Titolo originale: Uchū Senshi Baldios
Regia: Kazuyuki Hirokawa
Soggetto & sceneggiatura: Akiyoshi Sekai
Character Design: Osamu Kamijo
Mechanical Design: Hajime Kamegaki, Gen Sato
Musiche: Kentaro Haneda
Studio: Ashi Productions
Formato: serie televisiva di 34 episodi
Anni di trasmissione: 1980 - 1981
Formato: serie televisiva di 34 episodi
Anni di trasmissione: 1980 - 1981
Siamo all'inizio degli anni ottanta, in Giappone, e due opere rivoluzionarie, tali Kido Senshi Gandamu e Versailles no bara (Berubara per i fan), sono terminate nell'indifferenza generale del grande pubblico (il successo arriverà soltanto con le future repliche). Il periodo storico in questione è l'anime boom, nel quale la space opera à la Matsumoto dominava le scene sin dal settantasette (anno di proiezione del primo film riassuntivo di Uchuu Senkan Yamato), e il target dell'animazione, con ciò, si stava spostando dall'audience infantile e generalista a quella degli appassionati adulti. In un contesto del genere, e soltanto in esso, potevano nascere opere come Uchuu Senshi Baldios, che mescolavano la space opera matsumotiana con le ingenuità del robotico nagaiano e i drammi con la D maiuscola tipici di Berubara (Aphrodia, protagonista/antagonista dell'anime rinuncia alla femminilità nel momento stesso in cui indossa la divisa - parole sue -, e non può cedere ai sentimenti, dacché la comprometterebbero per sempre, sia di fronte a se stessa che alla società a cui appartiene). Con l'avvicinarsi del pubblico femminile all'animazione vi erano già stati degli esempi di "robotici shoujo" (ovviamente di uno shoujo infinitamente più virile di quello attuale, dati i tempi che correvano). Si pensi al robotico copincolla alla Nagahama, con i suoi cattivi bellocci e maledetti, da Reideen sino a Daimos (ma in fondo anche Char Aznable era uno di questi "rubacuori" cartacei studiati a tavolino, con buona pace del fandom del Mobile Suit bianco). Baldios, dal canto suo, voleva fare le cose in grande, lanciando un messaggio profondamente antipolitico e antimilitarista, e pure a buona ragione, data la paura dell'atomo e la diffidenza verso la burocrazia che imperversavano all'epoca.
Essendo un "robotico di transizione" (i.e. appartenente alla fase di passaggio tra robotico nagaiano, in cui l'azione è protagonista, al robotico più "realistico" e "umanistico" figlio di Kido Senshi Gandamu e Macross), la componente puramente mecha di Baldios è ridotta al minimo, e tutta l'attenzione viene spostata verso i personaggi e le loro interazioni (senza tuttavia rinunciare a ingenuità e semplificazioni palesemente infantili). La difesa della Terra è affidata ai Blue Fixer, che dimorano nella classica base ultratecnologica (giapponese, non internazionale, ricordiamocelo) di stampo nagaiano. Lo scienziato di turno tuttavia è (guardacaso) una clone più cresciuta della Regina Maria Antonietta di Berubara, tale Era Queenstein, e il comandante, Takeshi Tsukikage (Johnatan Bannister nella versione italiana), un militare conservatore che mette il lavoro e l'impegno militare al di sopra dell'interesse personale e degli affetti. I Blue Fixer, coerentemente con la generazione dei nati nel dopoguerra, o sono orfani o hanno un ristretto numero di familiari sopravvissuti (chi la sorella, chi un padre assente). Manco a dirlo, le nuove generazioni vengono strangolate da quelle vecchie (come accade tutt'ora, anche se inconsapevolmente), infatti i giovani Blue Fixer devono adattarsi agli ordini demenziali dei vecchi burocrati della Federazione Mondiale, all'intolleranza e alla testardaggine del loro boss, e addirittura immolarsi per un amore non corrisposto verso una loro superiore più anziana (si veda l'episodio ventinove, in cui un nuovo belloccio a due dimensioni vuole andare - e va - al macero non tanto per la Patria, ma perché non si sente sentimentalmente/socialmente accettato dalla sua insegnante). Anche se non marcato ed espresso brillantemente come in Kido Senshi Gandamu e Space Runaway Ideon, in Baldios il divario generazionale è pur sempre presente (infatti sono gli anziani a detenere il potere, e i giovani, come nel secondo conflitto mondiale, devono andare a morire seguendo le loro direttive, indipendentemente dal colore della divisa). Ciò detto, allo stesso modo di Berubara, i personaggi, incastrati loro malgrado nei freddi meccanicismi della guerra, si rivelano dei "tragici greci" più propensi al pathos legato all'archetipicità della dicotomia melodrammatica eros/thanatos, che ad una sana e matura invettiva politica verso l'inettitudine del potere e di chi lo detiene.
La sceneggiatura dell'anime risente molto dell'incertezza degli autori, pressati dal costante fallimento commerciale del loro lavoro e (molto probabilmente) dalla sua intrinseca ambiguità di fruizione (troppo adulto per i bambini, talvolta infantile per gli adulti, incomprensibile per gli adolescenti). Se ad esempio una puntata si dimostra ben riuscita, drammatica, cruda e carica di un impegno politico/sociale ignoto alla maggiorparte dei robotici contemporanei e precedenti a Baldios (gli episodi venti e ventuno e i loro riferimenti diretti alla guerra fredda, ma anche l'angosciosa escalation finale verso l'apocalittico, sublime coito interrotto televisivo), molto probabilmente quella successiva non riesce a rimanere sullo stesso livello qualitativo, oppure, sebbene ciò accada in rari casi, rinnega completamente le basi del buon senso facendo apparire i personaggi come se fossero degli idioti totali (si pensi all'episodio in cui una giornalista in cerca di scoop viene fatta entrare, nel bel mezzo di una guerra, nella base militare dei Blue Fixer con il benestare delle autorità). Il suddetto episodio della giornalista, per essere precisi il quindicesimo, è anche una prova di come, talvolta, sembra che l'anime non sappia quasi dove andare a parare (perché sputtanare dapprima i media e i giornalisti per poi riabilitarli con l'immolazione eroica di un personaggio che con la sua ottusità ha causato la morte di migliaia di persone?) Per quanto concerne invece gli aspetti tecnici, seppur sia dotata di un bel character design, perfettamente shoujo nelle intenzioni ma virile nella pratica, l'opera rivela delle animazioni scarse e una qualità dei disegni molto altalenante (le puntate presentano dei salti qualitativi talvolta vertiginosi, numerose sproporzioni ecc.) Molto belle comunque le sigle originali giapponesi, in particolare quella di chiusura, che vanno gustate durante la visione tagliando via la patetica canzoncina italiana, che col suo coretto da Zecchino d'Oro poco c'entra col mood della serie.
In conclusione, nonostante i difetti di cui sopra, ciò che rende realmente Baldios intramontabile (sebbene non si possa assolutamente parlare di "capolavoro") è il suo finale, molto chiaro negli intenti e nella potenza visiva e drammatica. Come in Kido Senshi Gandamu (ma anche Space Runaway Ideon), in questo caso non esistono alieni a cui delegare lo status di "pericolo esterno" per il Giappone: il problema è l'umanità stessa, che ricade sempre negli stessi errori. Se Godzilla (in primis) o l'invasore esterno nagaiano di routine (in secundis) incarnavano il terrore inconscio dei giapponesi nei confronti delle armi nucleari americane, in Baldios, come è giusto che sia, il mostro assume i connotati che più gli sono propri: quelli umani, in questo caso quelli degli stessi giapponesi, alienati dalla rigidezza della loro società, dalla loro mal sopita belligeranza e dalla loro infernale burocrazia.
Bibliografia
Estratto della rivista "Yamato" riportato online al seguente link:
http://www.encirobot.com/bald/bald-cur.asp
F. Prandoni, "Anime al Cinema", Yamato Video, 1999.
Bibliografia
Estratto della rivista "Yamato" riportato online al seguente link:
http://www.encirobot.com/bald/bald-cur.asp
F. Prandoni, "Anime al Cinema", Yamato Video, 1999.
Complimenti, davvero.
RispondiEliminaGrazie mille per aver letto e commentato. :)
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