Titolo originale: Hi no Tori
Titolo inglese: Phoenix
Autore: Osamu Tezuka
Tipologia: Shonen Manga
Edizione italiana: Hazard Edizioni
Volumi: 16
Anno di uscita: 1967
La summa della poetica tezukiana, un'opera cosmica la quale racchiude le riflessioni dell'autore sulla vita e sull'esistenza. Uno dei grandi evergreen della storia del fumetto.
Chi è Osamu Tezuka
Nel mondo degli anime e manga Osamu Tezuka è una figura seminale, la
quale spesso viene erroneamente associata dai più a poche opere, come ad
esempio "Astroboy" e pochi altri titoli famosi; alcuni inoltre
sostengono che lo stile di disegno personalissimo del maestro sia troppo
infantile, e quindi lo liquidano a malo modo basandosi solamente
sull'apparenza. Al fine di contrastare certi atteggiamenti superficiali,
vorrei innanzitutto sottolineare che l'influenza di questo artista su
tutta l'animazione e su tutto il fumetto giapponese di tutti i tempi è
enorme, e per rendere l'idea del suo genio e della sua caratura
artistica sarebbe necessario creare un lunghissimo dossier a parte. La
cosa certa, che rende Tezuka una figura assolutamente unica ed
indelebile, è la sua assoluta apertura mentale, che gli ha permesso di
rielaborare in modo autorale influenze derivanti da tutto lo scibile
umano più disparato. Quindi Tezuka non è solamente "Astroboy" e non è
solamente un uomo con gli occhiali e il cappello da pittore che disegna
"alla Topolino". E' un intellettuale tout court, un'artista in grado di
elaborare validissimi fumetti di generi diversi e contrastanti:
drammatico, umoristico, fiabesco, fantascientifico, thriller, storico,
psicologico, metaforico, filosofico, denuncia sociale, sentimentale,
gekiga, storie adulte e realistiche ecc.
Osamu Tezuka è il maestro dei maestri: nomi come Leiji Matsumoto,
Yoshiyuki Tomino, Osamu Dezaki, Shingo Araki, Hayao Myazaki, Kazuo
Nakamura, Akio Sugino, YAS, Gisaburo Sugii, Shigeyuki Haiashi, Eiichi
Yamamoto, Eiji Tanaka e altri rinomati artisti coinvolti nel mondo
degli anime e manga si sono formati presso la sua colossale Mushi
Productions. Addirittura artisti occidentali del calibro di Walt Disney e
Stanley Kubrick hanno apertamente omaggiato la sua opera.
Letteratura a fumetti
Nel momento in cui, verso fine degli anni '60, i manga iniziarono a
circolare presso ambienti colti, Osamu Tezuka diede inizio alla
contaminazione del fumetto con la letteratura: l'esempio più lampante è
la qui presente opera della sua vita, "La Fenice", che l'ha tenuto
impegnato in tutta la sua carriera di mangaka e che costituisce il suo
vero e proprio testamento spirituale. Prendendo ad esempio "Il libro
dell'Alba" (1967), si osserva come il gekiga alla Sanpei Shirato venga
contaminato da contenuti filosofici e intellettuali di ampio respiro;
tutta l'opera sarà su questa falsariga: le influenze più disparate -
gekiga, romanzi occidentali, filosofia, fumetto umoristico, religione,
cinematografia, teatro, folklore giapponese e quant'altro - verranno
contaminate dal pensiero filosofico dell'autore e da contenuti molto
impegnati e di spessore.
"La Fenice" è anche la testimonianza delle varie fasi stilistiche
dell'artista: ad esempio, il periodo anni '70 è riconoscibile per gli
sperimentalismi visivi, quello anni '60 per la disposizione regolare
delle tavole e per la presenza di una certa componente umoristica,
ancora legata alla vecchia tradizione del manga non ancora elevato a
media di intrattenimento colto ed impegnato, e così via.
Il Libro dell'Alba (1967)
"La Fenice" si apre nell'antica era storica della regina Himiko (240-270
d.C.); la componente umoristica del Tezuka anni '60 lascia subito
spazio alle "immagini drammatiche" degli antichi guerrieri che lottano
tra loro senza esclusione di colpi, a causa dell'invasione del Giappone
feudale da parte della spietata regina ossessionata dall'immortalità,
la quale vuole a tutti i costi bere il sangue della Fenice per non
invecchiare. Le metafore inerenti la libertà e la schiavitù - anche
ontologiche - in questo libro si sprecano: un esempio è il bellissimo
finale suggestivo, un vero e proprio inno alla vita nel quale
l'orizzonte infinito rappresenta lo spettro delle potenzialità
dell'esistenza.
Il Libro del Futuro (1967-1968)
Questo a mio avviso è uno dei punti più alti raggiunti dall'arte del
manga di tutti i tempi e uno dei capolavori indiscussi dello stesso
Tezuka. E' il libro del tramonto dell'umanità, dell'apocalisse finale,
una tragedia di stampo fantascientifico reminiscente di buddhismo,
teoria evolutiva darwinista (tuttavia reinterpretata personalmente dal maestro al fine di lanciare un monito verso gli errori dell'umanità), letteratura fantascientifica di ampio
respiro. Le vicende del giovane Masato Yamanobe e della sua amata,
Tamami, un'aliena multiforme che ha assunto definitivamente l'aspetto di
una bellissima donna, avranno luogo in un futuro distopico e
post-apocalittico, in cui l'umanità è costretta a vivere nelle
profondità del sottosuolo nella più completa apatia. Un'umanità vecchia,
stanca, che ha affidato il proprio governo a dei super-computer
senzienti che dopo freddi calcoli scateneranno una nuova guerra nucleare
con conseguenze devastanti.
"Il Libro del futuro" è un'opera totalizzante, nella quale la Fenice si
manifesta al protagonista come volontà di vivere dell'intero universo,
la quale si fa carico di rivelare le verità del cosmo e della vita
all'uomo, in modo reminiscente delle affascinanti rivelazioni cosmiche
del Dio Krishna ad Arjuna nella Bhagavadgītā indiana. Il finale del
libro mette ben in evidenza il messaggio dell'autore alle nuove
generazioni, che verrà ripreso in altri innumerevoli suoi manga
successivi.
Il Libro di Yamato (1968-1969)
Dopo i notevoli picchi artistici raggiunti nel precedente "Libro del
Futuro", Tezuka propone una storia di stampo umoristico nella media,
piena zeppa di citazioni e parodie, ambientata nell'antico periodo Kofun
(320-350 d.C.). Il protagonista è Oguna, figlio del re di Yamato, il
quale è stato inviato dal padre ad uccidere Takeru, il capo dei Kumaso.
In questa vicenda dai toni tragicomici, Tezuka critica in modo diretto
la tradizione giapponese, con le sue sanguinarie usanze legate all'onore
e al prestigio. Sono presenti citazioni ai film di Akira Kurosawa,
"Ikiru" in primis (Oguna che costruisce un parco giochi al posto della
tomba del padre); inoltre, il sapore della ribellione giovanile del
protagonista contro la figura paterna assumerà toni epici e poetici
dopo il suo incontro con la Fenice, la quale rimarrà incantata dalla sua
musica. Il finale è molto tragico, spiazzante, in pieno contrasto con
l'umorismo parodistico del racconto.
Il Libro dell'Universo (1969)
Si ritorna al climax cosmico del "Libro del Futuro", questa volta con
una drammatica space opera alla "2001: Odissea nello spazio" dal sapore
orientaleggiante. Il tema principale del libro è il castigo delle
passioni e dei peccati nel senso buddhista del termine, ovvero la
prigionia dell'umanità, rea di disprezzare la vita e le leggi del
cosmo, nell'eterno ciclo della ruota dell'esistenza o Samsara. Lo stampo
del racconto è angoscioso e pessimista, con tanto di incursioni
psicologiche nell'inconscio del protagonista, nel suo animo
ontologicamente corrotto e prigioniero della caducità delle cose.
Dal punto di vista narrativo, il libro consiste nella fuga dello
sventurato equipaggio di un astronave che, in seguito ad un guasto
irreparabile, si ritroverà a vagare senza meta nello spazio, protetto
unicamente dalle capsule di salvataggio. Durante l'opprimente viaggio
nell'infinità del cosmo, i protagonisti riviveranno attraverso numerosi
flashback gli eventi trascorsi che in qualche modo li legarono al
misterioso immortale Mikimura, il quale in passato sembra essere stato
in contatto con la Fenice.
Si incomincia ad intravedere lo sviluppo della vena più "psicologica"
dell'arte del maestro, il quale, ad esempio, nel 1970 partorirà
l'introspettivo, serioso e tragico "Apollo no Uta".
Il Libro del Mito (1969-1970)
Con questo racconto storico Tezuka raggiunge picchi artistici ai livelli
del precedente "Libro del Futuro". Nel periodo Nara (720-752 d.C.), uno
spietato bandito cieco ad un occhio e senza un braccio di nome Gao
ferisce per invidia un giovane scultore di nome Akanemaru. Il destino
dei due si intreccerà più volte in modo inaspettato, tragico, coadiuvato
dalla ricerca della perfezione nell'arte (rappresentata in questo caso
dalla scultura) da parte di entrambi, e dal fatto che essa possa in
qualche modo dare un senso ad una vita fatta di sofferenze e
ingiustizie. Tra i molteplici risvolti di questo libro emerge la critica
di Tezuka al buddhismo inteso come religione di stato, alla decadenza
dello stile di vita dei monaci giapponesi, al connubio
politica-religione basato esclusivamente sul profitto, che snatura gli
insegnamenti originari delle dottrine sacre del Buddha - critica che si
può anche generalizzare, data la sua notevole attualità. Per fare da
contrappunto al buddhismo corrotto, Tezuka si sofferma con varie
metafore sugli insegnamenti reali del Buddha, in particolare sulla
metempsicosi, sul raggiungimento del Nirvana attraverso il distacco
assoluto, inscindibile dall'auto-consapevolezza, dall'auto-realizzazione
e dal mantenimento dell'integrità personale.
Il "Libro del Mito" si ricollega inoltre al "Libro del Futuro": inizia
la convergenza tra la parte storica e la parte fantascientifica del
manga, che incrementerà via via nei volumi successivi, come se la linea
narrativa risultante de "La Fenice" fosse una sorta di cerchio/mandala
simboleggiante il cosmo - l'opera nei suoi intenti è infatti qualcosa di
cosmico, una continua domanda/risposta riguardante il senso della vita e
il destino dell'uomo.
Il Libro della Resurrezione (1970-1971)
- E' meglio vivere in eterno, tuttavia perdendo la propria umanità,
oppure avere un'esistenza precaria, caduca, ma allo stesso tempo
veramente "umana"? -. Questa è la riflessione di base del racconto il
cui protagonista Leona, un'abitante del lontano futuro, a sua insaputa
viene resuscitato in seguito ad un incidente automobilistico grazie
all'avanzatissima scienza medica della sua epoca.
Si potrebbe definire il "Libro della Resurrezione" come la rilettura
tezukiana del classico della letteratura sci-fi "I Robot": i rimandi
all'opera più conosciuta e discussa di Asimov si sprecano, anche se la
risultante è tipicamente giapponese nella sostanza, una vera e propria
tragedia in cui, a mio avviso, alcuni spunti di riflessione furono
all'epoca raccolti da un giovane Leiji Matsumoto il quale, a suo modo,
li svilupperà in seguito nel celebre "Galaxy Express 999".
Nell'opera non manca una critica diretta dell'autore alla società figlia
del boom economico, del profitto e della capitalizzazione, la quale
genera solitudine, alienazione, culto delle apparenze, assuefazione
dalla scienza e dalla tecnica - di certo strumenti non infallibili,
anzi, addirittura distruttivi se utilizzati senza consapevolezza e
moderazione. Inoltre, una delle tante disavventure del protagonista è
una vera e propria stilettata autoriale nei confronti dei legami di
sangue, importantissimi per la tradizione parentale giapponese.
Il "Libro della Resurrezione" nella sua interezza è anche un grande
monito riguardante l'ipocrisia dell'umanità in generale, che nasconde la
propria inettitudine dietro al vano mito del progresso.
Il Libro del Manto di Piume (1971)
Se la regia delle tavole di Tezuka si potrebbe definire filmica, in
questo caso egli esperimenta un breve racconto teatrale su carta, basato
sulla celebre leggenda folkloristica giapponese di "Hagoromo". Il
"Libro del Manto di Piume" è un piccolo e poetico dramma sulla crudeltà
della seconda guerra mondiale, in cui i personaggi si muovono come
attori in uno sfondo fissato e identico in tutte le tavole, esattamente
come se essi stessero recitando di fronte al lettore; l'opera si basa
interamente su dialoghi e melodramma, e si ricollega in modo
imprevedibile al mito della Fenice.
Il Libro della Nostalgia (1971; 1976-1978)
Mi risulta assai difficile rendere l'idea della poetica di questo libro,
il quale è la risultante di molteplici influenze derivanti dalla fiaba
"Le Petit Prince" di Antoine de Saint-Exupery, dal libro della Genesi e
dalla letteratura fantascientifica tout court. La prima cosa che di
esso ho notato è l'analogia di alcune tematiche e scelte stilistiche
reminiscenti del "Galaxy Express 999" matsumotiano, tra l'altro uscito
nel 1977. La nostalgia, infatti, è altresì uno dei numerosi temi del
viaggio di Maetel e Tetsuro da un pianeta all'altro nel cosmo infinito,
dove ogni fermata dell'espresso galattico aveva luogo in strani mondi
abitati da creature polimorfe, società distopiche popolate da freddi
uomini-macchina assuefatti dalla tecnica, incapaci di provare sentimenti
ecc. Dopo un inizio biblico, che vede la creazione di una nuova civiltà
sul pianeta "Eden 17" da parte di due novelli Adamo ed Eva, il "Libro
della Nostalgia" si trasformerà in un'inusuale space opera in cui i
protagonisti andranno alla ricerca della terra perduta, che ormai è
diventata un pianeta desertico nel quale l'umanità del futuro ha
sviluppato una società ingiusta, distopica e di orwelliana memoria.
Il punto chiave del racconto è in primis l'osservazione
filosofica/naturalistica dell'autore sulla capacità di differenziazione
delle specie viventi, scelta effettuata dalla natura al fine di
preservare omogeneamente la vita anche in presenza di circostanze
sfavorevoli. L'uomo, tuttavia, con la sua xenofobia e il suo vano mito
del progresso non comprende la necessità degli altri esseri viventi di
assumere connotati sempre differenti in base alle leggi della
natura/cosmo; inoltre è un'essere corrotto, vizioso, che bada unicamente
al profitto senza curarsi di comprendere il diverso. Il Tezuka
naturalista e il Tezuka critico della società in questo caso si
incontrano, dando origine ad un'opera particolarissima, poetica e dalle
molteplici sfaccettature.
Il Libro della Guerra Civile (1978-1980)
Le metafore naturalistiche alla Sanpei Shirato parlano chiaro: la
condizione dell'uomo non è molto diversa da quella di un animale
braccato, il quale deve piegarsi alla legge del più forte decretata a
priori dalla natura. La storia di Benta il taglialegna, della sua
opportunista fidanzata Obu - la quale diventerà la concubina di Taira no
Kiyomori, capo militare del primo governo di Samurai della storia -,
incrocerà quella del temibile e sanguinario samurai Minamoto no
Yoshitsune, in un dramma di guerra senza esclusione di colpi in cui
l'autore esporrà le sue riflessioni riguardanti le illusioni
dell'umanità, potere e immortalità in primis: si pensi all'ossessione di
Taira verso la Fenice, della quale vuole a tutti i costi bere il sangue
per diventare immortale, tuttavia non sapendo di essere stato
ingannato, in quanto l'uccello che egli crede essere la Fenice in realtà
si tratta di un comunissimo pavone.
Il "Libro della guerra Civile" è estremamente giapponese nella sostanza,
pertanto potrebbe risultare una lettura molto pesante ad un occasionale
lettore occidentale: numerosi sono i riferimenti storici e culturali al
sanguinoso passato delle lotte tra samurai, ai subdoli giochi di potere
interni ed esterni tra i vari clan. Contrariamente alla letteratura
giapponese epica classica, nella quale il guerriero veniva idealizzato e
reso impeccabile, Tezuka rappresenta i samurai senza alcuna
idealizzazione e mistificazione di sorta, in modo realistico, come se
essi fossero delle persone come tante altre, magari assetate di potere e
prestigio, oppure legate alla famiglia e disprezzanti della guerra,
oppure ancora semplici soldati senza alcun ideale, che combattono e
uccidono innocenti esclusivamente per riscuotere il salario.
Nuovamente, la risposta di Tezuka ai problemi derivanti dalle illusioni
umane viene dal buddhismo; ritorna in scena anche il tema della
metempsicosi, già esposto brillantemente nel "Libro del Mito", che
condivide con il qui presente "Libro della Guerra Civile" il personaggio
di Gao, che in questo caso compare come vecchio saggio carismatico e
illuminato.
Il Libro della Vita (1980)
Manga ispirato a un racconto breve risalente al 1924, "The Most
Dangerous Game" di Richard Connel, il "Libro della vita" si potrebbe
definire come la revisione tezukiana della celebre metafora "dog eat
dog" (alias "cane mangia cane") estesa anche all'uomo, il quale, in
questo caso, trae godimento catartico dalla contemplazione
dell'assassinio dei propri simili. Infatti, in un futuro non troppo
lontano dal nostro, i produttori di un macabro reality televisivo
consistente nella brutale caccia in diretta di animali clonati, decidono
di mandare in onda massacri di cloni di esseri umani, al fine di far
aumentare l'indice di share del programma. Cloni che per una serie di
circostanze saranno quelli del protagonista Aoi, lo stesso responsabile
del programma, che si ritroverà invischiato in un vero e proprio
thriller fantascientifico a fumetti. Con questo racconto, Tezuka muove
una critica feroce al boom della società dei consumi giapponese,
avvenuto nei primi anni '80 (gli stessi nei quali veniva pubblicato
questo manga), e ai mass media in generale, con il loro potere alienante
e corruttore della mentalità superficiale delle masse. Il punto
tuttavia è la ricerca della definizione stessa del concetto di vita: è
la coscienza personale che determina il nostro essere creature viventi
privilegiate? Uccidere un ipotetico clone di un essere umano è meno
grave di uccidere un essere umano autentico? Uccidere un animale è meno
grave di uccidere un essere umano? La fenice - o spirito della vita -
mette tutti gli esseri viventi sullo stesso piano a prescindere; e Aoi,
che non lo ha compreso, sarà condannato ad essere il protagonista di una
vera e propria tragedia.
Il Libro degli Esseri Fantastici (1981)
Questa volta il concetto buddhista della ruota dell'esistenza alias
Samsara incontra il folklore giapponese: gli esseri fantastici sono i
demoni della "Hyakki Yakō" (letteralmente la "Parata Notturna dei Cento
Demoni"), rappresentata personalmente nelle "Emaki-mono" (letteralmente
"Pergamene Immagine") dal pittore Tosa Mitsunobu, vissuto nel Giappone
antico intorno al 1400 d.C. A simboleggiare l'eterno ciclo delle
rinascite c'è il classico paradosso temporale figlio della letteratura
fantascientifica, che colpirà in questo caso Sakonnosuke, un giovane
guerriero che si ritroverà coinvolto nelle vicende di una misteriosa
monaca buddhista in grado di guarire miracolosamente i malati. Per
quanto questa storia sia breve, è comunque densa di contenuti, spunti di
riflessione filosofici e poetica tezukiana di alto livello.
Il Libro del Sole (1986-1988)
Un Tezuka maturo, ormai nella fase finale della sua carriera, poco prima
di morire regala al mondo il "Libro del Sole", un racconto epico in cui
le linee temporali del futuro e del passato infine si fondono,
convergendo in una storia d'amore che supera le barriere dello spazio,
del tempo, della morte, delle incarnazioni imposte dalle leggi del
Samsara. Anzi, la storia d'amore di Inugami alias Harima, giovane
guerriero al quale la faccia è stata scuoiata dai nemici e sostituita
con quella di un lupo, e di Marimo, la figlia del capo tribù dei Canidi,
è il simbolo della stessa vita; la vita che è tutto e vince su tutto;
la vita universale, la Fenice, ciò che l'uomo assetato di potere e
accecato dall'imprinting - religioso, razziale, culturale, ma volendo si
potrebbe generalizzare ancora di più - non riesce a comprendere.
Emerge nuovamente la critica dell'autore al connubio religione-potere,
sia nella parte del racconto ambientata nel futuro che in quella
ambientata nel passato, come ad evidenziare che l'uomo,
indipendentemente dall'epoca in cui vive, continua immancabilmente a
commettere sempre gli stessi errori. La regia delle tavole rende
benissimo i vari passaggi di consegna tra le storie parallele dei due
protagonisti nelle loro incarnazioni passate e future; come nei libri
precedenti, la parte storica opta per il dramma guerresco, questa volta
coadiuvato dall'incursione di esseri fantastici legati al folklore
giapponese, mentre la parte futuristica rimanda ad una possibile
distopia non troppo lontana dalla nostra realtà presente.
Nonostante "La Fenice" sia considerata come un'opera incompiuta
(originariamente Tezuka avrebbe voluto far convergere le linee temporali
al fine di arrivare a parlare del presente), il "Libro del sole", con
il suo finale estremamente simbolico, evocativo e grondante di poesia, a
tutti gli effetti rappresenta il monito finale del grande artista - e
grande uomo - Osamu Tezuka. La degna conclusione di un capolavoro
letterario senza tempo il quale è "La Fenice".
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