martedì 26 gennaio 2021

FLCL: recensione

Titolo originale: FuriKuri
 Regia: Tsurumaki Kazuya
Sceneggiatura: Enokido Youji
Character Design: Sadamoto Yoshiyuki
Musiche: The Pillows
Studio: GAINAX, Production I.G.
Formato: serie OVA di 6 episodi
Anni: 2000/2001
 
With the kids sing out the future
Maybe, kids don't need the masters
Just waiting for the little Busters 

 

In una società familistica come quella giapponese, il rapporto con i genitori è un tema cruciale (ad esempio basta pensare a tutta la riflessione di Imagawa, che delle colpe dei genitori che ricadono sui figli ne ha fatto il cardine della sua poetica). Ciò premesso, è stato detto molto sul qui presente Furi Kuri, dato che è caratterizzato da uno spiccato senso del nonsense e dell'assurdo (cose che potrebbero trarre in inganno lo spettatore occidentale). Tuttavia, il fulcro di questa metanarrazione così bizzarra, è appunto la famiglia. In particolar modo, si avverte il distacco generazionale tra Tsurumaki Kazuya, che qui riveste per la prima volta il ruolo di regista generale, e il suo mentore Anno Hideaki. Infatti ai tempi di quest'ultimo, cresciuto con la Expo di Osaka'70 nel cuore (e pertanto con una forte carica ideologica, sebbene simulacrizzata),  ancora permaneva qualche residuo dell'istituzione "famiglia nucleare"  (virgoletto perché la crisi della famiglia c'era già ai tempi di Anno, anche se in forma più lieve di oggi).

 In breve, il "boomer" Anno aveva ancora in mente delle figure genitoriali "solide" sulle quali costruire una metanarrativa drammatica (ricerca del padre assente stile meisaku e madre Kannon/Madonna à la Miyazaki), ma in qualche modo risolutiva (mi viene in mente Nemo che grida "Ikirou!" a Nadia poco tempo dopo che lei scopre di essere sua figlia).  Tsurumaki, invece, parla dei figli della generazione di Anno,  e non per nulla il padre del protagonista Naota è un otaku, che pare più immaturo del figlio. I genitori quindi ci sono, sono reali, ma inetti. Bisogna quindi educarsi da soli, o quantomeno evitare di cadere nell'oblio. Mamimi è una ragazza di strada in perenne stato depressivo, il cui fidanzato, fratello maggiore di Naota, è sparito all'estero; Ninamori bara per ottenere il ruolo di protagonista alla recita scolastica soltanto per farsi notare da genitori assenti e in crisi; Haruko è completamente matta nonostante il suo status di aiutante misterioso/madre surrogato di Naota.

 
 
Allo stesso modo di Gunbuster (al quale Tsurumaki poi risponderà con Diebuster, opera dalle tematiche analoghe a FuriKuri), la narrazione è tenuta in piedi prevalentemente dai personaggi. Il nichilismo giovanile lo si intravede fin da subito, con Naota, ragazzino da sesta elementare, che dice di non aspettarsi nulla di straordinario dalla vita (!). Egli è dotato del potere del N.O., mediante il quale è in grado di materializzare oggetti dalla sua testa (il N.O. alla fin fine non è nient'altro che un modo cool di descrivere i processi inconsci degli adolescenti). Quando si raggiunge il livello limite di Teenage Angst, per dirla come i Placebo, tutta la bile interiore viene vomitata dal cervello di Naota sotto forma di mostri, assieme alla proiezione del suo super-ego infantile, un robot con la faccia da schermo/tubo catodico (il che è tutto dire). Spetta quindi al super-ego combattere contro le brutture dell'ego assicurando una tacca di maturazione al ragazzino, il quale, allo stesso modo di Mamimi (che è in grado di vendere le sue memorie/cellulare in cambio di un minimo di compagnia da parte di una specie di robot alieno) rimarrà comunque irrisolto fino alla fine (contrariamente a Ninamori, che si risolve piangendo di fronte ai genitori, ossia mettendo via la maschera da dura e accettando la realtà del suo essere bambina).

 

La dialettica di FuriKuri è impostata su tre tesi/antitesi che rimandano immediatamente alla tematica della crescita: otona/kodomo (adulto/bambino), karai/amai (piccante/dolce), sugoi/atarimae (strano/normale). La stessa Haruko, che a parer mio dovrebbe rappresentare lo strapotere dei grandi, invero traghetta, ricalcando lo stesso archetipo di Maetel, verso l'adultità, anche se Naota si rifiuta di seguirla nella ricerca del fantomatico Atomsk (ennesima metafora della Volontà di Potenza), rimanendo irrisolto. Il resto è tanta, ma tanta cinematica, con un citazionismo schizofrenico che tira dentro con molta nonchalance cose come South Park e Daicon IV, in una desolazione di fondo che grida alla necessità di avere dei punti di riferimento solidi nella propria crescita, che altrimenti si rivela o troppo influenzata da micronarrazioni di consumo (il pop che fa figo, la televisione) o completamente abbandonata all'apatia (la piromane Mamimi, che sembra quasi una di quelle ragazzine di oggi che compiono atti vandalici/di efferato autolesionismo e li riprendono su TikTok). Forse, FuriKuri sta ai giapponesi come Macerie Prime di Zerocalcare sta a noi italiani, anche se il paragone potrebbe sembrare forzoso. Quel che è certo, è che ora come ora questo anime è molto più vicino a noi (e al nostro tessuto sociale) che l'ormai "vetusto" Evangelion.



 

Bibliografia

https://www.pluschan.com/topic/5421-flcl-2016-turnerproduction-ig/page/2/?tab=comments#comment-422690

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