lunedì 19 luglio 2021

Twilight Q Episode 2: Recensione

 Titolo originale: Twilight Q - File538, Meikyū Bukken Fairu Go San Hachi
Regia: Oshii Mamoru
Soggetto & sceneggiatura: Oshii Mamoru
Character Design: Kondo Katsuya
Musiche: Kawai Kenji
Studio: Ajia-do Animation Works
Formato: OVA (durata 29 min. circa)
Anno di uscita: 1987


Twilight Q era un progetto di OVA autoconclusivi in cui si pensava di far confluire il meglio dell'animazione giapponese dell'epoca. E' infatti il primo lavoro del gruppo HEADGEAR, formato da Oshii Mamoru, Ito Kazunori, Takada Akemi e Kawai Kenji, che qualche anno dopo daranno alla luce il capolavoro Patlabor 2: The Movie, per poi sciogliersi. 

Dopo un primo episodio di poco conto, intitolato Reflection, si ha il ben più interessante Mystery Article File 538, che è un OVA estremamente autoriale in cui Oshii fa praticamente ciò che gli pare. Il risultato è un monologo filosofico-sociologico, prevalentemente basato su fermi immagine stile Visual Novel poliziesca (andavano molto di moda in quel periodo), del tutto indigeribile e incomprensibile ai più. Vale quindi la pena, seguendo altresì le richieste di alcuni miei lettori, dedicargli una breve recensione. 


L'OVA si apre con un aereo che si trasforma in una carpa gigante che continua a fluttuare nel cielo. Una bambina e un uomo vivono in una stanza della quale nessuno conosce l'esistenza, nemmeno il comune della città. Sembra che sia la bambina a trasformare gli aerei in carpe. Ad un certo punto, un investigatore che da tempo indagava sulla piccola e sul suo tutore, nonché sulle correlate sparizioni degli aerei di linea,  entra in questa stanza e diventa a sua volta il patrigno di lei. L'opera è basata sul monologo di questo strano detective. Per la maggiorparte del tempo in cui il personaggio parla, si intravede fuori dalla finestra la città, i grattacieli, in pratica la Tokyo della bolla speculativa anni ottanta. Siamo di nuovo nel climax di UruseiYatsura, con eteree stasi nel consumismo post-industriale coadiuvate da personaggi che si interrogano sulla loro identità. Il detective infatti si chiede cose del tipo "Quando finirà questa estate?", "Ho perso di vista sia lo ieri che il domani". Siamo quindi nell'eterno presente senza Storia, ossia la postmodernità, della quale Oshii è stato molto probabilmente il più grande analista nell'ambito del cinema giapponese. Il detective poi ammette di essere un semplice personaggio di finzione: e qui sembra che lo stesso Oshii rifletta su sé stesso, sul suo vivere nell'intrattenimento e di intrattenimento. Infatti nella postmodernità gli individui si formano sulla finzione, e la percezione del reale viene indebolita dalle pseudonarrazioni, ossia ciò che intendo per "narrazioni simulacro", le narrazioni assimilate da anime, manga, videogiochi, visual novel ecc. 


Sebbene di fatto il detective viva nella parodia di una visual novel, si interroga sulla vera identità di un giapponese: quella sociologica. E infatti nella corrispettiva scena si vedono delle carte d'identità di individui reali in fermo immagine. L'OVA è una metanarrazione nel senso di "metarracconto", di storia nella storia, à la Pirandello. Anzi di parlare di personaggi in cerca di autore, questo tipo di poetica di Oshii parla dell'autore che cerca la propria identità nel marasma consumistico illusorio che lo circonda (infatti la prima parte di UruseiYatsura è praticamente la Daicon III animation), senza fornire alcuna "narrazione simulacro" derivante dai prodotti di intrattenimento di massa in cui rifugiarsi (UruseiYatsura invece decostruiva la narrazione simulacro della Takahashi, imbastendo riflessioni simili a Twilight Q, ma meglio articolate). Ciò detto, le stanzette degli hikikomori che iniziavano a venir fuori in quell'epoca, e che sono molto diffuse nell'oggidì, sono molto simili a quella della bambina e dell'investigatore, che è una stanza di nessuno, un non-luogo postmoderno (come lo è altresì un aereo o un aeroporto, vedasi quanto scriveva Marc Augé nel suo Nonluoghi ).


La poetica di Oshii è molto insistente sui non-luoghi e sulle correlate non-identità dei suoi abitanti. Non a caso UreseiYatsura è ambientato sul dorso della tartaruga della favoletta di Urashima Tarou, che dalla tartaruga veniva trasportato per giungere, nelle profondità degli abissi, nel castello della dea Otohime in cui il tempo si era fermato. Non stupisce quindi che la bambina di Twilight Q, espressamente chiamata "dea" dal suo tutore, sia una sorta di Otohime che vive nell'oceano della postmodernità, in cui le carpe possono volare libere nel cielo. Il detective/Oshii stesso è Urashima Tarou, che capisce di essere congelato. E che teme, a parer mio, che una volta caduta l'illusione, si ritrovi istantaneamante vecchio, senza aver mai veramente vissuto. Da qui tutto il valore che dà alla memoria (la scena dei floppy disk), anche se poi alla fin fine una memoria di una vita mai vissuta veramente (cioè fuori dalla stanza) si rivela fittizia (vedasi Ghost in the Shell ).


Nella sigla di chiusura la canzoncina asserisce che i pesci dovrebbero diventare amici degli uccelli: in un OVA che trasmette solitudine da tutti i pori, con quelle atmosfere che solo Oshii riesce a creare, paradossalmente nei titoli di coda si inneggia all'amicizia, uscendo un attimo dai soliti solipsismi del regista. Sembra quasi che Oshii voglia dare un criptico messaggio di sì alla vita, stile Takahata, ma quest'ultimo era un osservatore della postmodernità più vecchio, che l'aveva vista nascere, mentre Oshii invece vi è nato dentro. La "timidezza sociale" di Oshii è pertanto pienamente comprensibile. Ora, in conclusione, si può dire che Twilight Q sia un capolavoro? Secondo me no. E' semplicemente un Oshii nel suo periodo migliore che fa un OVA con un budget da dieci lire. I capolavori di quegli anni rimangono UruseiYatsura, Tenshi no Tamago e Patlabor 2: The Movie.





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