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mercoledì 12 ottobre 2016

Cowboy Bebop: A review

Title: Cowboy Bebop
Directed by: Shinichirō Watanabe
Original concept: Hajime Hayate
Series story editor: Keiko Nobumoto
Original character design: Toshihiro Kawamoto
Mechanical designer: Kimitoshi Yamane
Music composed by: Yoko Kanno
A production of: SUNRISE INC. BANDAI VISUAL
Episodes: 26
Original run: April 3, 1998 – April 24, 1999


In the following article, I will be reviewing the anime series Cowboy Bebop, which can be classified as a postmodern space opera. Inspired by the innovative ideas of Osamu Dezaki's famous Space Adventure Cobra series, Cowboy Bebop will use them in two different ways in order to create its episodes. Firstly, it integrates them with brief, various explorations of different movie genres, stretching from comedy to hard boiled, from film noir to action movie or psychological thriller, with no disdain for a little cyberpunk touch. Secondly, they are amplified by the authors' vast store of knowledge on Western cinema and music. And here comes Cowboy Bebop, one of the most important Japanese anime series of the 1990s, whose appeal and success is to be found in its complex network of associations and quotes that resembles a mosaic, for you will need to have all the pieces to fully understand the picture.
Furthermore, it is worth mentioning that there is a recurring element in Shinichiro Watanabe's polyhedric work, coming from the Japanese folk legend Urashima Taro. Indeed, once we remove any postmodern element and reference to other anime, we can see remarkable analogies between the characters' complex personalities and background and the legend. Here Watanabe follows the steps of previous Japanese film directors who used the legend as metaphor of the phenomenology of postmodernity.

martedì 28 luglio 2015

The Big O: Recensione

Titolo originale: The Big O
Regia: Kazuyoshi Katayama
Soggetto: Kazuyoshi Katayama, Keiichi Sato
Sceneggiatura: Chiaki J. Konaka
Character Design: Keiichi Sato
Mechanical Design: Keiichi Sato
Musiche: Toshihiko Sahashi
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 26 episodi
Anni di trasmissione: 1999 - 2003


Nella città di Paradigm City tutte le persone hanno perso la memoria, e non ricordano cosa accadde quarant'anni prima, quando ci fu un misterioso cataclisma dalle origini sconosciute. Al di fuori della città vi sono dei domini ignoti, mai esplorati dagli ordinari cittadini senza passato. Ma ad un certo punto, l'apparizione di dei robot giganti turba la quiete della città dell'amnesia: e se tali macchine realizzate con una tecnologia sconosciuta risalissero all'epoca precedente alla catastrofe? E se esse fossero la chiave per risolvere il mistero della perdita collettiva della memoria? La ricerca della verità sul mistero di Paradigm City è nelle mani del negoziatore Roger Smith e del suo mecha, il potentissimo Big O. Big O, showtime!

sabato 4 luglio 2015

Cowboy Bebop: Recensione

 Titolo originale: Cowboy Bebop
Regia: Shinichiro Watanabe
Soggetto: Hajime Yatate
Sceneggiatura: Keiko Nobumoto
Character Design: Toshihiro Kawamoto
Mechanical Design: Kimitoshi Yamane
Musiche: Yoko Kanno
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 26 episodi
Anni di trasmissione: 1998 - 1999


L'anime di cui mi accingo a scrivere è una space opera postmoderna, in cui gli spunti creativi di base mutuati dall'illustre "Space Adventure Cobra" di Osamu Dezaki vengono coadiuvati da molteplici incursioni in generi differenti - commedia, hard boiled, noir, action, psicologico, senza disdegnare sfumature cyberpunk - e amplificati dal notevole bagaglio culturale degli autori, una vera e propria enciclopedia del cinema e della musica occidentale. Nasce così un mosaico citazionistico di grande successo e carisma, nonché una delle opere cardine dell'animazione giapponese degli anni novanta: il celeberrimo "Cowboy Bebop".
E' molto interessante osservare che esiste una ricorrenza comune nella grande architettura dalle molteplici sfaccettature che costituisce il lavoro della vita di Shinichiro Watanabe, giacché nel profondo attinge direttamente dal folklore giapponese; infatti, tolti i vari strati di citazionismo e postmodernismo, in "Cowboy Bebop" si osservano delle marcate analogie tra le storie e le psicologie dei vari personaggi e l'affascinante mito di "Urashima Tarou", il quale - seguendo l'esempio di molti registi precedenti a Watanabe - viene utilizzato come metafora della fenomenologia della postmodernità.

sabato 9 maggio 2015

Argento Soma: Recensione

 Titolo originale: ΑPΓΕΝΤΟΥ ΣΟΜΑ
Regia: Kazuyoshi Katayama
Soggetto: Hajime Yatate, Kazuyoshi Katayama
Sceneggiatura: Hiroyoshi Yamaguchi
Character Design: Shukou Murase
Mechanical Design: Kimitoshi Yamane
Musiche: Katsuhisa Hattori
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 25 episodi
Anni di trasmissione: 2000-2001


"Argento Soma" è la classica opera dalle potenzialità mal sfruttate. Il periodo in cui ha avuto origine è tuttavia molto fecondo: si tratta di quell'indelebile dopo-Eva in cui vedevano luce una moltitudine di anime seri e adulti dotati di un'elevata eleganza, spesso coadiuvata da contenuti per nulla banali. Etichettato dai più come uno sfacciato clone di "Evangelion", questo "Argento Soma" in realtà è il classico sci-fi robotico che sarebbe andato bene negli anni settanta, non per nulla possiede molti dei topoi tipici di tale epoca: mostri che attaccano la Terra una volta la settimana, sempre nello stesso punto; una fortezza delle scienze in cui è presente un gruppo ridotto di piloti di robot che devono affrontare i suddetti mostri - questa volta aiutati da un novello Frankenstein di origine aliena, che ha cambiato bandiera al fine di proteggere l'orfanella problematica della situazione; l'esercito terrestre cattivo che ad un certo punto si schiera contro i difensori dell'umanità, attaccandone la base con uno scontro all'arma bianca... e così via. A tutti questi schematismi ben collaudati si aggiungono il classico antagonista belloccio che verso la fine della serie si pente dei suoi misfatti cambiando fazione, gli intrighi politici e l'immancabile storia d'amore tragica - un dramma il quale, insolitamente, in questo caso si risolve subito, nella prima puntata. Nell'opera la componente esistenzialista e depressa è soltanto una facciata, una scelta dettata dalla moda del suo tempo: in realtà "Argento Soma" e "Evangelion" sono due cose ben diverse, e chi odia l'uno potrebbe amare l'altro e viceversa.

sabato 11 aprile 2015

Mobile Suit Z Gundam: Recensione

Titolo originale: Kidō Senshi Z Gundam
Regia: Yoshiyuki Tomino
Soggetto: Hajime Yatate, Yoshiyuki Tomino
Sceneggiatura: Yoshiyuki Tomino, Akinori Endo, Hiroshi Ohnogi, Miho Maruo, Tomoko Kawasaki, Yasushi Hirano, Yumiko Suzuki
Character Design: Yoshikazu Yasuhiko
Mechanical Design: Kunio Okawara, Kazumi Fujita, Mamoru Nagano
Musiche: Shigeaki Saegusa
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 50 episodi
Anni di trasmissione: 1985 - 1986


1985. Contemporaneamente all'ibrido real/super robot "Layzner", lo studio Sunrise sforna "Mobile Suit Z Gundam", il seguito diretto della leggendaria prima serie gundamica. Si tratta di un progetto ambizioso e dal budget spropositato, un mastodontico kolossal dagli aspetti tecnici all'avanguardia e dall'inaudito fascino stilistico; con quest'opera, l'obbiettivo primario dello staff guidato da Yoshiyuki Tomino fu quello di creare una versione molto piu' complessa della prima serie televisiva, ossia un thriller fantascientifico dalla trama oltremodo sofisticata, nonché infarcito con una marcata dose di fantapolitica e melodramma. Nonostante tutte queste buone premesse, il risultato finale in un certo senso contraddice la pietra miliare del 1979, scadendo nella spettacolarizzazione della guerra e trascurando quelle importanti riflessioni su di essa che avevano reso il primo "Gundam" un'opera coraggiosa, concettuale e profonda. Non c'è quindi da stupirsi del fatto che Tomino abbia per lungo tempo rinnegato "Z Gundam", non ritenendolo in alcun modo rappresentativo della sua poetica.

domenica 22 marzo 2015

Infinite Ryvius: Recensione

 Titolo originale: Mugen no Ryvius
Titolo inglese: Infinite Ryvius
Regia: Gorou Taniguchi 
Soggetto originale: Hajime Yatate 
Sceneggiatura: Yōsuke Kuroda/Yuichiro Takeda
Mecha design: Kimitoshi Yamane 
Character Design: Hisashi Hirai 
Musiche: Katsuhisa Hattori 
 Studio: Sunrise/Bandai Visual
Formato: serie di 26 episodi
Anno di uscita: 1999


Immaginate di essere sperduti nello spazio, soltanto con qualche centinaio dei vostri simili. Dovete costruire una società partendo da zero, dacché, senza alcun controllo, immancabilmente il caos prende piede, sia nella vostra mente che nelle vostre interazioni con chi vi sta intorno. Individui differenti l'uno dall'altro, ognuno con i suoi lati oscuri nascosti da una maschera la quale, nei momenti più stressanti e densi di difficoltà, mostra alcuni segni di cedimento: e mentre sta per staccarsi, tra un sorriso falso e uno sguardo truce appena abbozzati, iniziano a subentrare gli istinti, le pulsioni aggressive, la ferocia, l'invidia, il fanatismo, l'incomprensione, il tormento interiore. Perché è inutile negarlo, la vera natura umana, quando si viene messi alle strette, si contorce all'interno delle proprie viscere con fare inquietante; e se ci si sforza di sopprimerla, essa diventa ancora più inarrestabile; non c'è alcuna via di scampo, quando non esiste alcun freno inibitore in grado di controllarla. E dopodiché, in modo molto simile ad un acuto e folle grido di terrore, essa fuoriesce; il male penetra nei rapporti interpersonali, nella società, nelle dinamiche che prima erano tenute sotto controllo da quell'indispensabile patto stipulato dall'uomo con le sue istituzioni, quegli organi sovrumani - ma allo stesso tempo fallaci, in quanto composti comunque da uomini - a cui un essere debole e inetto ha affidato il compito di proteggerlo da sé stesso.

mercoledì 10 settembre 2014

Brain Powerd: Recensione

 Titolo originale: Brain Powerd
Regia: Yoshiyuki Tomino
Soggetto: Hajime Yatate, Yoshiyuki Tomino
Sceneggiatura: Yoshiyuki Tomino
Character Design: Mutsumi Inomata
Mechanical Design: Mamoru Nagano, Takumi Sakura
Musiche: Yoko Kanno
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 26 episodi
Anno di trasmissione: 1998

 
"Brain Powerd" è un robotico anni '90 decisamente nella media. Scritto e diretto interamente da Yoshiyuki Tomino nella sua fase post-depressione (vi ricordate quel mattatoio di "V Gundam"?), questo anime è una vera e propria celebrazione della figura femminile in salsa New Age. Ancora una volta, con quest'opera, il regista torna ad affrontare il tema a lui più caro, quello dell'incomunicabilità tra le persone, aggiungendoci anche riflessioni sulla crisi della famiglia moderna in cui la figura della "madre che cresce i figli" è diventata sempre più rara. Infatti, molti personaggi di "Brain Powerd" sono tormentati dal rapporto che hanno (o hanno avuto) con i genitori, soffrono per la perdita della madre (o della nonna) come figura di riferimento, sono abbandonati a loro stessi.
In quest'opera, così come nel successivo "Turn A Gundam" (che uscirà un anno dopo, nel 1999), si osserva che Tomino ha riacquisito fiducia nel genere umano: i suoi messaggi sono coadiuvati da un insolito "happy ending" assai più positivo dei truculenti finali di "Z Gundam", "Ideon" e "Aura Battler Dunbine".

domenica 7 settembre 2014

Mobile Suit Gundam: Recensione

 Titolo originale: Kidō Senshi Gundam
Regia: Yoshiyuki Tomino
Soggetto: Hajime Yatate, Yoshiyuki Tomino
Sceneggiatura: Hiroyuki Hoshiyama, Yoshihisa Araki, Masaru Yamamoto, Kenichi Matsuzaki, Yoshiyuki Tomino
Character Design: Yoshikazu Yasuhiko
Mechanical Design: Kunio Okawara
Musiche: Yuji Matsuyama, Takeo Watanabe
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 43 episodi
Anni di trasmissione: 1979 - 1980


Universal Century, anno 0079. L'umanità ha raggiunto un livello di progresso tecnologico talmente avanzato che le ha permesso di colonizzare lo spazio. Il Principato di Zeon, situato nella colonia spaziale orbitante di Side 3, dichiara la sua indipendenza nei confronti della Federazione Terrestre, scatenando un violento conflitto noto come "Guerra di un anno".
Zeon è inizialmente avvantaggiato dall'uso di un rivoluzionario tipo di arma, il Mobile Suit Zaku, un robot corazzato antropomorfo pilotato da un essere umano. Durante l'intrusione di una squadra di Zaku nella colonia federale di Side 7, il giovane Amuro Rei si ritroverà, in seguito ad alcune circostanze casuali, a dover pilotare il Gundam, un prototipo di Mobile Suit creato dalla Federazione al fine di fronteggiare la minaccia di Zeon. Il giovane, assieme agli altri soldati improvvisati della White Base, un mezzo bellico dalla tecnologia d'avanguardia adibito a nave profughi, si ritroverà nel bel mezzo di una vera e propria guerra, nella quale il talento dei suoi giovanissimi compagni, unito alla tecnologia della White Base e dei Mobile Suit, potrebbe contribuire a ribaltare le sorti del conflitto a favore della Federazione...

mercoledì 3 settembre 2014

L'imbattibile Daitarn 3: Recensione

Titolo originale: Muteki Kojin Daitarn 3
Regia: Yoshiyuki Tomino
Soggetto: Hajime Yatate, Yoshiyuki Tomino
Sceneggiatura: Hiroyuki Hoshiyama, Yoshihisa Araki
Character Design: Norio Shioyama
Mechanical Design: Kunio Okawara
Musiche: Takeo Watanabe
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 40 episodi
Anno di trasmissione: 1978 - 1979

 
Il dottor Haran Sozo era un brillante scienziato il quale conduceva delle ricerche su Marte. Egli riuscì a creare una nuova forma di cyborg al fine di potenziare la razza umana, i Meganoidi. Tuttavia, essi diventarono autonomi e sfuggirono al suo controllo, ed egli sparì, in circostanze misteriose, con tutta la sua famiglia, lasciando al figlio Haran Banjo un robot gigante di sua invenzione: il Daitarn. Il figlio del dottor Sozo si ritroverà, dopo esser fuggito da Marte, sulla Terra, a dover combattere contro i Meganoidi, i quali progettano, comandati dall'enigmatico Don Zauser e dalla glaciale Koros, di trasformare tutta la razza umana in cyborg. Al fianco di Haran Banjo ci saranno Beauty Tachibana, una bellissima biondona dalle forme perfette, svampita, figlia di un famoso imprenditore; Reika Sanjo, un'agente dell'Interpol dalla sofisticata femminilità, tuttavia molto meno appariscente della sua collega bionda; Garrison, un maggiordomo tuttofare alla "Batman"; Troppy, un orfanello che ama combinare guai...

mercoledì 6 agosto 2014

Mobile Suit Victory Gundam: Recensione

 Titolo originale: Kidō Senshi V Gundam
Regia: Yoshiyuki Tomino
Soggetto: Hajime Yatate, Yoshiyuki Tomino
Sceneggiatura: Hideki Sonoda, Kazuhiro Kanbe, Ken Oketani, Minoru Onoya, Sukehiro Tomita
Character Design: Hiroshi Osaka
Mechanical Design: Kunio Okawara, Hajime Katoki, Junya Ishigaki
Musiche: Akira Senjou
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 51 episodi
Anni di trasmissione: 1993 - 1994

«Se usato per connettere le persone, questo Mobile Suit potrebbe anche piacermi.» [Shakti, rivolgendosi ad Uso]

«Non acquistate questi DVD, non è roba da guardare!» [Yoshiyuki Tomino, rivolgendosi ai potenziali acquirenti dei DVD di "V Gundam"]


"Victory Gundam" è a tutto diritto l'anime più sadico, triste e violento mai concepito da Yoshiyuki Tomino, il leggendario creatore di "Gundam" e "Ideon". Si tratta della trasposizione animata della suprema depressione e dello scazzo più totale nei confronti della vita, della donna e dello stesso "Gundam", reo di aver generato un merchandising sfrenato di gunpla, che, dai tempi "Z Gundam", rende l'autore insofferente e impossibilitato a sfogare la sua illimitata creatività in modo indipendente dalle pressioni dei produttori (all'epoca di "Victory" Tomino si era opposto alla fusione della Sunrise con Bandai, ma era stato ignorato e costretto a lavarore controvoglia). L'agognata libertà espressiva e la fine della depressione arriveranno solamente nella seconda metà degli anni '90, in cui l'autore partorirà i personalissimi e ottimisti "Turn A Gundam" e "Brain Powerd".

lunedì 4 agosto 2014

Turn A Gundam: Recensione

Titolo originale: ∀ Gundam Called Turn "A" Gundam
Regia: Yoshiyuki Tomino
Soggetto: Hajime Yatate, Yoshiyuki Tomino
Sceneggiatura: Yoshiyuki Tomino, Ai Ota, Hiroyuki Hoshiyama, Ichirou Ohkouchi, Jiro Takayama, Katsuhiko Chiba, Minoru Onoya, Miya Asakawa, Tetsuko Takahashi
Character Design: Akira Yasuda
Mechanical Design: Atsushi Shigeta, Kunio Okawara, Syd Mead, Takumi Sakura
Musiche: Yoko Kanno
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 50 episodi
Anni di trasmissione: 1999 - 2000


Il rapporto di Tomino con "Gundam" non è mai stato idilliaco: in molte interviste il maestro ha ammesso di essere stato molto frustrato dalle pressioni della produzione e alienato dall'infinito franchise associato al titolo. Nel 1999, per celebrare il ventennio della saga, la Sunrise lasciò a Tomino piena libertà espressiva e un budget considerevole, permettendo la realizzazione del "Gundam definitivo", che avrebbe concluso la saga secondo la volontà del suo autore. Nasceva così "Turn A Gundam", che vantava uno staff prestigiosissimo, tra cui spiccavano Yoko Kanno alle musiche e Syd Mead ("Blade Runner") al mecha design.

lunedì 28 luglio 2014

Aura Battler Dunbine: Recensione

Titolo originale: Seisenshi Dunbine
Regia: Yoshiyuki Tomino
Soggetto: Hajime Yatate, Yoshiyuki Tomino (basato sui suoi romanzi originali)
Sceneggiatura: Minoru Yokitani, Yoshiji Watanabe
Character Design: Tomonori Kogawa
Mechanical Design: Kazutaka Miyatake, Yutaka Izubuchi, Tomonori Kogawa
Musiche: Katsuhiro Tsubono
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 49 episodi
Anni di trasmissione: 1983 - 1984


1983, Tomino dona al mondo dell'animazione giapponese "Aura Battler Dunbine", una delle prime (se non la prima) opere animate fantasy provenienti dal "paese del sol levante". A ben guardare si può tuttavia scorgere un aspetto ulteriore, "Dunbine" non è un mero fantasy ma un esperimento particolarmente bizzarro e insolito, che vede l'armonizzarsi della componente "fiabesca" e "medievaleggiante" con un ingrediente tipicamente tominano: il mecha.
A questo punto devo chiedere gentilmente al lettore dubbioso e diffidente di non smettere di leggere, scettico o nauseato che sia all'idea di un simile accostamento. Invero, Tomino riesce a fondere e a coordinare questi due mondi e generi, apparentemente impenetrabili ed estranei tra loro, con grande semplicità, rendendoli anzi la base per impostare l'intero e più intimo significato dell'opera. Questa serie inoltre rientra a pieno diritto (assieme a "Ideon" e "Z Gundam") in quel gruppo di lavori, accomunati da un elevato tono di pessimismo e drammaticità, che cagionarono al loro ideatore il nomignolo di "Kill 'Em All Tomino".

sabato 12 luglio 2014

Fang of the Sun Dougram: Recensione

 Titolo originale: Taiyou no Kiba Dougram
Regia: Ryousuke Takahashi, Takeyuki Kanda
Soggetto: Hajime Yatate, Ryousuke Takahashi
Sceneggiatura: Sukehiro Tomita, Hiroyuki Hoshiyama, Soji Yoshikawa
Character Design: Soji Yoshikawa
Mechanical Design: Kunio Okawara
Musiche: Tooru Fuyuki
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 75 episodi
Anni di trasmissione: 1981 - 1983


Il 1981 è stato un anno di importanza storica per l'animazione giapponese. Dopo l'iniziale flop televisivo di "Gundam", la messa in onda dei tre film omonimi del 1981 fu un grande successo e inaugurò un nuovo modo di fare animazione. Il "realismo" introdotto da "Gundam" creò un nuovo genere, un nuovo modo di caratterizzare i personaggi e le vicende che li coinvolgevano, sempre più vicine alla realtà e alle nostre esperienze di vita vissuta. Seguendo questa strada, Ryousuke Tahakashi, collega di Yoshituki Tomino nel glorioso studio Sunrise di allora, volle spingersi oltre, creando un'opera robotica ancora più realistica di "Gundam" e dai notevoli risvolti politici e sociologici. Nacque allora nel 1981 "Dougram", uno dei più grandi capostipiti real robot di sempre, insieme al poliedrico "Votoms" e al già citato tominiano "Gundam".

Gasaraki: Recensione

 Titolo originale: Gasaraki
Regia: Ryousuke Takahashi, Goro Taniguchi
Soggetto: Hajime Yatate, Ryousuke Takahashi
Sceneggiatura: Toru Nozaki, Chiaki J. Konaka
Character Design: Shukou Murase
Mechanical Design: Yutaka Izubuchi, Shinji Aramaki
Musiche: Kuniaki Haishima
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 25 episodi
Anni di trasmissione: 1998 - 1999 


Yushiro Gowa è un ragazzo giapponese introverso e taciturno, il quale viene inviato in medio oriente come pilota di un prototipo di robot militare sviluppato in grande segreto dalla sua famiglia. Qui incontrerà, durante un'attacco statunitense alla capitale del Belgistan (nome fittizio per indicare l'Iraq), Miharu, anche lei pilota di un mezzo bellico umanoide. Nonostante siano avversari divisi dal colore della divisa, Yushiro e Miharu percepiscono un forte legame spirituale, il quale sembra legarli da precedenti incarnazioni. Nel setting militare della guerra del Golfo si svilupperà la loro stoica storia d'amore, come se essi fossero allo stesso tempo attori di un poema epico legato al folklore giapponese e soldati impegnati in un conflitto non molto lontano dai giorni nostri.

lunedì 23 giugno 2014

Blue Comet SPT Layzner: Recensione

Titolo originale: Aoki Ryusei Layzner
Regia: Ryousuke Takahashi
Soggetto: Hajime Yatate, Ryousuke Takahashi, Tsunehisa Ito
Sceneggiatura: Fuyunori Gobu, Yasushi Hirano, Tsunehisa Ito
Character Design: Moriyasu Taniguchi
Mechanical Design: Kunio Okawara
Musiche: Hiroki Inui
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 38 episodi
Anni di trasmissione: 1985 - 1986


In un universo alternativo, in cui la guerra fredda tra USA e CCCP si è protratta fino all'era spaziale, una totalitaria razza aliena, proveniente da una stella di nome Grados, vuole distruggere la razza umana, rivendicando la Terra come propria patria. Il protagonista della storia, Eiji, figlio di un terrestre e di una gradosiana, sentendo il richiamo del sangue fugge dalla sua patria rubando il Layzner, l'ultimo prototipo di mecha sviluppato dal regime, con l'intento di avvisare i terrestri dell'imminente catastrofe...

Combat Mecha Xabungle: Recensione

Titolo originale: Sentou Mecha Xabungle
Regia: Yoshiyuki Tomino
Soggetto: Hajime Yatate, Yoshiyuki Tomino
Sceneggiatura: Soji Yoshikawa, Tsunehisa Ito, Yoshihisa Araki
Character Design: Tomonori Kogawa
Mechanical Design: Kunio Okawara
Musiche: Kouji Makaino
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 50 episodi
Anni di trasmissione: 1982 - 1983


Il nome del pianeta è Zola. Anche se nessuno se lo ricorda più. Da tempi immemorabili i membri di una ristretta e privilegiata classe sociale, gli Innocent, sfruttano per il proprio tornaconto l'ignoranza dei Civilians, la classe sociale inferiore, creando strane leggi e cospirando nell'ombra, alimentando per convenienza le conflittualità interne al loro dominio. Jiron Amos è un Civilian in cerca di vendetta, che dopo una serie di avvenimenti si unisce ai Sand Rats, una brigata di rozzi ladruncoli analfabeti e fracassoni. Essi diventeranno l'equipaggio dell'Iron Gear, una mastodontica corazzata/robottone comandata da Eichi, un'isterica ragazza di bell'aspetto che, a suo dire, vorrebbe piantare il seme della cultura nel deserto dell'ignoranza. Le azioni avventate di Jiron Amos faranno via via soffiare il vento della ribellione verso gli Innocent: i nostri scapestrati protagonisti diventeranno dei veri e propri rivoluzionari senza neanche saperlo...

sabato 10 maggio 2014

Space Runaway Ideon: Recensione

Titolo originale: Densetsu Kyojin Ideon
Regia: Yoshiyuki Tomino
Soggetto: Hajime Yatate, Yoshiyuki Tomino
Sceneggiatura: Arata Koga, Hiroyasu Yamaura, Kenichi Matsuzaki, Sukehiro Tomita, Yuuji Watanabe
Character Design: Tomonori Kogawa
Mechanical Design: Submarine, Kunio Okawara
Musiche: Koichi Sugiyama
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 39 episodi
Anni di trasmissione: 1980 - 1981


Quando nel 1976 Go Nagai abbandonò la Toei Animation ebbe inizio un periodo molto fecondo per il genere robotico. Gli autori iniziarono a proporre nuove idee per rinnovarlo, come ad esempio Nagahama Tadao ("Combattler V", "Vultus V", "General Daimos"), che caratterizzava i "cattivi" allo stesso modo dei "buoni", umanizzandoli e facendoli diventare protagonisti a tutti gli effetti; come Yoshiuki Tomino, che con il suo "Gundam" abbandonò definitivamente lo schema tokusatsu, spogliò il robot dell'aura super e introdusse il realismo delle vicende trattate; come Akiyoshi Sakai, che con il suo "Baldios" tentò (invano) di alzare il target a cui era destinato il genere, mettendo il robottone in disparte e concedendo tutto lo spazio ai personaggi. "Baldios" e "Gundam" erano state le opere più coraggiose, le altre - tra cui metto anche "God Sigma", "Daltanious", "Laserion" e tutti gli altri robotici di transizione - erano ancora in parte legate alla tradizione nagaiana. La gloriosa fase di "incertezza" finì nel 1982, dopo il clamoroso successo di "Macross" e dei tre film riassuntivi di "Gundam", che fissarono le nuove direttive per il robotico a venire. Tornando a noi, proprio lo stesso anno della messa in onda di "Baldios" (1980) uscì anche "Ideon", che reputo l'apoteosi della genialità di Tomino e il suo vertice massimo.

martedì 25 marzo 2014

Armored Trooper Votoms: Recensione

Titolo originale: Sōkō Kihei Votoms
Regia: Ryousuke Takahashi
Soggetto: Hajime Yatate, Ryousuke Takahashi
Sceneggiatura: Fuyunori Gobu
Character Design: Norio Shioyama
Mechanical Design: Kunio OkawaraSunrise
Musiche: Hiroki Inui
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 52 episodi
Anni di trasmissione: 1983 - 1984


Tra i grandi capolavori dimenticati del passato vale la pena di ricordare "Armored Trooper Votoms", che oltre ad essere uno dei primi real robot della storia - originale ed autorale proseguimento della lezione tominiana impartita da "Mobile Suit Gundam" -, è un'opera complessa, moderna e dalle molteplici sfaccettature. Questo celebre titolo è la seconda prova del talento e del gusto di Ryosuke Takahashi, il più grande regista mecha dello studio Sunrise - ovviamente insieme a Yoshiuki Tomino -, che già due anni prima, nel 1981, aveva donato alla storia un'altro capostipite del genere real robot, "Fang of the Sun Dougram", imparziale e fedele rielaborazione di fatti storici realmente avvenuti.