mercoledì 9 novembre 2022

Battle Royale: Recensione

 Regia: Fukasaku Kinji
 Soggetto:  Basato sull'omonimo romanzo di Takami Koushun
Sceneggiatura: Fukasaku Kenta
Anno di uscita: 2000

 L'adattamento del controverso romanzo di Takami Koushun diretto da Fukasaku Kinji, storico regista di yakuza movie, è certamente migliore del manga, fin troppo "shounenesco", splatter e privo di spessore intellettuale. Infatti il Battle Royale cinematografico è un film politico maturo, privo di compromessi, duro come il faccione di Kitano Takeshi che qui, per volontà del regista, interpreta nientepopodimenoche se stesso. La trama di Battle Royale è un archetipo popolare che influenzerà le opere successive: il governo giapponese tramite il BR act ha sancito che gli alunni di una classe presa a caso tra le scuole giapponesi dovranno ammazzarsi a vicenda su un'isola deserta fino a quando non ne sopravviverà soltanto uno. Questo tipo di selezione non è un unicum, ma avviene periodicamente. Con il BR act, in pratica, la fame di ribellione e sovversione giovanile viene contenuta e sfogata in un prodotto per l'enterteinment dei vecchi/sistema, e a monito dei coetanei. 

La società rappresentata Battle Royale è quella postmoderna, decadente, in cui gli adulti sono bambini troppo cresciuti (Kitano mangia biscotti e fa i disegnini nella sua comfort zone militaresca, mentre i giovani reali si ammazzano a vicenda nel fango) e gli adolescenti sono obbligati a crescere anzitempo, dacché il consumismo contemporaneo (in questo caso nella sua derivazione giapponese) cannibalizza la loro giovinezza, spingendoli ad "ammazzarsi tra loro" in una macelleria sociale la cui unica prerogativa è la scarsità di risorse, soprattutto morali e affettive. La Battle Royale altro non è che la parodia triste del modello americano del successo solitario, che una volta applicato a società familistiche e/o tradizionalistiche, quali ad esempio quella giapponese o italiana, di fatto provoca dissociazione, alienazione e solitudine negli individui, colpendo in particolar modo i più giovani (ad esempio il bullismo, rappresentato asetticamente nel film, altro non è che la spinta animalesca all'autoaffermazione individuale priva di regole voluta tacitamente - e ipocritamente - dal capitalismo post sessantottino). 

 

Non vi è alcun dubbio che una società decadente ed edonistica sia di fatto una società di barbarie, e infatti nel gioco cannibale che si tiene sull'isola deserta, anche le armi che gli studenti devono utilizzare per ammazzarsi tra loro vengono distribuite in modo apparentemente casuale, senza alcuna forma di equilibrio e tutela del più debole. Non c'è pertanto da sorprendersi se ai più forti e prestanti toccano le armi più potenti, proprio come nello stato di natura, in cui piove sempre sul bagnato e non vi è alcuna distribuzione equa delle risorse (e il capitalismo feroce di fatto è un ritorno allo stato di natura). Anche le differenze fisiche e sessuali penalizzano, così come l'essere troppo sensibili ed emozionali. E poi l'intelligenza, la spinta principale al progresso culturale umano, di fronte alla forza bruta o all'arroganza del potere costituito, semplicemente non regge (vedasi il genio di Mimura Shinji vs la follia omicida di Kiriyama, che si è iscritto al gioco di sua spontanea volontà soltanto per uccidere). Per di più, nello stato di natura metaforico creatosi nell'isola, la prostituzione femminile garantisce la sopravvivenza e l'opportunità di manipolare in qualche modo i maschi più vulnerabili, ossia i membri della classe più incel e sessualmente frustrati (si pensi a Mitsuko Souma, che alla fin fine, nel suo essere psicotica, è emblematicamente sia carnefice che vittima, essendo stata abusata da un pedofilo in tenera età, ossia cannibalizzata fin dal principio dai vecchi/sistema).

 

Nel dopoguerra, sia in Giappone che in Italia, non è una novità che una classe di boomer privilegiati dalla congiuntura economica favorevole abbia viziato i propri figli e poi, pervenuta la scarsità, "cannibalizzato" i propri nipoti. Questo è un meccanismo sociale consolidato, dalle università a trazione baronesca sino al capitalismo più progressista nell'apparenza ma bestiale nella sostanza, per non parlare poi del mondo dell'intrattenimento, della moda eccetera eccetera. Nella pratica i boomer sessantottini, godendo di tutti i privilegi sociali ed economici possibili, hanno spinto i loro nipoti, soli come cani (emblematico il suicidio del padre del protagonista all'inizio del film, che simboleggia il collasso del nucleo familiare nucleare degli anni sessanta/settanta) a cannibalizzarsi a vicenda, propagandando un mito del successo individuale (che ribadisco essere di palese matrice americana) del tutto estraneo ai loro privilegi di gioventù ("soltanto il migliore sopravviverà, il più solo, quello che va contro tutti" propaganda chi invero ha goduto di tutti i privilegi sociali possibili). Il messaggio finale del film è comunque quello di credere negli altri nonostante tutto, di cercare di rimanere umani in una società disumana, anche a costo di soccombervi. Battle Royale è infatti un film marcatamente socialista e anticapitalista, nonché un omaggio alla bellezza e all'importanza della gioventù, che è la risorsa umana più importante (ed è per questo che i vecchi, avendola perduta, la vogliono riottenere consumando la carne fresca dei propri nipoti/figli, un po' come se Il Saturno di Goya non fosse soltanto un mero archetipo mitologico divenuto arte, ma un fatto reale e del tutto attuale).

 

I personaggi principali, per quanto approssimativi per ragioni di minutaggio e quantità di presenze in scena, sono del tutto funzionali al messaggio che ognuno di loro deve trasmettere: Kawada è l'eroe antisistema e rivoluzionario destinato a soccombere; Kiriyama è il giovane fagocitato dal sistema che ne abbraccia lo spirito antropofago e non per nulla è uno psicotico incapace di provare emozioni; il protagonista Shuuya e la sua fidanzata incarnano l'ideale di purezza e di forza di spirito necessaria per sopravvivere alla morte dell'umanità e così via (per un giapponese dell'età del regista, la morte dello Spirito è cosa peggiore della morte carnale). Ci sono poi ragazzi che ovviamente impazziscono, coppiette che avendo perso ogni speranza nel prossimo decidono di farla finita, storie d'amore irrisolte, fraintendimenti e comportamenti autopunitivi, dacché la società contemporanea fa del senso d'inadeguatezza il suo principale strumento di controllo delle nuove generazioni (le scuole e le università postmoderne, dopotutto, non fanno altro che preparare gli individui a una vita da consumatori sterili: questa cosa è particolarmente vera per quanto riguarda le scuole giapponesi e i loro metodi di giudizio meccanicistici e spietati). 

 

 Per concludere, dal punto di vista registico si nota la mano autoriale di un veterano del cinema come Fukusaku, che nel film inserisce altresì degli omaggi all'Evangelion di Anno Hideaki dato che il figlio, pure lui regista e nella qui presente opera sceneggiatore, ne è un grande fan. Oltre a questa curiosità Battle Royale, ai suoi tempi campione di incassi in madrepatria, allo stesso modo di Evangelion, aveva perfettamente centrato il punto, mettendo il dito nella piaga di una società malata e scuotendo in qualche modo la coscienza del suo pubblico di riferimento.



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