Titolo originale: Sentou Mecha Xabungle
Regia: Yoshiyuki Tomino
Soggetto: Hajime Yatate, Yoshiyuki Tomino
Sceneggiatura: Soji Yoshikawa, Tsunehisa Ito, Yoshihisa Araki
Character Design: Tomonori Kogawa
Mechanical Design: Kunio Okawara
Musiche: Kouji Makaino
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 50 episodi
Anni di trasmissione: 1982 - 1983
Il nome del pianeta è Zola. Anche se nessuno se lo ricorda più. Da tempi
immemorabili i membri di una ristretta e privilegiata classe sociale,
gli Innocent, sfruttano per il proprio tornaconto l'ignoranza dei
Civilians, la classe sociale inferiore, creando strane leggi e
cospirando nell'ombra, alimentando per convenienza le conflittualità
interne al loro dominio. Jiron Amos è un Civilian in cerca di vendetta,
che dopo una serie di avvenimenti si unisce ai Sand Rats, una brigata di
rozzi ladruncoli analfabeti e fracassoni. Essi diventeranno
l'equipaggio dell'Iron Gear, una mastodontica corazzata/robottone
comandata da Eichi, un'isterica ragazza di bell'aspetto che, a suo dire,
vorrebbe piantare il seme della cultura nel deserto dell'ignoranza. Le
azioni avventate di Jiron Amos faranno via via soffiare il vento della
ribellione verso gli Innocent: i nostri scapestrati protagonisti
diventeranno dei veri e propri rivoluzionari senza neanche saperlo...
Titolo assai misconosciuto all'occidente, recentemente riesumato grazie
al fansub, "Xabungle" è assieme a "Daitarn 3" e a alle "Time Bokan" il
grande capostipite del genere parodistico in salsa robotica. Diretto da
uno Yoshiyuki Tomino nel suo periodo di crisi depressiva, subito dopo il
cupo "Ideon" e subito prima del nichilista "Dunbine", questo anime è un
vero e proprio inno alla vita, una solare ed esilarante avventura che
si potrebbe riassumere nel motto "Basta pensare, bisogna agire!".
Nonostante la leggerezza dell'opera in questione, che non manca di un
retroscena più serioso e riflessivo, il pensiero del grande regista
viene in gran parte sviscerato a dovere: la critica alla corsa agli
armamenti, che verrà ripresa in "Dunbine", la fiducia nelle giovani
generazioni, l'assoluto pragmatismo e la conseguente rinuncia alla
speculazione, le riflessioni sulla natura femminile, il nudo...
Il grande punto di forza di "Xabungle", oltre al suo irresistibile
umorismo tamarro, sono i suoi personaggi: è difficile non affezionarsi a
quel maschiaccio di Rag, che tuttavia nasconde una certa sensibilità e
un grande bisogno di affetto; alla carinissima Eichi, che fa spesso
sfoggio della sua isteria da perenne crisi mestruale e delle sue
mutandine, rigorosamente bianche o verdi; al paffuto e tamarrissimo
Jiron Amos, che agisce ancora prima di accendere il cervello, arrivando
addirittura a spaccare i vetri blindati a testate; a Burume,
irresistibile capellone che non vuole essere comandato da nessuno,
sempre pronto a ribellarsi e dire la sua; a Fatman, vero e proprio poser
in animazione, che durante alcune puntate ruberà in modo esilarante la
scena agli altri comprimari. I personaggi sono tantissimi, tutti
caratterizzati degnamente: non mancano le solite baronesse tominiane di
mezza età che si riveleranno antagoniste tragiche; i cambi di fazione, i
cattivi carismatici e sensibili (Lord Arthur in primis).
"Xabungle" è il "Gurren Lagann" prima di "Gurren Lagann". E' evidente
che la blasonata opera della GAINAX, al di là del suo caratteristico
citazionismo, abbia uno script decisamente ispirato all'opera di Tomino,
da cui prende anche la filosofia di fondo, il messaggio positivo
riguardante l'importanza dell'amicizia, il fatto che degli sprovveduti,
che combattono sparando colpi di cannone a caso, riescano a tener testa a
un oscuro nemico che agisce nell'ombra. Anche le ambientazioni
prevalentemente desertiche del pianeta Zola ricordano molto quelle della
prima parte di "Gurren Lagann" (la seconda, per quanto sia ancora
debitrice di "Xabungle", è ispirata sopratutto alla "Getter Saga" di
Ishikawa). Addirittura "Gurren Lagann" emula "Xabungle" per le
incursioni nell'ecchi: non sarà raro vedere le mutande di Eichi, le
tettone di Rag e tante altre zone erogene femminili su cui Tomino farà
dell'ironia in modo assai grezzo e goliardico.
Negli aspetti tecnici, per la sua epoca, "Xabungle" eccelle in tutto: le
animazioni sono sempre fluide e dinamiche, senza alcuna scena ripetuta,
le musiche, sempre splendide, empatiche e inserite perfettamente nella
sceneggiatura, in modo da sottolineare momenti buffi e scanzonati,
oppure tristi e riflessivi - dopotutto stiamo parlando di Tomino nel suo
periodo migliore. Il character design è proprio quello del veterano
Tomonori Kogawa, lo stesso che ha disegnato i personaggi di "Ideon" e
"Dunbine", altri picchi assoluti del maestro. Inutile dire che al mecha
design ci sia il migliore, il leggendario Kunio Okawara, che qui si
sbizzarrisce creando decine di nuovi robot ("Xabungle" ha avuto un
grande successo nella vendita dei modellini, quindi non soffre di alcun
taglio di budget, contrariamente a "Gundam" e "Ideon"). Menzione d'onore
alle sigle: quella di apertura viene acclamata dai fan del genere
robotico di tutto il mondo, quella di chiusura invece è molto
orecchiabile e rende perfettamente quel senso di "avventura infinita"
che Tomino vuole trasmetterci al di là delle gag e dei siparietti
comici.
Con quest'opera, Tomino si diverte alla grande a fare ironia su ogni
singolo cliché del genere: ci sono due "Xabungle" identici, le
anticipazioni degli episodi prendono in giro la serie, i personaggi si
lamentano del fatto che non sono abbastanza fighi, oppure si montano la
testa e pensano veramente di esserlo - come quella scena in cui la
bambina con i capelli a forma di cipolla esce da sotto la gonna di una
ballerina, imbraccia il mitragliatore, spara a caso e dice: "Quanto sono
figa!"; essi inoltre se ne usciranno con frasi del tipo "Questo è un
lavoro degno del mecha che dà il nome alla serie", "Perché il regista
non mi ha messo in una scena così epica?", "Non riesco a colpire
nessuno, non sarà perché sono solamente un personaggio secondario?".
In conclusione, "Xabungle" è uno dei vertici massimi di Tomino, che
nonostante una lentezza e una ripetitività a tratti logoranti, e una
gamma limitatissima di ambientazioni, si rivela un gran bel titolo e, a
mio avviso, la parodia del robotico meglio riuscita in assoluto. Il suo
unico difetto, la ripetitività, non è così marcato come in "Dunbine",
con i suoi ciclici filler tutti uguali uno all'altro, ma è attenuato
dalla simpatia dei personaggi, dalla loro caratterizzazione perfetta e
da quell'inimitabile umorismo autoriale onnipresente nella serie. Come
accennavo, non mancheranno momenti seriosi e drammatici, come l'epica
trentaseiesima puntata, e i vari momenti tristi in cui i personaggi
cadranno nello sconforto, perdendo la fiducia in loro stessi. Visione
obbligatoria per tutti i fan del robotico e di Tomino in generale,
consigliata a tutti gli altri, che magari potrebbero riscoprire un
piccolo capolavoro ingiustamente poco celebrato presso i nostri lidi.
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