Regia: Tsurumaki Kazuya
Sceneggiatura: Enokido Youji
Character Design: Sadamoto Yoshiyuki
Musiche: The Pillows
Studio: GAINAX, Production I.G.
Formato: serie OVA di 6 episodi
Anni: 2000/2001
Maybe, kids don't need the masters
Just waiting for the little Busters
In una società familistica come quella giapponese, il rapporto con i genitori è un tema cruciale (ad esempio basta pensare a tutta la riflessione di Imagawa, che delle colpe dei genitori che ricadono sui figli ne ha fatto il cardine della sua poetica). Ciò premesso, è stato detto molto sul qui presente Furi Kuri, dato che è caratterizzato da uno spiccato senso del nonsense e dell'assurdo (cose che potrebbero trarre in inganno lo spettatore occidentale). Tuttavia, il fulcro di questa metanarrazione così bizzarra, è appunto la famiglia. In particolar modo, si avverte il distacco generazionale tra Tsurumaki Kazuya, che qui riveste per la prima volta il ruolo di regista generale, e il suo mentore Anno Hideaki. Infatti ai tempi di quest'ultimo, cresciuto con la Expo di Osaka'70 nel cuore (e pertanto con una forte carica ideologica, sebbene simulacrizzata), ancora permaneva qualche residuo dell'istituzione "famiglia nucleare" (virgoletto perché la crisi della famiglia c'era già ai tempi di Anno, anche se in forma più lieve di oggi).
In breve, il "boomer" Anno aveva ancora in mente delle figure genitoriali "solide" sulle quali costruire una metanarrativa drammatica (ricerca del padre assente stile meisaku e madre Kannon/Madonna à la Miyazaki), ma in qualche modo risolutiva (mi viene in mente Nemo che grida "Ikirou!" a Nadia poco tempo dopo che lei scopre di essere sua figlia). Tsurumaki, invece, parla dei figli della generazione di Anno, e non per nulla il padre del protagonista Naota è un otaku, che pare più immaturo del figlio. I genitori quindi ci sono, sono reali, ma inetti. Bisogna quindi educarsi da soli, o quantomeno evitare di cadere nell'oblio. Mamimi è una ragazza di strada in perenne stato depressivo, il cui fidanzato, fratello maggiore di Naota, è sparito all'estero; Ninamori bara per ottenere il ruolo di protagonista alla recita scolastica soltanto per farsi notare da genitori assenti e in crisi; Haruko è completamente matta nonostante il suo status di aiutante misterioso/madre surrogato di Naota.
La dialettica di FuriKuri è impostata su tre tesi/antitesi che rimandano immediatamente alla tematica della crescita: otona/kodomo (adulto/bambino), karai/amai (piccante/dolce), sugoi/atarimae (strano/normale). La stessa Haruko, che a parer mio dovrebbe rappresentare lo strapotere dei grandi, invero traghetta, ricalcando lo stesso archetipo di Maetel, verso l'adultità, anche se Naota si rifiuta di seguirla nella ricerca del fantomatico Atomsk (ennesima metafora della Volontà di Potenza), rimanendo irrisolto. Il resto è tanta, ma tanta cinematica, con un citazionismo schizofrenico che tira dentro con molta nonchalance cose come South Park e Daicon IV, in una desolazione di fondo che grida alla necessità di avere dei punti di riferimento solidi nella propria crescita, che altrimenti si rivela o troppo influenzata da micronarrazioni di consumo (il pop che fa figo, la televisione) o completamente abbandonata all'apatia (la piromane Mamimi, che sembra quasi una di quelle ragazzine di oggi che compiono atti vandalici/di efferato autolesionismo e li riprendono su TikTok). Forse, FuriKuri sta ai giapponesi come Macerie Prime di Zerocalcare sta a noi italiani, anche se il paragone potrebbe sembrare forzoso. Quel che è certo, è che ora come ora questo anime è molto più vicino a noi (e al nostro tessuto sociale) che l'ormai "vetusto" Evangelion.
Bibliografia:
https://www.pluschan.com/topic/5421-flcl-2016-turnerproduction-ig/page/2/?tab=comments#comment-422690
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