sabato 30 dicembre 2017

Tokyo Babylon: Recensione

 Titolo originale: Tokyo Babylon 
 Autore: CLAMP   
Tipologia: Shoujo Manga   
Edizione italiana: Planet Manga, D/Visual  
Volumi: 7  
Anni di Pubblicazione: 1991-1993
 

Tokyo Babylon è il tipico manga anni novanta. Di quelli che, all'epoca, infestavano le fumetterie con le loro copertine colorate, stilizzate, tendenti alla depressione post-ideologica. Poco importa che sia firmato CLAMP e che si tratti di uno dei titoli più acclamati dal fandom delle suddette autrici. La sostanza è e rimarrà sempre e solo quella di un "fanservice intelligente" come tante altre opere dell'epoca: un'epoca in cui, tra i soliti cliché - in questo caso le famiglie di sciamani rivali, la falsa personalità, le allusioni omo-erotiche mai risolte utili ai creatori di doujinshi yaoi, il bello e tenebroso cattivo perché sì, nonché quell'altro dolce, carino e bravo perché fa sempre figo affiancarlo alla sua nemesi - si prendeva un attimo coscienza di certe problematiche legate alla ferocia e alla spietatezza della nostra beneamata società dei consumi di massa, proprio quella che ci vuole (e che ci ha reso) automi senza cervello utili soltanto a lavorare come schiavi per consumare il più possibile. In particolare, la "Tokyo Babilonia" piena di confusione, incomprensione e dolore, è quella che storicamente si colloca proprio subito dopo lo scoppio della bolla economica ottantina, che aveva donato al Giappone un'iniezione tanto sproporzionata quanto illusoria di benessere, ricchezza e bieco americanismo. Nella Tokyo firmata CLAMP, il disagio sociale viene raccontato mediante episodi autoconclusivi che ricoprono la quasi totalità dei sette volumi - la "trama" principale di Tokyo Babylon viene liquidata sbrigativamente nell'ultimo volume, lasciando un finale incompleto che poi, per ovvie ragioni commerciali, verrà proposto in X-1999, altro famoso manga delle (sopravvalutate) autrici. Gli esorcismi che deve effettuare il bello e innocente sciamano pseudo-shota Subaru sono soltanto un pretesto per illustrare il cinismo e la crudezza di un capitalismo postmoderno fine a sé stesso e privo di illusioni, nel quale a rimetterci sono i più deboli: ragazzine, giovani madri, vecchi reputati inutili da una società altamente competitiva e produttiva, bambine trucidate senza motivo, impiegate frustrate dal patriarcal-industrialismo. Sembra quasi ridicola la cattiveria di un insensato Seishiro Sakurazuka, cattivo più che altro per piacere alle fangirl, rispetto alla cattiveria delle persone vere, di quelle di tutti i giorni, in un contesto misofobo e alienante perché nella realtà ci siamo veramente ridotti a questo modo, non soltanto in Giappone - guardacaso, Subaru esorcizza soltanto femmine disperate, frustrate nell'intimo della loro femminilità, il cui rancore permane anche dopo la morte. 


Al di là delle sfuriate socialmente impegnate, con tanto di espliciti messaggi politici a tutela di animali e handicappati, la tematica principale del manga, manco a dirlo, è quella dell'incomprensione. Nella "Tokyo Babilonia", allo stesso modo di quella biblica,  non si riesce a comunicare, sopratutto in materia di dolore. In una società in cui l'individuo frustrato dal turbocapitalismo viene altresì disintegrato dalla pressione sociale conformista, non si è neanche più liberi di soffrire a proprio modo, dacché gli altri impongono, con le loro leggi e convenzioni, addirittura degli "standard di sofferenza" comuni a tutti, ovvero a una moltitudine di persone totalmente differenti, sia nell'animo che nel vissuto. Dal primo all'ultimo volume, di fronte alla sofferenza degli altri, strumentalizzata da media, giudici e persone della porta accanto, Subaru decide di tacere, affermando alle vittime/carnefici da lui esorcizzate/i che nessuno a parte loro stesse può comprendere il loro dolore.  Si è soli nel proprio dolore, così come si è soli di fronte alla propria morte o alla morte di una persona cara.  E quando non riesce a sedare l'animo umano con le sue illusioni, la confusione postmoderna non fa altro che accentuare questo atavico senso di angoscia tipico dell'animale uomo, producendo in esso psicosi e violenza. 


Dal punto di vista tecnico, la sceneggiatura è caratterizzata da un "pattern" meccanico di eventi: il siparietto comico/fanservicistico tra la sorella di Subaru e Seishiro; l'introduzione ai protagonisti degli esorcismi; l'arrivo di Subaru  e la risoluzione del caso; le riflessioni finali, dove ci si immerge in una cascata di bianchi e neri coadiuvati da moniti e pensieri su quanto sia diventata malata e intollerabile la vita di tutti i giorni ( tra i tanti casi, non mancheranno all'appello un episodio con delle scolarette Chunibyo che si credono Dio, che anzi di essere osannate come in certi anime recenti verranno fatte passare come un esempio estremamente negativo, e una disgressione quasi da manuale sulle "shinshukyo", ossia sulle "nuove religioni", fenomenologia di quel settarismo postmoderno del quale gli esponenti più famosi in Giappone sono gli otaku psicopatici dell'Aum Shinrikyo). La struttura episodica si rompe, come già accennato, nel frettoloso settimo volume, nel quale è contenuto un finale pessimo e inconcludente - volendo considerare il manga come un'opera a sé stante. Particolari (ma non troppo) e curati i disegni, con i soliti bellimbusti dotati di acconciature dettagliate, spalle enormi e fianchi striminziti, e le ragazzine in tenuta pseudo-cosplay a cui le CLAMP hanno abituato i loro fan.  Pregevole il mood squisitamente dark tipico di questo filone di manga novantini, che ben si adatta ad una paranoia ed ansia di vivere che ormai pare entrata a tutti gli effetti nelle nostre vite, bolla speculativa o meno, Giappone postmoderno o meno. La violenza della "Tokyo Babilonia" è una violenza ancora attuale, che ormai è nelle case di tutti, anche se non la vediamo (o non la vogliamo vedere).  Una violenza  propinata ogni giorno da televisione, pubblicità, supermercati, (finta) socialità e quant'altro. Forse la fine non sarà arrivata nel 1999, ma adesso, alla vigilia del 2018, non sembra neanche tanto lontana. 



2 commenti:

  1. Questo fumetto è molto bello. La scena della bambina morta che chiede vendetta mentre parla alla madre è destabilizzante; l'esorcista fa la sua scelta...

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    1. Purtroppo non mi ricordo niente di questo fumetto, a parte il fatto che piaceva molto alla mia ex (avevo scritto questa recensione insieme a lei).

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