Titolo originale: NHK ni Youkoso!
Regia: Yusuke Yamamoto
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Tatsuhiko Takimoto & Kendi Oiwa)
Sceneggiatura: Satoru Nishizono
Character Design: Takahiko Yoshida
Musiche: Pearl Brothers
Studio: GONZO
Formato: serie televisiva di 24 episodi
Anno di trasmissione: 2006
Regia: Yusuke Yamamoto
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Tatsuhiko Takimoto & Kendi Oiwa)
Sceneggiatura: Satoru Nishizono
Character Design: Takahiko Yoshida
Musiche: Pearl Brothers
Studio: GONZO
Formato: serie televisiva di 24 episodi
Anno di trasmissione: 2006
Sato è un debole: ha lasciato l'università e da quattro anni non esce
mai di casa. Un giorno di apatia come un altro. Mentre se ne sta disteso
con lo sguardo vacuo in mezzo alla sua disordinata camera, piena di
cianfrusaglie e fetenti sacchi dell'immondizia, bussa alla sua porta una
testimone di Geova. Aperta la porta, a fianco della vecchia brontolona,
se ne sta in disparte una ragazza esile, dai lineamenti fini e dagli
occhi neri come il diamante, la quale ripara dal sole la sua pelle,
bianca come il latte, proteggendosi con un apposito ombrello. Ella è
Misaki, una ragazza che stranamente sa tutto di Sato, e che vorrebbe
aiutarlo a uscire dalla sua condizione di hikikomori attraverso la
stipulazione di un grossolano contratto, consistente nell'obbligo di
partecipazione a degli incontri serali nel parco tra i due: delle vere e
proprie sedute psicoanalitiche improvvisate. All'alienato Sato la
provvidenza farà reincontrare anche Yamazaki, un ex compagno di liceo
dal carattere forte e dai nervi molto sensibili, il quale si è
trasferito a Tokyo per perseguire il suo sogno otaku: diventare uno
sviluppatore di giochi erotici. Questi sono i tre protagonisti di
"Welcome to the N.H.K.", quello che personalmente reputo uno degli anime
più significativi e impegnati degli ultimi anni. L'opera -
apparentemente superficiale, ma in realtà molto intelligente e profonda -
parla della condizione dei giovani giapponesi di adesso; della società
giapponese di adesso - si potrebbe generalizzare -, presentando un
ritratto realistico e quanto mai preoccupante. E' l'anime che
rappresenta un'intera generazione di ragazzi senza valori, senza punti
di riferimento da seguire, indeboliti da una società competitiva,
sfacciatamente ipocrita e consumistica; uno slice of life che offre
spunti di riflessione molto ampi colpendo perfettamente nel segno, con
il suo stile godibile e introspettivo.
- E' tutto un complotto - dice la senpai Hitomi, l'ex compagnia di liceo
dalle manie complottiste, ormai diventata un'impiegata come tante
altre, insoddisfatta dal lavoro e dalla vita. Hitomi, che come Sato
ricorre agli psicofarmaci e alle droghe leggere per fuggire dalla
realtà. Lo status di alienati dei personaggi è reso magistralmente, con
tanto di vere e proprie incursioni nelle loro paranoie, allucinazioni e
complessi; il tutto avviene con modus operandi tragicomico, spesso
alquanto spiazzante. Nessuno dei protagonisti si salva, e quello che
sembrerà il più forte si ritroverà comunque a dover affrontare il duro
scontro contro la spietata realtà. Urge quindi imputare la colpa di
tutti i mali a qualcuno o a qualcosa, non importa se sia la N.H.K., la
famiglia, la società o addirittura Dio - memorabile il discorso di
Misaki su Dio, che quasi sembra assumere toni cosmici: Dio ci ha
abbandonato; un mondo che tanto ci rende infelici è sicuramente il
frutto di un essere malvagio; siamo soli nell'universo, abbandonati a
noi stessi e nella più completa e ontologica solitudine.
"Welcome to the N.H.K." ha avuto un grande successo in tutto il mondo, e
spesso molti occidentali si sono identificati nei protagonisti, nelle
loro problematiche e nella loro alienazione. Ergo l'anime non si
sofferma solamente su problematiche tipicamente giapponesi, le quali
possono essere il definitivo fallimento del sogno otaku, oppure la
presenza di una società competitiva e opprimente che soffoca l'identità
dei più giovani. "Welcome to the N.H.K." si colloca perfettamente nel
climax della post-modernità. Sato, così come Misaki e tutti gli altri
personaggi dell'anime, sono individui in crisi i quali non riescono ad
adattarsi a un mondo in continuo e repentino cambiamento, nel quale ogni
certezza è perduta. Ogni riferimento è perduto. L'identità personale è
perduta. La conoscenza umana è verso la via della totale saturazione. Il
mostruoso ed esponenziale sviluppo di scienza e tecnica - sopratutto
nel settore terziario -, congiunto alla tipica mentalità
post-consumistica di massa, hanno distrutto l'individuo sul nascere,
hanno stroncato i sogni e le speranze di molti giovani, i quali si
ritrovano alienati e isolati, incapaci di identificarsi con qualcosa di
solido in un mondo abnorme, mostruoso, ipocrita e basato esclusivamente
sul profitto; una melassa in continuo e frenetico mutamento mascherata
da "società civile". Il recente sviluppo del fenomeno hikikomori anche
al di fuori del Giappone, testimoniato da recenti studi psicologici,
dovrebbe far molto riflettere.
La frammentazione della personalità dei giovani protagonisti, le loro
debolezze e incapacità di relazionarsi con gli altri - fino ad arrivare a
casi estremi nei quali alcuni di essi riescono a comunicare solamente
attraverso internet - parlano chiaro; il benessere economico non basta,
anzi, possiede dall'altra faccia della medaglia il fattore isolamento
totale. Isolamento spesso coadiuvato da un apatico individualismo
narcisistico - sono diventato Dio - direbbe il nostro Sato.
Solamente quando finiscono i soldi si smette di essere hikikomori. Si
esce di casa e si va a lavorare. Ma l'alienazione rimane, il sapore
acerbo di una vita senza riferimenti persiste; anche l'amore ne esce
sconfitto - l'amore in Giappone non è mai esistito: l'abbiamo importato
dall'Occidente - afferma un nervoso e disilluso Yamazaki. L'agrodolce
finale di "Welcome to the N.H.K." sta a simboleggiare questo: una
vittoria che allo stesso tempo è una sconfitta. Perché è impossibile
sconfiggere il grande mostro che vuole la nostra infelicità. Si può
momentaneamente ignorare, ma egli, un giorno, potrebbe tornare a
distruggere le nostre false convinzioni e sicurezze, quelle cose che ci
permettono di sopravvivere al mondo frenetico e alienante che noi stessi
abbiamo creato - o che gli altri, prima di noi, hanno creato per noi. O
esclusivamente per loro stessi. Chi lo sa. Potrebbe essere stata la
N.H.K., in fondo. Oppure Dio. L'incertezza è totale, così come la
precarietà della nostra esistenza.
L'anime in sé è tecnicamente buono; musicalmente un po' 'zappiano', con
tanto di sigla di apertura indelebile, sigla finale iconica e splendide
musiche introspettive - "Hitori Bocchi" -, una delle quali fiorisce in
un assolo di chitarra in grado di lasciare emozioni che non si
cancellano - quello di sottofondo alla già citata scena del discorso di
Misaki su Dio, scena che per me, assieme a molte altre, è già diventata
un cult.
E' bello guardare "Welcome to the N.H.K.". Personalmente l'avrò rivisto
almeno quattro volte. I personaggi, il mood che crea, le riflessioni a
cui dà adito, il contesto in cui è uscito ne fanno a mio avviso un vero e
proprio capolavoro. Peccato che molte cose siano state sviluppate con
completezza inferiore al manga - si pensi al percorso di maturazione del
fratello della capoclasse di Sato - e che animazioni e disegni in una
certa parte della serie subiscano un calo visibile (per poi tuttavia
riprendersi nelle battute finali). Per il resto, l'anime è abbastanza
fedele alla novel originale, dalla quale riprende - pur essendo meno
introspettivo - molti dialoghi e il finale, aggiungendo alcuni capitoli
del manga, che ai tempi della realizzazione dell'anime era ancora in
corso.
Questa visione la consiglio anche ai non appassionati di anime e manga.
Chissà, forse anche loro, come molta gente che ho conosciuto e alla
quale ho fatto vedere l'anime, in esso troveranno molti spunti di
identificazione e molte problematiche che direttamente li coinvolgono.
Sto riguardandolo per la seconda volta proprio ora e si riconferma la meraviglia che mi é parsa alla prima visione.
RispondiEliminaOttimo articolo, volevo che il mio primo commento fosse a qualcosa di importante per me, perciò l'ho riesumato 10 anni dopo, ahahahah!
Ehilà, benvenuto/a.
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