sabato 20 dicembre 2014

Caro Fratello: Recensione

 Titolo originale: Oniisama e...

 Titolo inglese: Brother, Dear Brother 

Autore: Riyoko Ikeda

 Tipologia: Shoujo Manga 

 Edizione italiana: Star Comics

Volumi: 4

Anno di uscita: 1975  



"Oniisama e...", alias "Caro Fratello" per noi italiani, è un'ottimo esempio di shojo anni '70 d'autore. All'epoca, i manga rivolti alle ragazze erano molto melodrammatici, tragici, conditi da eventi spiacevoli, storie d'amore (anche omosessuali) coadiuvate da un triste destino, critica sociale più o meno velata. Uno shojo del 1975 adesso come adesso verrebbe catalogato come seinen. Sono infatti innumerevoli le scene di morte, di disperazione, di violenza fisica e psicologica; inoltre, Ryoko Ikeda, l'autrice di "Versailles no Bara", in questo caso sembra averci calcato un bel po' la mano. Persino l'annichilente e nichilista finale non stona affatto con le precedenti pagine, grondanti pura tragedia greca mista a disagio esistenziale - si pensi al personaggio di Rei Asaka/"Saint-Just" e alla sua camera piena di specchi, la quale riflette la narcisistica solitudine del suo animo -, incomprensioni e amori - spesso proibiti - non corrisposti.


«Gli occhi di quelle donne erano confusi, riflettendo odio, rabbia, crudeltà ed irritazione, e, allo stesso tempo, una strana gentilezza e tristezza. Fino a questo punto, non avrei mai immaginato che questi sentimenti potessero essere mischiati assieme allo stesso tempo... mi chiedo se anche io, un giorno, mostrerò questo insieme di contrastanti emozioni nel mio sguardo.»

Nanako Misonoo è una giovane matricola del prestigioso liceo femminile Seiran. Senza aver alcun particolare talento verrà accettata nel Sorority Club, il gruppo esclusivo composto delle studentesse più aggraziate, talentuose, ricche e meritevoli dell'istituto. Il presidente di tale élite è Fukiko Ichinomiya, l'Ochoufujin della situazione - si pensi ad "Ace wo Nerae!" (1972) -, la quale ha un controverso rapporto con la misteriosa, psicopatica e auto-distruttiva Rei Asaka. Nanako racconterà le drammatiche vicende da lei vissute nel Sorority Club attraverso una serie di lettere inviate ad un giovane uomo, Takehiko Henmi, con il quale ha un rapporto quasi fraterno. L'attrazione per la bella e dannata Rei, l'amicizia con la simpatica, ma tristemente sola Mariko Shinobu, e tutti gli altri legami con le persone coinvolte nell'esclusivo club, porteranno Nanako, con il suo fare innocente ed ingenuo, a svelare tutti gli oscuri retroscena che si nascondono dietro al culto del prestigio e dell'apparenza.


Ci sono due tipi di cattiverie, che hanno due diverse modalità di sfogo. C'è quella maschile, che è come un colpo di fucile - la rabbia si carica, viene rilasciata e stop - , cattiveria che nei casi più eclatanti viene coronata dall'utilizzo più o meno dosato della ragione, accompagnata da una retorica urlata al fine di produrre più danni possibili all'oggetto che si intende sopraffare. La cattiveria femminile ha una diversa modalità di manifestazione: la donna è un'essere emozionale, attento alla forma e alle sensazioni, al prestigio e al potere, in forma spesso maggiore dell'uomo. La cattiveria femminile agisce sul lungo periodo, è fatta di torture psicologiche, inganni, emozioni rubate che vengono sublimate in freddi impulsi di distruzione/auto-distruzione, e, allo stesso modo di quella maschile, anche di pura violenza fisica. "Oniisama e..." è il compendio delle cattiverie femminili, le quali diventano ancora più sofisticate e annichilenti quando riguardano risentimenti inerenti i rapporti della sfera familiare, quel luogo ove il flusso emozionale della donna scorre più potente rispetto ad altri lidi.

  

In un certo senso, il Sorority Club rappresenta l'élite borghese che basa tutto sulla facciata, sul profitto e tornaconto personale. E' il concretizzarsi degli impulsi di sopraffazione e dei complessi di superiorità dei suoi membri, Fukiko in primis, i quali, tuttavia, non sapendo riconoscere i propri limiti e i limiti stessi dell'apparenza e dell'inganno/auto-inganno, sono esseri infelici, con una moltitudine di lati oscuri e desideri soppressi. Il Sorority Club rappresenta l'alta società, della quale si porta dietro tutti i difetti, atteggiamenti e deliri di onnipotenza tipici dei suoi membri - o dei membri dell'umanità in generale, se vogliamo andare sul filosofico, siccome a mio avviso la maggior parte degli uomini delle classi sociali inferiori sono altresì presuntuosi e vanagloriosi come quelli delle classi superiori, spesso in modo molto più manifesto, dato ch'essi curano di meno il filtro delle buone maniere, delle ipocrite faccine sorridenti e dei bei vestiti. L'Ikeda tuttavia ci rammenta che esistono le realtà della morte e della malattia: nonostante tutto, la nostra esistenza è pur sempre precaria e instabile. Ergo le nostre illusioni e presunzioni presto cederanno il passo alla morte e all'oblio; non resta che cercare di coltivare veri sentimenti di fiducia con quelle poche persone in grado di comprenderci, cercando, nel poco tempo che ci rimane da vivere, di comunicare al meglio con loro e con noi stessi - si pensi al tormentato amore di Kaoru Orihara e alla sua risoluzione nel finale del manga. La comprensione di questo fatto mediante le vicende spiacevoli vissute dalla protagonista fanno di "Oniisama e..." una sorta di romanzo di formazione, quanto mai melodrammatico e teatrale.


La pecca di tale nichilista ed attualissimo manga dai toni seriosi e melodrammatici sta nell'eccessiva presenza di colpi di scena eccessivamente forzati e al limite del credibile, che in qualche modo stonano con le metafore discusse in precedenza e con la generale seriosità dell'opera. Eccessivi legami di parentela improbabili, relazioni ai limiti dell'assurdo e toni aulici potrebbero far pendere l'ago della bilancia verso la soap opera a tinte di tragedia greca; tuttavia, essendo il sottoscritto abituato ai drammoni e agli sviluppi tipici degli shojo dell'epoca, la cosa non mi ha infastidito più di tanto. Certo, una maggior cura nella gestione dei colpi di scena avrebbe certamente giovato al racconto, tuttavia l'autrice ha scelto consapevolmente un approccio teatrale alle vicende, ergo non mi sento di infierire più di tanto sotto questo aspetto. Il melodramma e il nichilismo settantini sono ormai roba rara presso i manga attuali, allo stesso modo della cura nell'impostazione delle tavole e dei bellissimi, artistici e autorali disegni dell'Ikeda. Anche se manca dell'epicità e della caratura artistica dell'altrettanto tragico classico ikediano "Versailles no Bara", "Oniisama e..." rimane comunque una lettura degna di nota per tutti gli appassionati dalla mente aperta, scevra da pregiudizi inerenti l'omosessualità, i temi della morte, dell'alienazione e della malattia, e, ovviamente, la critica sociale tout court. Purtroppo l'opera risulta troppo breve e alquanto condensata nei suoi soli tre volumi. Esiste tuttavia un'adattamento animato ad opera dei celebri Osamu Dezaki e Akio Sugino che aggiunge molte cose agli eventi del manga, in modo ovviamente consono all'autoralità del geniale regista di "Ashita no Joe" e "Ace wo Nerae!".


9 commenti:

  1. L'unico vero dramma è quello della suicida, che non sopporta che la sorella non le voglia bene.
    La protagonista di questo manga è un po' insulsa; sembra che tutto sommato non le importi nulla.

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    1. Grazie per le osservazioni, ma non mi ricordo niente di questo manga a parte il fatto che mi piacesse la pazza con la frangia.

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    2. Più che non importarle nulla, direi fosse talmente sconvolta dal trovarsi in mezzo a certe situazioni da faticare a reagire :D Io in certi atteggiamenti mi c'identificavo pure...

      (Non ho letto il manga, ma l'anime è stato il primo che ho visto in streaming legale quasi un decennio fa e ci sono rimasto abbastanza affezionato: era magnificamente assurdo, anche se probabilmente contribuivano a ciò gli avvenimenti aggiunti per coprire 39 episodi :') Ci sarà anche nel manga la leggendaria e iper-drammatica scena in cui Saint-Just guarisce Nanako dalla fascinazione per il fumo saltandole addosso, bloccandola e incastrandole una sigaretta in bocca? E poi sì, pure la "figlia di uno scrittore pornografico!!!" che si mordeva le labbra per rompere i capillari e arrossirle naturalmente...).

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    3. Sì, nell'anime c'era più roba, ma ho dimenticato pure lui. Troppo drama cmq, non lo rivedrei mai.

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  2. Ma non ti puoi innamorare di una ragazza suicida e poi come se niente fosse neanche te la ricordi.

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    1. Scusa, ma non era la bionda a suicidarsi? A me piaceva la bambolina pazzoide con i capelli neri e il rossetto, come vedi l'avevo pure messa nelle figure qua sopra. La bionda non è il mio tipo.

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    2. Sì, la bionda, come lo è anche la protagonista. Ti piace la mora solo perché sei maschio, generalmente le persone hanno perso la testa per Saint-Just

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    3. Ai maschi tendenzialmente piacciono di più le bionde. A me piacciono le bamboline more pazze perché ho avuto un certo imprinting da piccolo.

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    4. No, no, la bionda alla fine non piace mai dopo i 15 anni. il punto che un manga per ragazze è fatto per affascinare le ragazze.

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