martedì 5 agosto 2014

The Sky Crawlers: Recensione

Titolo originale: Sky Crowlers
Regia: Mamoru Oshii
Soggetto: (basato sui romanzi originali di Hiroshi Mori)
Sceneggiatura: Chihiro Ito
Character Design: Tetsuya Nishio
Mechanical Design: Atsushi Takeuchi
Musiche: Kenji Kawai
Studio: Production I.G
Formato: film cinematografico
Durata: 121' 
Anno di uscita: 2008

  
In un tempo in cui il termine "capolavoro" risulta essere un'espressione ormai inflazionata, tanto da essere impiegata, nella maggior parte dei casi, con tanta leggerezza quanto poco spirito critico, non si commetterebbe, invero, empietà ne inesattezza alcuna nel riferirlo ad un titolo quale il qui in esame The Sky Crawlers. Se infatti mi si chiedesse, in tutta franchezza, quale opera d'animazione relativa agli ultimi tempi meriti siffatto elogio, non potrei esimermi dall'indicare tale lungometraggio, partorito dal genio creativo di uno tra i più meritevoli artisti della sua epoca: Momoru Oshii. 


Le dolcissime ed evocative musiche di Kenji Kawai ci accompagnano per l'intera durata del lungometraggio, trasportandoci in un'atmosfera pregna di triste malinconia. Il cielo plumbeo è quasi costantemente coperto di nubi, opprime sia lo spettatore che i personaggi in un livido grigiore di cupa tristezza e uggiosa ineluttabilità. Un inquietante ma solenne silenzio pervade gli ambienti, rotto dal rumore dei motori degli aerei da combattimento che si sfidano volteggiando con incredibile maestria nel cielo, o dall'abbaiare di un cane che risuona in lontananza. Le lande vaste e desolate tutt'attorno esaltano un senso di sconfortante alienazione. All'interno di questo mondo al di fuori del mondo: i Kildren. Giovani adolescenti destinati ad un eterno ritorno segnato dalla morte e dalla guerra. Le scene si susseguono lentamente, ma inesorabili. Sullo sfondo, un crudele gioco tra due grosse aziende garantisce una continua guerra tra le due fazioni, una guerra falsa, simulata utilizzando questi ragazzi come marionette sacrificabili e sostituibili "ab aeternum". 


Un guerra per assurdo definibile "giusta", se mai tale aggettivo le può essere affibbiato, costruita in modo tale da permettere alla società di condurre un'esistenza pacifica e tranquilla, una quiete artefatta, edificata sul sangue e sul dolore di innocenti. D'altronde per perpetuare la pace abbisogna la guerra, inalienabile aspetto che contraddistingue l'ossimorica esistenza dell'uomo. Dunque, quale soluzione migliore di una guerra che non è una guerra? 


I Kildren sono frutto di un errore, di un esperimento genetico volto a sviluppare una nuova medicina miseramente fallito, ma che ha portato alla creazione di esseri "umani", immortali, che non possono né invecchiare né crescere, ma solo morire in battaglia. Conducono un'esistenza vacua, priva di ricordi, di sentimenti, di uno scopo, colma di dolore e di un pletorico senso di impotenza. Una vita votata alla morte, una vita creata per morire, una condizione di insostenibile dolore esistenziale che non sorprende possa spingere, infine, all'atto di estremo rifiuto della stessa volontà di vivere. Quale senso potrà mai avere, una tale esistenza? In realtà i Kildren non sono poi così differenti dall'uomo, il quale, smarrito ed estenuato in una società apatica, conduce un'esistenza ripetitiva fine a se stessa, e senza protestare si rende complice della finzione, accettandone per mutuo consenso le regole, senza avere la forza di ribellarsi o anche solo di comprendere la propria condizione, abbandonandosi al fluire degli avvenimenti.


I retroscena sono ricostruibili principalmente grazie, oltre ai personaggi esterni al "gioco", alle memorie di Kusanagi, unica tra i piloti ad essere riuscita, per merito del suo talento, a sopravvivere e a mantenere costante la propria esistenza, senza essere perciò replicata, ed evitando in tal modo di perdere se stessa. Tale condizione di unica testimone della verità la porta tuttavia all'esasperazione e alla psicosi. Il cinismo e il nichilismo gravano sovrani sulle tematiche affrontate in questo film, i personaggi si fanno portatori di dense riflessioni riguardo la personalità e la sua dipendenza dai ricordi, riguardo la società e riguardo l'uomo, che trova la sua unica libertà nel volare in cielo, nel compiere ciò per cui è stato creato, uccidere o essere ucciso, in un perpetuo e crudele gioco senza fine. Il film inizia in un punto del circolo e termina nel medesimo, un ineluttabile eterno ritorno destinato a ripetersi per sempre, privo di qualsiasi speranza di essere spezzato, metafora della della condizione umana. La vita è un continuo confrontarsi con i propri limiti e cambiare, un continuo mutare e crescere, ma quale valore potrà mai avere se si è destinati ad un limbo senza fine? La risposta a questo quesito il film non la trova, se non in uno strenuo e quantomai vano attaccamento alla vita da parte del singolo individuo, che rimane impotente innanzi al suo gramo destino. 


Andando a considerare l'aspetto prettamente tecnico, The Sky Crawlers offre un'animazione fluida e curata, una regia studiata ed un ritmo estremamente lento. L'utilizzo della computer grafica è magistrale, le scene di combattimento aereo spettacolari e suggestive, gli sfondi una gioia per gli occhi.


Per concludere, mi sento di suggerire la visione di questo film solo agli appassionati di Oshii e del suo modo di fare animazione. Chi infatti non sopporta il nichilismo probabilmente rimarrà indifferente o infastidito da tale modo di porsi nei confronti della vita. Mi arrischio però ad invitare anche i detrattori di tal pensiero alla visione, si tratta di un lungometraggio che merita attenzione da parte di chiunque. 












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