corpo/mente, che si
dirama lungo l'ambizioso pastiche postmoderno di Otomo
attraverso una rielaborazione simbolica in chiave cyberpunk dei
caotici mutamenti sociali del Giappone in corso dagli anni sessanta
agli anni ottanta, che vengono raccontati in modo indiretto
mediante l'ausilio di un carismatico apparato
pseudo-mistico-fantascientifico nel quale, da un nichilismo
allucinato e totalizzante, emerge la figura del messia Akira,
l'uomo-Dio-bambino-Buddha che si fa portatore del rinnovamento in un
mondo corrotto, in cui la perenne stagnazione sociale fa presagire
un'incombente fine della Storia.