Titolo originale: Vandemieru no Tsubasa
Titolo inglese: Wings of Vendemiaire
Autore: Mohiro Kitoh
Tipologia: Seinen
Edizione italiana: Star Comics
Volumi: 2
Anno di uscita: 1996
Iniziai a leggere "Le ali di Vendemiaire" sospinto dal fascino e
dall'interesse che in me avevano destato le altre due opere, ben più
note, di Mohiro Kitoh ("Narutaru" e "Bokurano") autore dall'inconfondibile
stile grafico piuttosto asettico e algido, volto in funzione di una
sceneggiatura affilata e crudele, che lascia la riflessione ad
appannaggio del lettore, senza svolgerla a suo beneficio, aprendo così
la possibilità ad una rielaborazione del tutto personale dei contenuti, i
quali si connotano spesso per un cinismo decisamente
marcato.
Questi racconti brevi superano ogni mia previsione ed aspettativa,
sprofondando in una spirale di dolce esistenzialismo e malinconia,
rivelandosi una sublime metafora che sfiora e lambisce con effimera
eleganza molteplici aspetti e dubbi ontologici propri dell'uomo e della
sua condizione nel mondo, il rapporto tra genitore e figlio, la
necessità di indipendenza, il rapporto con i suoi limiti; ma col cercare
di farne un elenco mi sembra quasi di fare uno sgarbo a quello che
quest'opera ha significato per me, nella presunzione di poter
costringere in forma e parola tale intimo flusso di sensazioni e
riflessioni. Nonostante ciò, cercherò di esprimere le mie considerazioni
nel modo più chiaro possibile. Esordiamo dunque con una citazione che
penso esplichi in modo efficace un buon punto di partenza per tentare di analizzare "Vendemiaire":
"Le ali esistono in nome della rivolta e della libertà, sono una sfida a Dio una sorta di liberazione dall'incanto che lega alla terra"
È appunto l'ambizione al volo uno dei temi di fondo che accomuna questi
brevi racconti. Essa viene intesa come tensione verso la libertà, verso
qualcosa di elevato, di effimero, nata dal desiderio di svincolarsi
dalle catene che ci imprigionano e limitano in una spietata contingenza.
Questo topos si scorge anche nelle altre storie e ne offre una
importante chiave interpretativa.
Molteplici sono infatti i vincoli che imprigionano l'uomo, il quale è portato
naturalmente a crescere e a tentare, spesso invano, di spezzarli, di
affermare la propria individualità in cerca di una "raison d'etre" per
giustificare la propria esistenza. Le ali, dunque, parrebbero
simboleggiare un effimera speranza da inseguire, il sogno di una
"rivoluzione" contro quei vincoli imposti all'essere umano da dio, dai
genitori, dal mondo e da se stesso.
Le bambole alate sono una metafora; marionette il cui creatore (che può
prendere il nome di dio ma anche di uomo) ne determina le possibilità;
nonostante siano dotate di una volontà propria, non
sono veramente libere. Difficilmente possono svincolarsi da tale atavica
stretta, se non con l'unico atto che permette loro di affermare la
propria volontà in assoluta indipendenza, ovvero la rinuncia: scegliere per se stesse
di porre fine alla propria esistenza, il suicidio inteso come ultimo ed
estremo atto di affermazione assoluta della volontà di liberazione.
Esso viene inteso, tuttavia, anche in un aspetto leggermente diverso:
viene infatti messo in relazione col "sacrificio di sé", elevandolo a
scelta con un fine quasi più nobile, che conferisce un significato, uno
scopo, all'esistenza. Mediante il sacrificio della propria vita,
facendone un dono in funzione della salvezza altrui, anche una
marionetta inutile, creata per mero capriccio, può dare uno scopo alla
sua esistenza, far sì che essa non sia stata vana. Rinunciare alla
volontà di vivere per vivere, realizzare se stessi nella morte, forse
l'unica scelta del tutto libera.
(riferimento al racconto: "la cremazione di Vendemiaire")
Ma torniamo un attimo indietro, una metafora, dicevamo, una metafora
appunto, che si giostra su due diversi piani: l'uno metafisico e l'altro
psicologico, rispettivamente il rapporto con l'assoluto e il rapporto
con il genitore.
Il primo lambisce con delicatezza i concetti di libertà e libero
arbitrio, di ambizione e di desiderio, la realtà si rivela immensamente
spietata e crudele, la contingenza (la natura) sembrerebbe stringere in uno spietato meccanicismo l'individuo, ed in effetti è così, ma vi sarà sempre nella volontà la
potenzialità della scelta. L'unico modo per cercare di "spiccare il
volo" è la presa di coscienza di tale dilemma e cercare la propria indipendenza, anche se ciò si palesa come una mera illusione... ma in
qualcosa si deve pur credere. Ad esempio attraverso l'ingegno,
proiezione della nostra volontà, dei nostri desideri ed ambizioni nella
realtà; strumento che permette di librarci metaforicamente (e non) nel
cielo, seppur artificialmente. Anche il
crescere e maturare costituiscono un pericoloso allontanarsi dalla
"protezione divina"(o materna se vogliamo, ma questo si vedrà più
avanti) uno sfidare la sorte: "quando voliamo siamo soli", e dobbiamo
bastare a noi stessi, palese metafora della crescita e del diventare
adulti, dell'allontanarsi da quel guscio che è il nostro mondo. Quella
guadagnata non sarà forse vera libertà, d'altronde davvero potrebbe
esistere tale chimera? Ma sarà pur sempre il frutto di una nostra scelta
consapevole.
Il desiderio, e soprattutto la necessità, di una presa di coscienza si
percepiscono non solo nella loro dimensione astratta e metafisica ma,
altresì, nel rapporto che intercorre tra genitore e figlio. I genitori
infatti tendono ad imporre la propria volontà sulla prole, per far sì
che essa diventi strumento atto a soddisfare la loro felicità, desideri,
aspettative. Cercano dunque di plasmare i figli come vogliono e perciò
prevaricano inconsciamente sulla volontà degli stessi, che rimangono
attaccati alla figura del padre e della madre e non riescono a sfuggirvi
o, al contrario, non vedono l'ora di poter fuggire a tali pressioni. La
necessità dell'indipendenza, in ogni caso, è inevitabile e per
raggiungerla il figlio non può che crescere, staccandosi dai genitori,
"uccidendo" simbolicamente la figura materna per penetrare il mondo
adulto, fuggendo dalla forma che il genitore vuole imporgli, fuggendo
dalla protezione confortevole del grembo materno. Questa ribellione
avviene in una dimensione interiore, grazie ad una maturazione dovuta
allo scontrarsi con la dura realtà, al disincanto.
Siamo dunque, noi, come marionette? Giocattoli di un dio tiranno? La
nostra libertà, le nostre certezze di cui andiamo fieri e che ci
confortano, sono davvero tali? O si rivelano solo mere illusioni,
fragili ed effimere tanto che basta un alito di vento per farle crollare
miseramente in pezzi? Le nostre ali spesso assomigliano più ad una decorazione: come quelle di Vendemiaire, non possono volare.
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