martedì 19 agosto 2025

Jakubisko e la morte dell'illusione (by Molly)

  

  


Uccelli, Orfani e Pazzi, titolo della pellicola di Juraj Jakubisko datata 1969, è un'opera che mette in luce il declino dell'animo umano con la follia intrinseca della corrente cinematografica della Nová Vlna. Una follia incisiva, decisiva, che in questo caso fa da tematica portante a quest’ora e venti di film.
I tre protagonisti sono orfani, non solo di genitori, ma anche di qualsivoglia identità sociale. Difatti vivono in un mondo devastato e privo di punti di riferimento, nel quale sono spronati ad andare avanti unicamente in nome della succitata follia.

Ma cos'è esattamente questa follia tanto nominata nel film? 

La follia è una filosofia di vita, schermo protettivo contro l'annichilimento emotivo, la tristezza e la consapevolezza. Una sorta di strategia di sopravvivenza
Yorick, Ondrej e Martha rifuggono infatti costantemente nella follia, salvo brevi attimi di perentoria lucidità.

lunedì 18 agosto 2025

Nasce il profilo X del Bokura no Kakumei

  


Dopo 11 anni di attività ho deciso di aprire una pagina social dedicata a questo blog, in modo tale da avere una sorta di newsletter per chi, a parte i soliti occasionali di Google o la mia solita cricca, voglia tenersi aggiornato con i nuovi post o su alcune mie riflessioni personali. La piattaforma che ho scelto, per ovvi motivi, è X. Se vi interessa essere aggiornati senza lurkare ogni volta il blog, sentitevi pure liberi di iscrivervi qui.  

martedì 12 agosto 2025

Vedere Candy Candy nel 2025: Considerazioni di un lettore


Questo mio lettore, Seele94, è uno dei pochi che mi son rimasti, ossia uno di quelli dello zoccolo duro che mi ha letto fin dal principio, quando ancora stavo su Animeclick. Lui vive in provincia di Taranto, nella più totale miseria sia umana che economica: una sorta di Rosso Malpelo dell'oggidì, un Rosso Malpelo tuttavia privato di qualsivoglia forma di titanismo o simbolismo. Un atomo debole, solo e dimenticato da tutti perché le priorità oggi sono altre, ed è impensabile che un "intellettuale" di punta contemporaneo torni a parlare di quella vetusta cosa che è la questione meridionale, o tantomeno dell'allarmante fase di totalitaria "post umanità" in cui il capitalismo leggero iper tecnologizzato sta traghettando la nostra (purtroppo ancora bestiale) specie. Questo mio lettore ama i cartoni animati d'annata (o "paralitici", come ama definirli con amara ironia), e di recente l'aver visto Candy Candy l'ha in qualche modo colpito. Ebbene sì, Candy Candy. Proprio quello, oggi, nell'Italia del 2025, in cui se non mostri un culo o qualche vacanza prodigiosa su Instagram sei automaticamente etichettato come un fallito. Quindi gli ho detto: "E allora scrivici qualcosa su questo Candy Candy, così te lo pubblico io. Non ti leggerà quasi nessuno, ti avverto: ma almeno avrai scritto, e scrivere aiuta a rielaborare un po' le cose, e a soffrire di meno". Ed ecco quindi le onestissime considerazioni di Seele94 su Candy Candy. La parola  ora la lascio a lui. 

domenica 10 agosto 2025

Ubik: Recensione e interpretazione


Questo è il mio primo approccio a Dick; di fantascienza avevo letto altri libri, cose ben più "classiche" e meno genuinamente postmoderne. Lo scrittore è inutile presentarlo: trattasi di un pezzo grosso della letteratura, e su internet è pieno di saggi e materiale biografico su di lui. La cosa che più mi ha colpito del personaggio, comunque, a parte le conclamate neurodivergenze e dipendenze da sostanze, è stato il trauma, mai risolto in vita, della prematura morte della sorella gemella. La grande prolificità di Dick, quindi, mi puzza molto di "strategia di sopravvivenza" a un dolore primigenio, un po' come quella di Enrico Fermi, che decise di dare tutto sé stesso alla fisica dopo la morte del fratello, o di Michelangelo, che  nelle sue madonne sembrava quasi ricercare il volto della defunta madre (addirittura, quando si trattava di vivisezionare i cadeveri per studiarne l'anatomia, l'artista si rifiutava di toccare i corpi femminili, giusto per non rievocare l'antico trauma). Ergo arte e scienza, così come la religione, sono a loro modo forme di cope, di compensazione psicologica di fronte all'insensatezza della schopenaueriana Wille che muove da dietro le quinte la Vorstellung, o velo di Maya che dir si voglia. Tutto torna quindi in questo Ubik, con le sue metafore gnostiche e filosofiche, i suoi sbalorditivi plot twist che mirano a indagare la natura del tempo, della coscienza, del Male e così via, senza mai giungere a una vera e propria risposta, perché una risposta in realtà non c'è, ma si potrebbe soltanto intuire sperando di attingere un po' di polvere dorata da qualche fugace stato superiore di coscienza. 

domenica 27 luglio 2025

Lilja 4-ever: Riflessioni


Questo film, che ho deciso di visionare dopo un lungo periodo di astinenza dal medium visivo, è stato come una coltellata, e ci ho messo qualche giorno per riprendermi dal trauma (necessario ai fini della consapevolezza, per carità) che mi ha causato. Ovviamente è tratto da una storia vera, ed è girato altresì in modo ruvido, grezzo, in modo tale da svincolarsi dal concetto stesso di finzione. Lilja 4-ever tra l'altro non è nemmeno definibile come intrattenimento, anche se mantiene incollati allo schermo per tutto il tempo. Il regista è svedese, la pellicola datata duemiladue, una buona annata per il cinema in generale. Lilja, interpretata da una fenomenale Oksana Akin'šina, è una sedicenne che viene abbandonata dalla madre e dal patrigno in un paesino sperduto dell'Estonia, un luogo di cattiveria e miseria ancora reduce della caduta dell'Unione Sovietica. Tradita dalla zia, che la caccia di casa, e dalla sua migliore amica, che la fa passare per zoccola al suo posto per salvarsi la faccia, Lilja, una volta ufficialmente diseredata (la madre comunica per lettera ai servizi sociali la rinuncia alla propria patria potestà), si ritrova sola e senza un soldo in compagnia  del giovane amico Volodja, un dodicenne dalla situazione famigliare disastrata che, fortemente innamorato di lei, ne fa una sorta di figura genitoriale sostituto. Per Lilja non resta altro da fare che prostituirsi, e farsi ingannare da quello che sembra essere il suo "principe azzurro". Il resto del film è mera meccanica, ossia una spirale di rabbia, brutalità, dolore e rassegnazione prive di voce, fino all'ovvio, devastante finale. 

venerdì 9 maggio 2025

Il fascismo della comunicazione


 Una mia amica dark, una persona molto buona e intelligente, apre una di quelle merde di app di incontri per cercarsi una fidanzata, scrolla un po' di profili e mi dice qualcosa del tipo: "Sembra che ormai la storia dell'avere malattie mentali venga fatta passare come un qualcosa di figo...  guarda un po' qua, ci sono ’ste ragazze che si vantano di avere problemi... Anche sui social è così, con tutti ’sti meme che semplificano e sminuiscono le cose. Vorrei proprio vedere se postassi la mia diagnosi firmata dallo psichiatra, vorrei proprio vedere cosa ci troverebbero di figo...". Io allora le rispondo: "L'intrattenimento ormai è la misura di tutte le cose". In questo post vorrei un attimo elencare e ragionare sul significato e sulle implicazioni di questa mia osservazione,  che implicitamente ne racchiude un'altra, ossia: "L'(in)esperienza del reale è stata ricondotta all'esperienza dell'intrattenimento". Giocando un po' come con le Matrioske, in ultima istanza si potrebbe dire: "Il principio del piacere, a livello sociale e sistemico (almeno per quanto riguarda l'Occidente), ha offuscato la realtà, a tutti i livelli e istanze". Ma procediamo con ordine. 

domenica 27 aprile 2025

Rivedere Ideon nel 2024


Ho provato a vedermi una serie Netflix a tempo perso: ho resistito un episodio, uno soltanto, poi ho smesso. Ho pensato: "Perché devo sprecare il mio tempo così?" E allora niente, siccome ho da poco rivisto La Rivoluzione Utena, decido di rivedermi anche Space Runaway Ideon, un anime che mi ossessionò non poco durante gli anni universitari. Ideon è austero, duro, un calcio sui denti, un po' come lo erano i laboratori al terzo piano sottoterra della facoltà di fisica di Torino. Le vecchie sale computer vicino all'entrata, le lavagnette, il silenzio e poca gente che vagava assorta nei suoi pensieri. I corridoi claustrofobici, che ai miei occhi presero vita soltanto quando li vidi percorsi dal cammino incerto di una ragazza alta e magra col caschetto, che avevo portato lì in qualità di fidanzata giusto per farle vedere i luoghi della mia solitudine (tra l'altro le scrissi una poesia che finiva con qualcosa del tipo "grazie a te non sono più solo"). Ma  prima di lei, quando il professore spiegava i buchi neri alla lavagna, io nel mentre pensavo al robottone che i buchi neri li creava ad hoc per distruggere i nemici. Ero proprio un otaku, sì, uno di quelli veri. E allora a trentaquattro anni (questo post l'ho scritto l'anno scorso) decido di rivedermi Ideon, e la cosa mi manda inevitabilmente indietro nel tempo. Il mondo è cambiato: la pandemia ha resettato la mia vita precedente, portandomi di fatto in un "mondo nuovo" fatto di persone ancora più sole e alienate di prima; alla pandemia è poi seguita la possibilità di una guerra mondiale atomica, più un genocidio tutt'ora in corso. Tante pecore incapaci di pensare, tanta tecnologia, le imminenti intelligenze artificiali, il potere sempre più  potente e sfacciato, nonché le crescenti difficoltà di riuscire a comunicare col prossimo,  sempre se nella testa del prossimo, effettivamente, ci sia qualcosa di diverso dalla spazzatura (quest'ultimo punto tra l'altro è uno dei temi portanti di Ideon). Insomma, il 2024 è il periodo giusto per rivedersi un anime figlio della guerra fredda, una situazione storica molto simile a quella attuale. Paradossalmente Ideon, pur vantando contenuti tremendamente maturi, è un anime rivolto ai bambini; ma ricordiamoci che era pur sempre il lontano 1980. Ora invece per l'intrattenimento ho come l'impressione che valga la regola opposta: opere tremendamente infantili che hanno come target principale gli adulti. Com'è cambiato il mondo, eh?

domenica 9 febbraio 2025

La Pioggia Nera, Cristo si è fermato a Eboli e La Possibilità di un'Isola: tre letture invernali


Nel vecchio Mars di Yokoyama Mitsuteru, le antiche sentinelle piantate dagli alieni nelle profondità terrestri giudicavano la specie umana come "pericolosa" nel momento in cui essa scopriva l'energia atomica. A quel punto il protagonista del manga, una sorta di giudice calato dall'alto in stile Childhood's End, si risvegliava e, dopo un attento studio in merito alla storia e alla bontà della specie, veniva chiamato a decidere se terminarla o no. Questo quesito filosofico, congiunto al trauma del bombardamento nucleare, è molto presente nella (passata) cultura pop giapponese, per interderci anime, manga, film, telefilm e videogiochi. Per un popolo imperiale, provinciale e contadino, infatti, il trauma derivante dalla scienza occidentale ha avuto l'impatto di una congiura cosmica, di una sorta di ritorsione degli dèi o della stessa Natura. Per capire bene questo fatto, tuttavia, a mio parere occorre lasciar perdere l'intrattenimento "pop" e andare a scoprire la letteratura a tema, la fonte diretta del dramma, in cui la disgrazia primigenia viene raccontata in prima persona da chi l'ha vissuta. Le fonti principali da cui attingere sono i romanzi di Ota Yoko e il qui presente La Pioggia Nera di Masuji Ibuse (per intenderci l'autorevole maestro rinnegato da Dazai Osamu poco prima del suicidio). In particolare La Pioggia Nera è una sorta di "coscienza  collettiva" dei vari testimoni di cui lo scrittore aveva raccolto e rielaborato gli scritti, quindi ha un po' il carattere di una vicenda totalizzante, raccontata in prima persona dalla gente comune. Ne La Pioggia Nera, infatti, non vi è alcuna forma di antiamericanismo o condanna politica, a parte qualche frecciata al farraginoso apparato statale dell'epoca: la luce letale su Hiroshima, così come le scellerate decisioni dell'imperatore, sono relegabili a rassegnati eventi di sventura cosmica, che si abbattono su un popolo già di per sé stanco e martoriato dalla guerra. In tutto ciò, dato il livello di maturità della narrazione e dei suoi taciti simbolismi, La Pioggia Nera ascende tranquillamente al rango di capolavoro e di opera intellettuale nel suo senso più profondo.