giovedì 28 agosto 2014

La Fenice: Recensione

 Titolo originale: Hi no Tori

 Titolo inglese: Phoenix 

Autore: Osamu Tezuka

 Tipologia: Shonen Manga 

 Edizione italiana: Hazard Edizioni

Volumi: 16

Anno di uscita: 1967


 

La summa della poetica tezukiana, un'opera cosmica la quale racchiude le riflessioni dell'autore sulla vita e sull'esistenza. Uno dei grandi evergreen della storia del fumetto.


Chi è Osamu Tezuka
Nel mondo degli anime e manga Osamu Tezuka è una figura seminale, la quale spesso viene erroneamente associata dai più a poche opere, come ad esempio "Astroboy" e pochi altri titoli famosi; alcuni inoltre sostengono che lo stile di disegno personalissimo del maestro sia troppo infantile, e quindi lo liquidano a malo modo basandosi solamente sull'apparenza. Al fine di contrastare certi atteggiamenti superficiali, vorrei innanzitutto sottolineare che l'influenza di questo artista su tutta l'animazione e su tutto il fumetto giapponese di tutti i tempi è enorme, e per rendere l'idea del suo genio e della sua caratura artistica sarebbe necessario creare un lunghissimo dossier a parte. La cosa certa, che rende Tezuka una figura assolutamente unica ed indelebile, è la sua assoluta apertura mentale, che gli ha permesso di rielaborare in modo autorale influenze derivanti da tutto lo scibile umano più disparato. Quindi Tezuka non è solamente "Astroboy" e non è solamente un uomo con gli occhiali e il cappello da pittore che disegna "alla Topolino". E' un intellettuale tout court, un'artista in grado di elaborare validissimi fumetti di generi diversi e contrastanti: drammatico, umoristico, fiabesco, fantascientifico, thriller, storico, psicologico, metaforico, filosofico, denuncia sociale, sentimentale, gekiga, storie adulte e realistiche ecc.
Osamu Tezuka è il maestro dei maestri: nomi come Leiji Matsumoto, Yoshiyuki Tomino, Osamu Dezaki, Shingo Araki, Hayao Myazaki, Kazuo Nakamura, Akio Sugino, YAS, Gisaburo Sugii, Shigeyuki Haiashi, Eiichi Yamamoto, Eiji Tanaka e altri rinomati artisti coinvolti nel mondo degli anime e manga si sono formati presso la sua colossale Mushi Productions. Addirittura artisti occidentali del calibro di Walt Disney e Stanley Kubrick hanno apertamente omaggiato la sua opera.


Letteratura a fumetti
Nel momento in cui, verso fine degli anni '60, i manga iniziarono a circolare presso ambienti colti, Osamu Tezuka diede inizio alla contaminazione del fumetto con la letteratura: l'esempio più lampante è la qui presente opera della sua vita, "La Fenice", che l'ha tenuto impegnato in tutta la sua carriera di mangaka e che costituisce il suo vero e proprio testamento spirituale. Prendendo ad esempio "Il libro dell'Alba" (1967), si osserva come il gekiga alla Sanpei Shirato venga contaminato da contenuti filosofici e intellettuali di ampio respiro; tutta l'opera sarà su questa falsariga: le influenze più disparate - gekiga, romanzi occidentali, filosofia, fumetto umoristico, religione, cinematografia, teatro, folklore giapponese e quant'altro - verranno contaminate dal pensiero filosofico dell'autore e da contenuti molto impegnati e di spessore.
"La Fenice" è anche la testimonianza delle varie fasi stilistiche dell'artista: ad esempio, il periodo anni '70 è riconoscibile per gli sperimentalismi visivi, quello anni '60 per la disposizione regolare delle tavole e per la presenza di una certa componente umoristica, ancora legata alla vecchia tradizione del manga non ancora elevato a media di intrattenimento colto ed impegnato, e così via.


Il Libro dell'Alba (1967)
"La Fenice" si apre nell'antica era storica della regina Himiko (240-270 d.C.); la componente umoristica del Tezuka anni '60 lascia subito spazio alle "immagini drammatiche" degli antichi guerrieri che lottano tra loro senza esclusione di colpi, a causa dell'invasione del Giappone feudale da parte della spietata regina ossessionata dall'immortalità, la quale vuole a tutti i costi bere il sangue della Fenice per non invecchiare. Le metafore inerenti la libertà e la schiavitù - anche ontologiche - in questo libro si sprecano: un esempio è il bellissimo finale suggestivo, un vero e proprio inno alla vita nel quale l'orizzonte infinito rappresenta lo spettro delle potenzialità dell'esistenza.


Il Libro del Futuro (1967-1968)
Questo a mio avviso è uno dei punti più alti raggiunti dall'arte del manga di tutti i tempi e uno dei capolavori indiscussi dello stesso Tezuka. E' il libro del tramonto dell'umanità, dell'apocalisse finale, una tragedia di stampo fantascientifico reminiscente di buddhismo, teoria evolutiva darwinista (tuttavia reinterpretata personalmente dal maestro al fine di lanciare un monito verso gli errori dell'umanità), letteratura fantascientifica di ampio respiro. Le vicende del giovane Masato Yamanobe e della sua amata, Tamami, un'aliena multiforme che ha assunto definitivamente l'aspetto di una bellissima donna, avranno luogo in un futuro distopico e post-apocalittico, in cui l'umanità è costretta a vivere nelle profondità del sottosuolo nella più completa apatia. Un'umanità vecchia, stanca, che ha affidato il proprio governo a dei super-computer senzienti che dopo freddi calcoli scateneranno una nuova guerra nucleare con conseguenze devastanti.
"Il Libro del futuro" è un'opera totalizzante, nella quale la Fenice si manifesta al protagonista come volontà di vivere dell'intero universo, la quale si fa carico di rivelare le verità del cosmo e della vita all'uomo, in modo reminiscente delle affascinanti rivelazioni cosmiche del Dio Krishna ad Arjuna nella Bhagavadgītā indiana. Il finale del libro mette ben in evidenza il messaggio dell'autore alle nuove generazioni, che verrà ripreso in altri innumerevoli suoi manga successivi.





Il Libro di Yamato (1968-1969)
Dopo i notevoli picchi artistici raggiunti nel precedente "Libro del Futuro", Tezuka propone una storia di stampo umoristico nella media, piena zeppa di citazioni e parodie, ambientata nell'antico periodo Kofun (320-350 d.C.). Il protagonista è Oguna, figlio del re di Yamato, il quale è stato inviato dal padre ad uccidere Takeru, il capo dei Kumaso. In questa vicenda dai toni tragicomici, Tezuka critica in modo diretto la tradizione giapponese, con le sue sanguinarie usanze legate all'onore e al prestigio. Sono presenti citazioni ai film di Akira Kurosawa, "Ikiru" in primis (Oguna che costruisce un parco giochi al posto della tomba del padre); inoltre, il sapore della ribellione giovanile del protagonista contro la figura paterna assumerà toni epici e poetici dopo il suo incontro con la Fenice, la quale rimarrà incantata dalla sua musica. Il finale è molto tragico, spiazzante, in pieno contrasto con l'umorismo parodistico del racconto.


Il Libro dell'Universo (1969)
Si ritorna al climax cosmico del "Libro del Futuro", questa volta con una drammatica space opera alla "2001: Odissea nello spazio" dal sapore orientaleggiante. Il tema principale del libro è il castigo delle passioni e dei peccati nel senso buddhista del termine, ovvero la prigionia dell'umanità, rea di disprezzare la vita e le leggi del cosmo, nell'eterno ciclo della ruota dell'esistenza o Samsara. Lo stampo del racconto è angoscioso e pessimista, con tanto di incursioni psicologiche nell'inconscio del protagonista, nel suo animo ontologicamente corrotto e prigioniero della caducità delle cose.
Dal punto di vista narrativo, il libro consiste nella fuga dello sventurato equipaggio di un astronave che, in seguito ad un guasto irreparabile, si ritroverà a vagare senza meta nello spazio, protetto unicamente dalle capsule di salvataggio. Durante l'opprimente viaggio nell'infinità del cosmo, i protagonisti riviveranno attraverso numerosi flashback gli eventi trascorsi che in qualche modo li legarono al misterioso immortale Mikimura, il quale in passato sembra essere stato in contatto con la Fenice.
Si incomincia ad intravedere lo sviluppo della vena più "psicologica" dell'arte del maestro, il quale, ad esempio, nel 1970 partorirà l'introspettivo, serioso e tragico "Apollo no Uta".


Il Libro del Mito (1969-1970)
Con questo racconto storico Tezuka raggiunge picchi artistici ai livelli del precedente "Libro del Futuro". Nel periodo Nara (720-752 d.C.), uno spietato bandito cieco ad un occhio e senza un braccio di nome Gao ferisce per invidia un giovane scultore di nome Akanemaru. Il destino dei due si intreccerà più volte in modo inaspettato, tragico, coadiuvato dalla ricerca della perfezione nell'arte (rappresentata in questo caso dalla scultura) da parte di entrambi, e dal fatto che essa possa in qualche modo dare un senso ad una vita fatta di sofferenze e ingiustizie. Tra i molteplici risvolti di questo libro emerge la critica di Tezuka al buddhismo inteso come religione di stato, alla decadenza dello stile di vita dei monaci giapponesi, al connubio politica-religione basato esclusivamente sul profitto, che snatura gli insegnamenti originari delle dottrine sacre del Buddha - critica che si può anche generalizzare, data la sua notevole attualità. Per fare da contrappunto al buddhismo corrotto, Tezuka si sofferma con varie metafore sugli insegnamenti reali del Buddha, in particolare sulla metempsicosi, sul raggiungimento del Nirvana attraverso il distacco assoluto, inscindibile dall'auto-consapevolezza, dall'auto-realizzazione e dal mantenimento dell'integrità personale.
Il "Libro del Mito" si ricollega inoltre al "Libro del Futuro": inizia la convergenza tra la parte storica e la parte fantascientifica del manga, che incrementerà via via nei volumi successivi, come se la linea narrativa risultante de "La Fenice" fosse una sorta di cerchio/mandala simboleggiante il cosmo - l'opera nei suoi intenti è infatti qualcosa di cosmico, una continua domanda/risposta riguardante il senso della vita e il destino dell'uomo.





Il Libro della Resurrezione (1970-1971)
- E' meglio vivere in eterno, tuttavia perdendo la propria umanità, oppure avere un'esistenza precaria, caduca, ma allo stesso tempo veramente "umana"? -. Questa è la riflessione di base del racconto il cui protagonista Leona, un'abitante del lontano futuro, a sua insaputa viene resuscitato in seguito ad un incidente automobilistico grazie all'avanzatissima scienza medica della sua epoca.
Si potrebbe definire il "Libro della Resurrezione" come la rilettura tezukiana del classico della letteratura sci-fi "I Robot": i rimandi all'opera più conosciuta e discussa di Asimov si sprecano, anche se la risultante è tipicamente giapponese nella sostanza, una vera e propria tragedia in cui, a mio avviso, alcuni spunti di riflessione furono all'epoca raccolti da un giovane Leiji Matsumoto il quale, a suo modo, li svilupperà in seguito nel celebre "Galaxy Express 999".
Nell'opera non manca una critica diretta dell'autore alla società figlia del boom economico, del profitto e della capitalizzazione, la quale genera solitudine, alienazione, culto delle apparenze, assuefazione dalla scienza e dalla tecnica - di certo strumenti non infallibili, anzi, addirittura distruttivi se utilizzati senza consapevolezza e moderazione. Inoltre, una delle tante disavventure del protagonista è una vera e propria stilettata autoriale nei confronti dei legami di sangue, importantissimi per la tradizione parentale giapponese.
Il "Libro della Resurrezione" nella sua interezza è anche un grande monito riguardante l'ipocrisia dell'umanità in generale, che nasconde la propria inettitudine dietro al vano mito del progresso.


Il Libro del Manto di Piume (1971)
Se la regia delle tavole di Tezuka si potrebbe definire filmica, in questo caso egli esperimenta un breve racconto teatrale su carta, basato sulla celebre leggenda folkloristica giapponese di "Hagoromo". Il "Libro del Manto di Piume" è un piccolo e poetico dramma sulla crudeltà della seconda guerra mondiale, in cui i personaggi si muovono come attori in uno sfondo fissato e identico in tutte le tavole, esattamente come se essi stessero recitando di fronte al lettore; l'opera si basa interamente su dialoghi e melodramma, e si ricollega in modo imprevedibile al mito della Fenice.


Il Libro della Nostalgia (1971; 1976-1978)
Mi risulta assai difficile rendere l'idea della poetica di questo libro, il quale è la risultante di molteplici influenze derivanti dalla fiaba "Le Petit Prince" di Antoine de Saint-Exupery, dal libro della Genesi e dalla letteratura fantascientifica tout court. La prima cosa che di esso ho notato è l'analogia di alcune tematiche e scelte stilistiche reminiscenti del "Galaxy Express 999" matsumotiano, tra l'altro uscito nel 1977. La nostalgia, infatti, è altresì uno dei numerosi temi del viaggio di Maetel e Tetsuro da un pianeta all'altro nel cosmo infinito, dove ogni fermata dell'espresso galattico aveva luogo in strani mondi abitati da creature polimorfe, società distopiche popolate da freddi uomini-macchina assuefatti dalla tecnica, incapaci di provare sentimenti ecc. Dopo un inizio biblico, che vede la creazione di una nuova civiltà sul pianeta "Eden 17" da parte di due novelli Adamo ed Eva, il "Libro della Nostalgia" si trasformerà in un'inusuale space opera in cui i protagonisti andranno alla ricerca della terra perduta, che ormai è diventata un pianeta desertico nel quale l'umanità del futuro ha sviluppato una società ingiusta, distopica e di orwelliana memoria.
Il punto chiave del racconto è in primis l'osservazione filosofica/naturalistica dell'autore sulla capacità di differenziazione delle specie viventi, scelta effettuata dalla natura al fine di preservare omogeneamente la vita anche in presenza di circostanze sfavorevoli. L'uomo, tuttavia, con la sua xenofobia e il suo vano mito del progresso non comprende la necessità degli altri esseri viventi di assumere connotati sempre differenti in base alle leggi della natura/cosmo; inoltre è un'essere corrotto, vizioso, che bada unicamente al profitto senza curarsi di comprendere il diverso. Il Tezuka naturalista e il Tezuka critico della società in questo caso si incontrano, dando origine ad un'opera particolarissima, poetica e dalle molteplici sfaccettature.

 
Il Libro della Guerra Civile (1978-1980)
Le metafore naturalistiche alla Sanpei Shirato parlano chiaro: la condizione dell'uomo non è molto diversa da quella di un animale braccato, il quale deve piegarsi alla legge del più forte decretata a priori dalla natura. La storia di Benta il taglialegna, della sua opportunista fidanzata Obu - la quale diventerà la concubina di Taira no Kiyomori, capo militare del primo governo di Samurai della storia -, incrocerà quella del temibile e sanguinario samurai Minamoto no Yoshitsune, in un dramma di guerra senza esclusione di colpi in cui l'autore esporrà le sue riflessioni riguardanti le illusioni dell'umanità, potere e immortalità in primis: si pensi all'ossessione di Taira verso la Fenice, della quale vuole a tutti i costi bere il sangue per diventare immortale, tuttavia non sapendo di essere stato ingannato, in quanto l'uccello che egli crede essere la Fenice in realtà si tratta di un comunissimo pavone.
Il "Libro della guerra Civile" è estremamente giapponese nella sostanza, pertanto potrebbe risultare una lettura molto pesante ad un occasionale lettore occidentale: numerosi sono i riferimenti storici e culturali al sanguinoso passato delle lotte tra samurai, ai subdoli giochi di potere interni ed esterni tra i vari clan. Contrariamente alla letteratura giapponese epica classica, nella quale il guerriero veniva idealizzato e reso impeccabile, Tezuka rappresenta i samurai senza alcuna idealizzazione e mistificazione di sorta, in modo realistico, come se essi fossero delle persone come tante altre, magari assetate di potere e prestigio, oppure legate alla famiglia e disprezzanti della guerra, oppure ancora semplici soldati senza alcun ideale, che combattono e uccidono innocenti esclusivamente per riscuotere il salario.
Nuovamente, la risposta di Tezuka ai problemi derivanti dalle illusioni umane viene dal buddhismo; ritorna in scena anche il tema della metempsicosi, già esposto brillantemente nel "Libro del Mito", che condivide con il qui presente "Libro della Guerra Civile" il personaggio di Gao, che in questo caso compare come vecchio saggio carismatico e illuminato.


Il Libro della Vita (1980)
Manga ispirato a un racconto breve risalente al 1924, "The Most Dangerous Game" di Richard Connel, il "Libro della vita" si potrebbe definire come la revisione tezukiana della celebre metafora "dog eat dog" (alias "cane mangia cane") estesa anche all'uomo, il quale, in questo caso, trae godimento catartico dalla contemplazione dell'assassinio dei propri simili. Infatti, in un futuro non troppo lontano dal nostro, i produttori di un macabro reality televisivo consistente nella brutale caccia in diretta di animali clonati, decidono di mandare in onda massacri di cloni di esseri umani, al fine di far aumentare l'indice di share del programma. Cloni che per una serie di circostanze saranno quelli del protagonista Aoi, lo stesso responsabile del programma, che si ritroverà invischiato in un vero e proprio thriller fantascientifico a fumetti. Con questo racconto, Tezuka muove una critica feroce al boom della società dei consumi giapponese, avvenuto nei primi anni '80 (gli stessi nei quali veniva pubblicato questo manga), e ai mass media in generale, con il loro potere alienante e corruttore della mentalità superficiale delle masse. Il punto tuttavia è la ricerca della definizione stessa del concetto di vita: è la coscienza personale che determina il nostro essere creature viventi privilegiate? Uccidere un ipotetico clone di un essere umano è meno grave di uccidere un essere umano autentico? Uccidere un animale è meno grave di uccidere un essere umano? La fenice - o spirito della vita - mette tutti gli esseri viventi sullo stesso piano a prescindere; e Aoi, che non lo ha compreso, sarà condannato ad essere il protagonista di una vera e propria tragedia.

Il Libro degli Esseri Fantastici (1981)
Questa volta il concetto buddhista della ruota dell'esistenza alias Samsara incontra il folklore giapponese: gli esseri fantastici sono i demoni della "Hyakki Yakō" (letteralmente la "Parata Notturna dei Cento Demoni"), rappresentata personalmente nelle "Emaki-mono" (letteralmente "Pergamene Immagine") dal pittore Tosa Mitsunobu, vissuto nel Giappone antico intorno al 1400 d.C. A simboleggiare l'eterno ciclo delle rinascite c'è il classico paradosso temporale figlio della letteratura fantascientifica, che colpirà in questo caso Sakonnosuke, un giovane guerriero che si ritroverà coinvolto nelle vicende di una misteriosa monaca buddhista in grado di guarire miracolosamente i malati. Per quanto questa storia sia breve, è comunque densa di contenuti, spunti di riflessione filosofici e poetica tezukiana di alto livello.


Il Libro del Sole (1986-1988)
Un Tezuka maturo, ormai nella fase finale della sua carriera, poco prima di morire regala al mondo il "Libro del Sole", un racconto epico in cui le linee temporali del futuro e del passato infine si fondono, convergendo in una storia d'amore che supera le barriere dello spazio, del tempo, della morte, delle incarnazioni imposte dalle leggi del Samsara. Anzi, la storia d'amore di Inugami alias Harima, giovane guerriero al quale la faccia è stata scuoiata dai nemici e sostituita con quella di un lupo, e di Marimo, la figlia del capo tribù dei Canidi, è il simbolo della stessa vita; la vita che è tutto e vince su tutto; la vita universale, la Fenice, ciò che l'uomo assetato di potere e accecato dall'imprinting - religioso, razziale, culturale, ma volendo si potrebbe generalizzare ancora di più - non riesce a comprendere.
Emerge nuovamente la critica dell'autore al connubio religione-potere, sia nella parte del racconto ambientata nel futuro che in quella ambientata nel passato, come ad evidenziare che l'uomo, indipendentemente dall'epoca in cui vive, continua immancabilmente a commettere sempre gli stessi errori. La regia delle tavole rende benissimo i vari passaggi di consegna tra le storie parallele dei due protagonisti nelle loro incarnazioni passate e future; come nei libri precedenti, la parte storica opta per il dramma guerresco, questa volta coadiuvato dall'incursione di esseri fantastici legati al folklore giapponese, mentre la parte futuristica rimanda ad una possibile distopia non troppo lontana dalla nostra realtà presente.
Nonostante "La Fenice" sia considerata come un'opera incompiuta (originariamente Tezuka avrebbe voluto far convergere le linee temporali al fine di arrivare a parlare del presente), il "Libro del sole", con il suo finale estremamente simbolico, evocativo e grondante di poesia, a tutti gli effetti rappresenta il monito finale del grande artista - e grande uomo - Osamu Tezuka. La degna conclusione di un capolavoro letterario senza tempo il quale è "La Fenice".


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