Titolo originale: Kill La Kill
Regia: Hiroyuki Imaishi
Sceneggiatura: Kazuki Nakashima
Character Design: Sushio
Musiche: Hiroyuki Sawano
Studio: Trigger
Formato: serie televisiva di 24 episodi
Anni di uscita: 2013
Se siete soliti bazzicare per la rete, e vi ritenete un minimo
appassionati di animazione giapponese, è quasi impossibile che
ultimamente non abbiate sentito nominare almeno una volta Kill La Kill,
la serie che "ha salvato gli anime". D'altronde, diversi mesi prima che
la serie stessa iniziasse ad essere trasmessa, il suo nome era già
diffuso come il Verbo, e l'hype del pubblico considerevolmente al di
fuori di qualsiasi scala di misurazione. Invero, nonostante
l'espressione "Anime is saved" fosse nata più per ironia che per altro,
tale entusiasmo tra gli internauti un fondamento ce l'aveva ugualmente:
Kill La Kill si presentava come l'ultima fatica del ben noto Hiroyuki
Imaishi, coadiuvato da quella parte di Gainax che l'ha seguito nel suo
esodo verso il nuovo studio appena nato (Trigger). Insomma, le
credenziali erano tutto fuorché povere.
Sorprendentemente, il primo
impatto di Kill La Kill con il pubblico ebbe del miracoloso: in effetti
riuscì non solo a mantenere le aspettative altissime, ma anche a
dimostrare di saper sopravvivere al suo stesso hype, mostrando agli
spettatori meno di zero, ma giocandosi bene le proprie carte.
Con tale asserzione preannuncio già una delle peculiarità di Kill La
Kill: il suo mostrare, letteralmente, lo zero assoluto... ma con stile,
con spacconate, tamarrate et similia. Per tutto il corso della serie si
riesce ad intuire molti degli sviluppi, ma ciò che sorprende è il come
vengono messi in scena. A mio avviso (ma è solo una mia interpretazione)
la dimensione corretta nella quale inserire Kill La Kill è quella della
parodia. Questa serie non è altro che una magistrale caricatura di se
stessa e dell'animazione in generale, condita con una regia che si fa
riconoscere per i ritmi serrati, al limite della frenesia. Imaishi
prende i cliché più abusati e riciclati dell'animazione giapponese e li
mette in ridicolo, li estremizza ed esaspera, li esagera e distorce in
un parossistico virtuosismo registico che, a tutti gli effetti, riesce a
rendere gradevole il tutto nonostante la sua palese ovvietà. Senza
contare, inoltre, la bassissima qualità delle animazioni, alla faccia
del fotorealismo odierno di studi come, ad esempio, Kyoto Animation. Lo
scarso budget si fa sentire, ma non sono realmente essenziali le
animazioni superfluide, e questo Imaishi lo dimostra avvalendosi di una
regia brillante, che inventa soluzioni visive e dinamiche davvero
bizzarre ed efficaci.
Ritornando in tema, non so se l'intento degli autori fosse
effettivamente quello di prendersi gioco di buona parte dei topoi
classici dell'animazione, ma di fatto è quello che fanno; esempi
eclatanti a riguardo sono lo scontro tra Ryuko e Satsuki, che avviene
già verso i primi episodi, surclassando in velocità qualsiasi stilema
canonico riguardante la relazione protagonista-boss. Oppure la
vidimazione del fanservice operata nel medesimo episodio. Si estremizza
ogni cosa, giustificando in modo chiaramente parodistico, ma impeccabile
all'interno dell'economia dell'anime, ogni eccesso in tal senso. Questo
viene sottolineato ancora di più dai ritmi narrativi allucinanti, che
si fanno sentire sin dagli esordi bruciando le tappe in modo quasi
ridicolo. In tal guisa ogni "colpo di scena" viene disatteso e stravolto
nel giro dell'episodio stesso, o al massimo di quello successivo,
generando una grande confusione ed un baccano notevoli. A contribuire al
regime parodistico della serie ci pensa poi un nutrito "corpus" di
citazioni e riferimenti ad altri anime, e non solo (chiaro
divertissement per gli spettatori con una certa cultura in questo
ambito), il che si traduce sostanzialmente in un valore aggiunto, anche
se piuttosto fine a se stesso.
Ahimè, vorrei potere continuare a parlare solamente di quelli che io
ritengo essere gli elementi positivi di Kill La Kill, ma, mio malgrado,
sono costretto a dare voce al mio senso critico per palesare alcune
pecche che, a mio avviso, ammorbano la seconda parte della serie. Parlo
così perché ritengo che Kill La Kill segua una parabola discendente a
partire dall'episodio 21, che sarebbe poi uno degli apici della serie.
Da questo "calo" non si solleverà più fino alla fine degli episodi. Il
nucleo di tale critica si tripartisce in diversi elementi, a partire
dalla scabra gestione dei personaggi, che alla fine si rivelano delle
mere ed inutili comparse, in particolare di Matoi, la cui figura viene
offuscata dall'astro nascente di Satsuki. Il secondo elemento è invece
costituito dallo scadere nella ripetitività di alcune gag e trovate, che
alla lunga non fanno più ridere. Ad esempio i siparietti di Mako,
inizialmente molto divertenti, dopo una ventina di episodi in cui si
ripetono uguali cominciano a diventare monotoni se non fastidiosi.
Ultimo, ma non per importanza, il fatto che nel finale Kill La Kill si
conformi troppo al suo passato, a questo punto avrei preferito che
Trigger avesse il coraggio per proporre qualcosa di nuovo, ma purtroppo
non osa affatto e offre il finale che il fandom gli ha dettato.
Per concludere, trovo che Kill La Kill sia un'ottima serie di
intrattenimento, un divertissement eccezionale da guardare con
leggerezza, poiché l'unica cosa che lo sorregge è la sua regia, che ha
la capacità di rendere affascinante un guazzabuglio di cose già viste e
riviste, di cui si possono prevedere gli sviluppi tappa dopo tappa,
senza troppa fatica. Il punto non è cosa viene mostrato, ma "come" viene
mostrato, ed in questo KLK è senza rivali. Inoltre, menzione speciale
merita la colonna sonora, pressoché perfetta per questo titolo, si sposa
efficacemente con il regime frenetico della serie.
Guardatelo! |
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