sabato 25 ottobre 2014

Mazinger Z (Mazinga Z): Recensione

Titolo originale: Majinga Z
Regia: Yugo Serikawa, Tomoharu Katsumata
Soggetto: Go Nagai
Sceneggiatura: Hirokazu Fuse, Hiroyasu Yamaura, Keisuke Fujikawa, Susumu Takaku
Character Design: Keisuke Morishita, Yoshiyuki Hane
Mechanical Design: Go Nagai, Ken Ishikawa, Gosaku Ota
Musiche: Michiaki Watanabe
Studio: Toei Animation
Formato: serie televisiva di 92 episodi
Anni di trasmissione: 1972 - 1974

 
Al giorno d'oggi, esattamente nel momento in cui il genere robotico è stato sviscerato in tutti i modi possibili, e si è evoluto o involuto a seconda del contesto, del target di riferimento e del periodo storico di maggiore o minore fertilità artistica degli autori, affrontare la visione di "Mazinger Z" significa tornare indietro nel tempo a osservare, con interesse storico e culturale, com'era il robotico ai suoi primordi; "Mazinger Z" è infatti il grande capostipite del genere, uno degli anime più influenti della storia e il primo paradigma che detterà legge fino all'avvento degli altrettanto epocali "Gundam" e "Macross".


Il predecessore di "Mazinger Z" è il "Tetsujin 28" di Yokoyama, la prima serie televisiva della storia ad essere incentrata sulla figura del robot pilotato da un essere umano; tuttavia, l'opera era molto diversa da "Mazinger Z", giacché quest'ultimo poteva essere pilotato dall'interno, mentre invece "Tetsujin 28" solo dall'esterno, per mezzo di un telecomando; in "Tetsujin 28" mancavano scene di agganciamento tra le componenti del robot; robot ben lungi dall'essere un colosso meccanico in grado di rappresentare concettualmente la fusione uomo/macchina simboleggiante la modernizzazione e l'industrializzazione del Giappone postbellico. Tutti i robotici antecedenti a "Mazinger Z" erano sulla falsariga di "Tetsujin 28" ("Giant Robo", il contemporaneo "Astroganga"), e non avevano quegli elementi innovativi - anche a livello di marketing - dell'opera di Go Nagai.


"Mazinger Z", nonostante la sua carica estremamente innovatrice, è palesemente ispirato al tokusatsu televisivo tout court. Intorno al 1971, show come "Spectreman", "Ultraman Returns" e "Kamen Rider" andavano regolarmente in onda riscuotendo un grande successo, sopratutto "Kamen Rider", l'opera che consacrava il suo creatore Shotaro Ishinomori (tra l'altro maestro di Go Nagai) a vero e proprio "Dio del tokusatsu". In questo show era presente un'organizzazione malvagia detta "Shocker", la quale mandava ogni settimana un suo lacchè ad essere matematicamente sconfitto dall'eroico protagonista. Questa formula vincente del "mostro della settimana" veniva utilizzata per la prima volta in animazione dal nagaiano "Devilman", andato in onda cinque mesi prima di "Mazinger Z", e dal seminale "Gatchaman", show nel quale cinque ragazzi si trasformavano in supereroi al fine di combattere contro i mostri robotici inviati dalla banda criminale Galactor. E' proprio in questo clima di grande attrazione del pubblico verso il tokusatsu in tutte le sue forme e manifestazioni che nasceva "Mazinger Z", il quale era anch'esso caratterizzato dall'idea di base presente nel contemporaneo "Kamen Rider": un'organizzazione malvagia intenta a conquistare il mondo (in questo caso formata dagli scagnozzi del Dottor Hell e dalle loro truppe) invia ogni settimana un mostro ad attaccare il Giappone, il quale verrà puntualmente sconfitto dagli eroici protagonisti. E' inoltre da notare che la scena dell'agganciamento tra il veicolo volante del pilota (il cosiddetto Pilder) e il robot gigante Mazinger segue chiaramente lo stile introdotto dallo show fantascientifico "Thunderbirds" del lontano 1966, opera la quale introdusse per la prima volta nella storia le famose scene di agganciamento tra veicoli. La presenza delle scene di agganciamento in "Mazinger Z" (si pensi anche a qualla del Jet Scrandler) sarà fondamentale nel rendere più appetibili i robot giocattolo ai bambini, il target primario dell'opera. Ergo "Mazinger Z" è stato un'innovatore anche nelle strategie di marketing, allo stesso modo di "Gundam", "Macross" ed "Evangelion", i quali introdurranno a loro volta nuove modalità di consumo legate indissolubilmente al contesto storico e al loro rispettivo target di riferimento.


E' molto interessante studiare ed analizzare "Mazinger Z" nella sua totalità, giacché la serie è in continua evoluzione e presenta in molte puntate determinati elementi che verranno riutilizzati ed omaggiati nei robotici successivi. La prima particolarità, chiave di volta dell'intera opera, è l'ambivalenza nei confronti della scienza: il nome stesso del robot, Mazinga (Ma-Jin-Ga), significa sia Dio (Jin) che Demonio (Ma); all'Istituto di Ricerca per l'energia Fotoatomica, nel quale sono presenti gli scienziati e gli eroi che difendono la terra, si contrappone l'organizzazione del malvagio Dottor Hell, anch'egli uno scienziato costruttore di robot giganti. L'energia fotoatomica, inoltre, non è altro che un nome fantasioso per indicare l'energia nucleare: "Mazinger Z" nasce nel dopoguerra giapponese, ed è caratterizzato, allo stesso modo delle produzioni fantascientifiche ad esso contemporanee, da un timore reverenziale nei confronti della scienza occidentale misto ad un desiderio viscerale di superarla. A tal proposito, si pensi alla costruzione del robot Mazinger da parte degli scienziati giapponesi, un colosso meccanico tecnologicamente all'avanguardia e in grado di affrontare mostruosità create da una scienza estranea le quali puntualmente attaccano esclusivamente il Giappone, provenendo da una località oscura e remota la quale, inconsciamente, simboleggia l'occidente. L'impero di Mikene nascosto nel sottosuolo è un evidente rimando fantasioso all'Antica Grecia, la culla primigenia in cui ebbe origine la scienza occidentale. Non mancano inoltre riferimenti diretti al secondo conflitto mondiale, come ad esempio una puntata in cui il tirapiedi ermafrodita del Dottor Hell, tale Barone Ashura, trova dentro ad una montagna un potentissimo cannone utilizzato dai giapponesi durante la guerra e lo impiega per cercare di distruggere l'Istituto di Ricerca per l'energia Fotoatomica.


L'addestramento del pilota, il quale deve faticare e sudare sangue per imparare a pilotare il robot; la storia d'amore tragica (si pensi alla splendida puntata in cui compare Minerva X, robot omaggiato moltissimo dai posteri, oppure alla triste e malinconica vicenda nella quale Koji s'innamora di una spia nemica); la presenza di un personaggio che alleggerisce la serie con le sue gag (l'esilarante teppistello Boss ed il suo ridicolo robot costruito con dei rottami); la bambina, simbolo della bellezza e dell'innocenza, immolata in modo crudo e atroce (la triste ed indelebile vicenda di Lorelei); la bambina/ragazza in carrozzella che impara a camminare; la morte tragica di uno degli antagonisti principali con tanto di funerale in grande stile, lacrime dei cattivi e discorso commemorativo grondante sete di vendetta; la compagna femminile del pilota che deve a tutti i costi dimostrare di essere superiore all'uomo, e che quando perde un combattimento somatizza (Sayaka, il prototipo di Asuka e di tutte le "tsundere" del robotico successive); l'antagonista militare sadico, cattivo, calcolatore, che utilizza le sue forze armate per assalire la base dei buoni attraverso innumerevoli scontri all'arma bianca (il luciferino Conte Blocken); gli attacchi strampalati e devestanti dei mostri nemici - attacchi anche psichici, si pensi all'episodio in cui i protagonisti vengono ipnotizzati mediante uno strano gioco di specchi illusori -; la colonna sonora specifica per l'agganciamento; il nome dell'attacco gridato ad alta voce; le torture, i rapimenti e i sotterfugi operati dagli antagonisti (la tragica puntata in cui il fratello del protagonista, piccolo e quantomai bisognoso di una figura materna, viene ingannato dai cattivi mediante una finta mamma robot); la massa ruspante che si ribella ai suoi protettori venendo istigata dai cattivi; la solitudine dei piloti dei robot, ragazzi che si ritrovano ad essere isolati dal resto del mondo ed indissolubilmente legati al loro veicolo (Sayaka che piange in riva al lago dopo la distruzione di Afrodite A)... questi sono alcuni degli innumerevoli elementi introdotti da "Mazinger Z" che verranno successivamente riutilizzati e/o aggiornati nelle opere robotiche successive. L'opera è una vera e propria enciclopedia del robotico anni '70, che verrà ulteriormente aggiornata da "Raideen", il quale introdusse il colpo finale; da "Getter Robot", che introdusse le trasformazioni (in "Mazinger Z" sono presenti soltanto agganciamenti); e da "Combattler V", che inaugurerà il "robotico alla Nagahama" o "robotico di transizione" di fine anni '70, nel quale i personaggi avranno più spazio rispetto agli standard nagaiani.


Suparata la prima metà della serie (tra l'altro mai uscita in Italia), il primo vero robotico della storia diventa molto più cupo e drammatico rispetto alla parte iniziale. Se in precedenza erano presenti molte gag comiche ed una certa tendenza all'autoparodia (si pensi a Mazinger che si aggancia ai missili usciti dal seno di Afrodite A per volare), la seconda parte incomincia a manifestare le atmosfere tragiche e cupe tipiche del celebre sequel della serie, il formidabile "Great Mazinger". In parecchie puntate l'Istituto di Ricerca per l'energia Fotoatomica viene quasi distrutto; i piloti sanguinano, piangono e compiono sforzi sovrumani per difendere la terra; il tutto è estremamente coinvolgente nella sua sincera genuinità. I simpaticissimi litigi tra la collerica ed irascibile Sayaka e Koji, che da teppistello delle strade diventerà un ragazzo dotato di un grande senso del sacrificio e del dovere, saranno comunque esilaranti, nonostante la tensione e la drammaticità dei continui, spesso disperati, attacchi nemici. Il finale della serie, che verrà altresì trasposto cinematograficamente nel celebre film "Mazinga Z contro il Generale Nero", è molto drammatico, e chiude la vicenda introducendo in modo epico il Grande Mazinga, Tetsuya, la Fortezza delle Scienze ed il demoniaco Generale Nero. I nuovi personaggi di "Great Mazinger" nella loro prima comparsa bucano immediatamente lo schermo, e fanno intendere che gli sviluppi della vicenda contenuti nel sequel di "Mazinger Z", il sommo "Great Mazinger", saranno quantomai epici e memorabili.


A livello registico, "Mazinger Z" è molto più vicino al fumetto che alla cinematografia (il termine "anime" è stato coniato dagli otaku: non a caso i cartoni giapponesi all'epoca venivano chiamati "Manga TV"); nell'opera abbondano primi piani intensi, scene ripetute, immagini statiche rese mobili grazie allo spostamento della telecamera. Essendo un prodotto destinato prevalentemente ai bambini, "Mazinger Z" non aveva grandi pretese tecniche e registiche: i registi di serie A come Osamu Dezaki all'epoca lavoravano in opere decisamente più mature, ossia i Meisaku e gli Spokon. Il design dei personaggi e dei mostri è comunque molto fantasioso e creativo, così come i vari combattimenti, i quali sono il fulcro di ciascuna puntata e devono essere risolti con varie strategie, versando lacrime e sangue; il robot, inoltre, viene spesso gravemente danneggiato, contrariamente ai robotici di fine anni '70, nei quali esso era praticamente invincibile e vinceva subito, senza alcun problema, negli ultimi minuti di ciascun episodio.


In conclusione, "Mazinger Z" è una visione irrinunciabile per tutti i veri appassionati del robotico, che sicuramente lo apprezzeranno e lo sapranno contestualizzare nella sua epoca, analizzandolo e comprendendo la sua fondamentale importanza nella definizione di uno dei generi più fecondi ed autorevoli dell'animazione giapponese di tutti i tempi.














1 commento:

  1. Io sto prendendo i DVD e concordo pienamente con ciò che hai detto.

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