Titolo originale: Kino no tabi - The Beautiful World
Regia: Ryutaro Nakamura
Soggetto originale: Keiichi Sigsawa
Sceneggiatura: Sadayuki Murai
Character Design: Suga Shigeyuki
Musiche: Ryo Sakai
Studio: Wombat
Formato: serie televisiva di 13 episodi
Anno di trasmissione: 2003
Regia: Ryutaro Nakamura
Soggetto originale: Keiichi Sigsawa
Sceneggiatura: Sadayuki Murai
Character Design: Suga Shigeyuki
Musiche: Ryo Sakai
Studio: Wombat
Formato: serie televisiva di 13 episodi
Anno di trasmissione: 2003
"Kino no Tabi - The Beautiful World" è una serie di tredici episodi diretta da Ryutaro Nakamura, nome che forse evocherà in più di qualcuno di voi il ricordo del ben noto "serial experiments lain". Ebbene, così come "Lain", anche "Kino no Tabi" è una serie che mantiene una cifra prettamente intellettuale e filosofica, risolvendosi in una visione forse non altrettanto criptica ed ermetica, ma sicuramente di grande valore e interesse.
Il topos cardine attorno al quale ruota la serie è il tema del viaggio, un viaggio da non intendersi però come una sorta di "odissea": con un'Itaca a simboleggiarne il punto di arrivo e le cui tappe del percorso incarnano un progressivo avvicinarsi all'agognata meta; ma un viaggio più simile a quello dell'Ulisse dantesco, che ha "in sé" il suo stesso valore, un cammino che ha sé stesso come scopo. In altre parole Kino è una viaggiatrice, nondimeno il suo non è un viaggio fatto per "giungere", perché Kino non ha una meta, il suo è un viaggio fatto per "viaggiare". Ciò, oltretutto, si riflette anche nella struttura della serie: i luoghi che progressivamente Kino incontra in ogni episodio non l'avvicinano ad un fine (meglio, ad un "finale"), l'anime è giustamente episodico, in quanto ogni tappa fa capitolo a sé stante. L'ultimo episodio non può essere l'ultimo (in senso narrativo), poiché non vi è un vero fine a questo vagabondare, e infatti esso non consiste altro che in una nuova tappa.
Il viaggio di Kino pertanto è un viaggio senza senso, senza uno scopo, e in tal guisa esso diviene una sorta di cinica metafora della vita: un vagabondare senza meta in cerca della verità, un guardare in faccia l'indecifrabilità del destino, un naufragare in un mare sconfinato domandandosi quale sia il senso del viaggio, quando ci si accorge che ogni meta è soltanto illusione. "Kino no Tabi" è un monumento dedicato al disincanto, un tempio nel quale, con algida imperturbabilità, si sacrifica il velo che cela la realtà e che copre le nostre convinzioni, palesandone le aporie e le insensatezze. Così, ogni tappa di siffatto percorso ci conduce entro gli estremi di una qualche problematica (sia essa di natura etica, filosofica o sociale), disertando però da qualsiasi prospettiva escatologica o ideale, ma dandone invece una sagace e acuta critica.
Kino come lo specchio dell'irrazionalità del mondo, dunque, ma anche come ritratto della sua umanità, perché in fin dei conti il cercare di ordinarlo e razionalizzarlo, il volergli dare un senso, è "una malattia comune a tutti gli uomini", come dice anche il buon Hermes.
"Kino no Tabi" si distingue, nel suo stile, per una freddezza e compostezza notevoli: si tratta di un'opera dalla grafica del tutto minimale e dai dialoghi spesso crudi e penetranti, il regime potrebbe risultare assai "pesante" e pertanto è da sconsigliare a chi è in cerca di una serie leggera che possa fornirgli mero intrattenimento. "Kino no Tabi" è una serie da seguire con la propria anima, una serie da vivere e da godere episodio dopo episodio, ponderando sui temi che porta alla nostra attenzione di volta in volta.
Nessun commento:
Posta un commento