venerdì 9 gennaio 2015

Now and Then, Here and There: Recensione

  Titolo originale: Ima, Soko ni Iru Boku
Regia: Akitaro Daichi
Soggetto: Akitaro Daichi
Sceneggiatura: Hideyuki Kurata
Character Design: Atsushi Ohizumi, Rie Nishino
Musiche: Taku Iwasaki
Studio: AIC, Geneon
Formato: serie televisiva di 13 episodi
Anni di uscita: 1999-2000


Non è raro nella nostra breve esperienza di vita rimanere imprigionati in meccanismi che ci obbligano ad agire contro la nostra volontà, proibendoci di essere noi stessi, influenzandoci sino al punto di mutare la nostra visione del mondo. Perché, in fondo, anche noi uomini siamo un complesso meccanismo, allo stesso modo di tutto ciò che ci circonda. Il meccanismo di un orologio funziona in un modo molto preciso, ma non è dotato di coscienza: un orologio non sa di essere un orologio, e non si pone neanche il problema degli altri meccanismi presenti nel mondo. L'uomo è un meccanismo molto più complicato dell'orologio, siccome, almeno in teoria, dovrebbe possedere la coscienza di sé stesso e delle sue azioni. Ma nel momento in cui ci si dimentica di essere uomini, e si agisce come delle macchine, si diventa molto più pericolosi di un semplice orologio. La follia e la sete di potere prendono piede, e, nel peggiore dei casi, vengono legittimate e giustificate da determinate ideologie, eserciti e assetti sociali.
"Ima, Soko ni Iru Boku", alias "Now and Then, Here and There" per gli occidentali, è una rappresentazione fantasiosa, ma allo stesso tempo tremendamente realistica, del meccanismo più atroce mai sperimentato dall'uomo: la guerra. Atmosfere cupe e angosciose, condite da ambientazioni fantastiche e allo stesso tempo terribili, convergono in un dramma umano in cui un soffice tocco di poesia, congiunto alla crudezza della realtà più spaventevole, rapisce e incanta, sferrando un grande pugno nello stomaco allo spettatore, al fine di metterlo in guardia su determinati fatti che sono realmente accaduti e che accadono tutt'ora nel mondo (secondo il regista, l'anime è stato creato ispirandosi ai rapporti del genocidio ruandese, e il suo scopo è quello di denunciare l'utilizzo dei bambini negli eserciti dell'Africa Orientale).


L'incipit dell'anime ricorda molto i miyazakiani "Conan il Ragazzo del Futuro" e "Laputa - Castello nel Cielo": Shu, un ragazzino energico, solare e ottimista, incontra una misteriosa bambina, Lala-Ru, la quale è in possesso di un ciondolo magico in grado di creare l'acqua dal nulla: quest'ultima, a causa del suo potere, è ricercata dalle forze armate di Hellywood, uno stato industriale nel quale vige la spietata dittatura militare del folle Hamdo, Re di una delle ultime roccaforti umane rimaste in un arido mondo post-apocalittico nel quale i mari si sono prosciugati. Il suddetto intende utilizzare il ciondolo di Lala-Ru per procurarsi grandi quantità del bene più prezioso del suo mondo, in modo tale da accrescere il suo potere.


Nella sostanza (ma non nella confezione, si pensi al design volutamente retrò e alle buffe scene d'azione alla "Conan il Ragazzo del Futuro"), "Ima, Soko ni Iru Boku" si discosta molto presto dalle sue reminiscenze miyazakiane, diventando un pesante viaggio nell'oblio di notevole intensità drammatica.
Il tema della guerra viene affrontato in modo genuino, sincero, senza alcun buonismo e ipocrisia di sorta. Certe scene in cui bambini uccidono altri bambini perché non possono fare altrimenti, giacché è la guerra in sé che li obbliga a spargere il sangue di altri innocenti, sono veramente impressive e crude nel loro realismo. In "Ima, Soko ni Iru Boku" le scene tragiche e commoventi si sprecano; l'ottima regia è in grado di fornire un continuo, indelebile, concentrato di emozioni, che ha il potere di rimanere impresso giorni e giorni dopo la visione, grazie anche alle splendide musiche composte da un ispiratissimo Taku Iwasaki: brani come "The Bottom" contribuiscono a creare quel mood estremamente cupo e ossessionante della serie, la quale non si abbandona a freddi e inutili intellettualismi, ma si concentra nel lanciare il suo profondo messaggio colpendo direttamente al cuore con una grande dose di pàthos.


Come era la norma negli anime degli anni novanta, l'opera è caratterizzata da una marcata introspezione psicologica dei personaggi, i quali, allo stesso modo di Hamdo, sono perfettamente credibili e assimilabili a persone in carne e ossa. Il sempliciotto di buon cuore Shu, novello Conan il quale viene tuttavia picchiato, torturato, mandato in guerra contro la sua volontà e che, nonostante tutto, non ha mai smesso di avere fiducia nel genere umano; Hamdo, un dittatore dello stesso calibro di Hitler e di Idi Amin Dada, un pazzo che non si fa problemi a mandare in guerra bambini e a ordinare genocidi in preda a veri e propri deliri da psicopatico; Sala, ragazza innocente che viene fatta violentare ripetutamente dall'esercito al fine di produrre nuovi soldati, la cui psicologia, in seguito a tali raccapriccianti eventi, andrà in frantumi; Nabuca, ragazzino soldato che sa di compiere atti crudeli ed ingiusti, ma che non intende ribellarsi al sistema, siccome è stato ingannato dalle promesse di pace di Hamdo; Abelia, il braccio destro di Hamdo, un valido ufficiale con una grande capacità di pianificazione il quale è completamente incapace di ribellarsi, forse a causa della grande paura che prova nel profondo del suo animo; forse perché nella sua vita non ci sono emozioni, sentimenti, coscienza, affetto e comprensione. Nel cuore di Abelia c'è soltanto tanta solitudine: e tale è la cosa che più la lega all'altrettanto isolato dittatore, con il quale ha un rapporto pressoché morboso. E poi c'è Lala-Ru, la quale, pur essendo qualcosa di molto simile a una divinità, con quel suo sguardo gelido e con le sue poche parole, è molto più umana di quello che sembra. Ella prova una grande indifferenza nei confronti dell'umanità, che fa da contrappunto al sincero entusiasmo di Shu: i due personaggi si completano a vicenda, sono gli opposti che si attraggono.


«Perché non usi il potere del ciondolo per portare l'acqua in posti diversi? Scommetto che che questo piacerebbe alla gente.»
«No.»
«Perché no? Sono sicuro che ogni persona ti ringrazierebbe.»
«No. Potrebbero dirmi un milione di volte grazie, ma per me sarebbe indifferente.»
«Perché? Non ti rende felice essere apprezzata?»
«No. E loro non apprezzerebbero comunque. Loro tutti all'inizio mi ringraziano, ma poi incominciano a dare il mio dono per scontato. E presto, nel momento in cui non fornisco loro l'acqua richiesta, si fanno prendere dall'ira, e infine mi rinchiudono per sfruttarmi.
Ogni volta che utilizzo questo ciondolo, divento sempre più debole. Ma nessuno si cura mai di quello che mi potrebbe capitare.
E lo sai cosa fanno dopo? Si uccidono a vicenda. Così è sempre stato, in ogni luogo e in ogni tempo. Se metti abbastanza persone insieme, quelle combattono sempre. Dapprima implorano per le loro vite, e poi si uccidono a vicenda, sino a quando non rimane più nessuno.
E' sempre così.»
«Ci potrebbero essere delle persone così, ma penso che la maggior parte delle persone sia buona. Ne sono sicuro.»
«Tutte le brave persone di questo mondo sono già morte.
Non voglio più sprecare la mia vita per gli esseri umani.
»
«Io penso che tutti ti apprezzino allo stesso modo.»
«No. Grazie.» [Dialogo tra Shu e Lala-Ru]


Il racconto di Lala-Ru, nonostante sia macchiato da una concezione pessimistica della natura umana, è più che legittimo. In esso il comportamento dell'uomo nei confronti dell'acqua diventa un'allegoria del suo innato desiderio di ampliarsi, di espandersi, di consumare tutto quello che trova lungo il suo cammino, senza alcuna coscienza e freno inibitore, giacché la sua sete di potere cresce sempre più, prevaricando ogni cosa. Hellywood è uno stato industriale, non a caso collocato in una monolitica- e simbolica - torre, ove tutto viene prodotto in serie al fine di ricavare un maggior profitto, dalle armi, ai pasti sino agli stessi militari (la triste vicenda di Sala). La sanguinosa guerra tra il suddetto stato e Zari Bars, un villaggio pacifico di agricoltori, mette in luce come in entrambe le fazioni sono allo stesso modo presenti individui egoisti e alienati, i quali non si curano della sofferenza degli altri e che, accecati dalla paura e dalla codardia, non esitano a uccidere i membri della loro stessa comunità. Industrialismo e comunione con la natura vengono quindi messi sullo stesso piano, così come i concetti di "buono" e di "cattivo", che nell'anime perdono completamente di rilevanza: si pensi alla dittatura di Hamdo, che non viene affatto contrastata dalla maggioranza dei sudditi, i quali non pensano, non hanno il coraggio di ribellarsi, vengono storditi dalla propaganda e dalle menzogne; lo stesso dittatore viene dipinto come un prigioniero dello stesso meccanismo nel quale sono intrappolati anche gli altri personaggi: il meccanismo della follia.


Per quanto concerne i due piccoli protagonisti, sia Lala-Ru che Shu una volta giunti a Zari Bars dovranno mettere da parte le loro rispettive concezioni della natura umana, trovando un compromesso con la cruda realtà: la prima dovrà rivalutare le sue convinzioni dopo aver conosciuto Sis, una donna molto pragmatica e sincera che le vorrà bene incondizionatamente, come una vera e propria figlia; il secondo, dopo aver assistito ad alcuni eventi atroci, dovrà mettere da parte il suo inutile buonismo e agire per tentare di salvare le persone a cui tiene.


Siamo quindi di fronte a una spietata analisi dei meccanismi, sopratutto psicologici, che spingono l'uomo ad autodistruggersi. Tutta la serie è una progressione crescente di violenza che sfocia in un'apocalisse finale piena di morte e disperazione, di sentimento, di esistenze spezzate, di tristi e malinconici addii; e dopo, quando le acque si sono calmate, e il cielo viene mitigato dai colori rassicuranti del tramonto, rimane soltanto una leggera quiete, mista a tanta, tanta nostalgia per la vita. «Poiché dieci miliardi di anni sono così fragili e così effimeri... essi suscitano un agrodolce, quasi straziante, affezione.»



















 

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